Cristiano Ronaldo è il nuovo imperatore del calcio mondiale. Nella cerimonia che assegnava a Zurigo il Pallone d’oro 2013, l’asso portoghese del Real Madrid – già primo della classe nel 2008, ma pure quattro volte secondo, spesso e volentieri dietro a sua maestà Lionel Messi – ha battuto in volata la concorrenza dell’attaccante argentino del Barcellona e dell’esterno francese Franck Ribery, l’avversario più temuto e più temibile per il carico di trofei portati al cielo l’anno scorso. Si diceva alla vigilia, “se non ci riesce ora che Messi è fuori gioco a causa dei tanti infortuni che l’hanno tenuto sovente lontano dai campi nel 2013, non ci riuscirà più”. Il riferimento, manco a dirlo, era proprio a CR7, che ha avuto la sventura di trasformarsi in fuoriclasse senza tempo sotto il governo di Messi, l’incantatore di serpenti e di portieri, l’alfa e l’omega delle nuove logiche del pallone internazionale. Fino a oggi era andata così, Messi il dominatore, Ronaldo il suo sostituto più credibile. Sarebbe stato un trionfo per chiunque, perché il fenomeno del Barcellona fa storia a sé per ragioni che sono sotto gli occhi di tutti, ma non per lui, il gigante dai piedi fatati al servizio del Real, che ha sempre gradito poco il ruolo di comprimario, da numero due.
Così è andata negli ultimi quattro anni. Mentre la Pulce sudamericana faceva spazio sopra il camino per trovare posto ai riconoscimenti che gli donavano da ogni sentiero del calcio, il “ragazzo delle meraviglie” in salsa lusitana sgomitava come poteva e pure di più per ritagliarsi una strada tutta sua verso la gloria. I numeri spiegano come sono andate le cose. Messi ha vinto quattro Palloni d’oro nelle ultime quattro edizioni del premio che dal 2010 viene assegnato a braccetto dalla Fifa e dalla rivista francese France Football, titolare unica dell’idea originaria. Come dire, c’era Messi, il resto, gli altri, venivano dopo. Lo sanno bene i due compagni di squadra della furia di Rosario, Xavi e Iniesta, che insieme e a turno hanno accompagnato il loro numero 10 alla consegna della gratificazione più importante per un calciatore. Lo sa bene anche CR7, che quasi non ne poteva più di partecipare all’applauso per l’ennesima acclamazione del collega del Barca. Tanto che fino a poche settimane fa, pareva che avesse rinunciato a prendere parte all’evento per il titolo 2013.
Per le scorribande mediatiche del presidente della Fifa, Joseph Blatter, che l’ha canzonato in un paio di occasioni con battute al vetriolo che hanno evidentemente centrato il bersaglio. Ma anche e soprattutto perché era convinto, lui come buona parte dei giornalisti chiamati a esprimere il proprio giudizio sul calciatore dell’anno, che il Pallone d’oro sarebbe andato quasi certamente, per diritto e per dovere, al francese Ribery, protagonista di dodici mesi semplicemente straordinari. In ordine di apparizione: Bundesliga, Champions League, Supercoppa europea, Mondiale per club e Coppa di Germania. Il furetto transalpino ha vinto con il Bayern Monaco dei record tutto ciò che era possibile vincere. Un unico neo, la Supercoppa di Germania, ma sarebbe come dire che una paella valenciana non è perfetta perché manca mezzo cucchiaino d’olio. Insomma, la perfezione nel calcio non è un valore assoluto, ma un traguardo in prospettiva. E a Ribery quest’anno non mancava sulla carta nemmeno una virgola per salire sul gradino più alto del podio.
Poi, lo sgambetto della Fifa. Che rimette tutto in discussione e riapre una gara che pareva già decisa in partenza. Durante Svezia-Portogallo 2-3, la partita di spareggio per un tagliando a Brasile 2014 (storia del 19 novembre scorso), la squadra di Ibrahimovic cade sotto i colpi di un Cristiano Ronaldo da standing ovation. Bello e impossibile. Un extraterrestre, per classe, velocità e concretezza. Bene, nell’intervallo dell’incontro, a Fifa fa sapere a chi aveva già espresso il proprio voto per il Pallone d’oro che nulla era ancora deciso. Di più. Che chi aveva già votato avrebbe potuto cambiare idea. Così, come se nulla fosse. Ribery cade dalla poltrona e CR7 si lustra le scarpe per la cerimonia di gennaio. Pur non avendo vinto alcunché. Zero titoli contro cinque. Anche se con un tabellino marcatori che fa impressione: sono infatti 69 i gol segnati dal portoghese nel corso del 2013. Tanti, tantissimi, ma nulla in confronto all’elenco di trofei che poteva vantare l’ala francese del Bayern. Le vie del talento (e della Fifa) sono infinite. E Cristiano Ronaldo torna dal viaggio in Svizzera con la mezza convinzione di aver ridotto il gap storico con il suo avversario di sempre, Messi, terzo e felice. Perché il migliore, in fondo, è sempre lui.