Il 29 maggio in Siberia, nella nell’area di Norilsk, circa 20 mila tonnellate di gasolio sono fuoriuscite da un serbatoio di carburante del sito industriale della Norilsk-Taimyr Energy Company, società russa di estrazione e fusione di nichel e palladio, e si sono riversate nel fiume Ambarnaya.
Nonostante la pronta denuncia degli attivisti ambientalisti siberiani dell’organizzazione non governativa ecologica Casa mia Norilsk, soltanto il 3 giugno il presidente Putin ha dichiarato lo stato d’emergenza di natura federale, accusando duramente i responsabili dell’accaduto di non aver diffuso prontamente la notizia.
Attualmente il carburante ha raggiunto il lago Pyasino, 20 km a nord dell’impianto industriale.
Barriere galleggianti sono state installate dai tecnici della società per evitare che le sostanze inquinanti finiscano nel fiume Pyasina e da lì nel Mar Kara, parte dell’Oceano Artico. In tal caso non ci sarebbe più nessuna possibilità di limitare l’impatto di tale disastro.
Nonostante non siano ancora chiare le cause dell’incidente, pare l’accaduto sia dovuto ad un incendio anche se alcuni ambientalisti denunciano che la cisterna in questione già necessitava da
tempo manutenzione, la portavoce del Comitato investigativo russo, Svetlana Petrenko, ha annuncio l’arresto del direttore Pavel Smirnov, del capo ingegnere Alexei Stepanov e del suo vice Yuri Kuznetsov, responsabili del sito.
Secondo i dati preliminari del servizo federale di vigilanza delle risorse naturali (alias Rosprirodnadzor), il danno economico ammonterebbe a decine di miliardi di rubli. Il capo della compagnia, Vladimir Potanin, in una riunione con Putin, ha dichiarato che Norilsk Nickel finanzierà completamente tutti i lavori per eliminare le conseguenze di tale fuoriuscita.
Il danno ambientale non è ancora quantificabile: secondo il gruppo ambientalista WWF Russia l'incidente è una delle più grandi fuoriuscite di petrolio nella storia della Russia.
Massimo Cascone