Forse non tutti conoscono il concetto di obsolescenza programmata o pianificata (in inglese: planned o built-in obsolescence) anche se probabilmente lo si vive tutti i giorni. In economia industriale è una vera e propria strategia aziendale volta a definire il ciclo vitale di un prodotto in modo da limitarne la durata a un periodo prefissato. Il prodotto diventa così inservibile dopo un certo tempo, oppure diventa semplicemente obsoleto agli occhi del consumatore in confronto a nuovi modelli che appaiono più moderni, sebbene siano poco o per nulla migliori dal punto di vista funzionale. Questo è insomma uno degli stratagemmi studiati a tavolino dalle case produttrici, per esempio far sopravvivere il prodotto in maniera che sia dotato della cosiddetta “conformità”, ossia che sia esente da vizi, solo fino alla durata della garanzia legale, che com’è noto, in Italia e nel resto dell’UE è stabilito in due anni per tutti quei prodotti commercializzati e ritenuti, per l’appunto beni di consumo. Sono, infatti, milioni i cittadini che si sono ritrovati con un’autovettura, un telefonino, un forno a microonde, o qualsiasi altro bene, che ha iniziato a presentare dei difetti solo dopo che era decorsa la garanzia. Più volte, rileva Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, la nostra associazione ha evidenziato il problema che allo stato vede delle barriere legali pressochè insormontabili per i consumatori che volessero eccepire questo tipo di problemi e difendersi in giudizio. Adesso è l’UE ad accorgersene e a tentare di porre rimedio alla questione. Ed il titolo è tutto un programma: “Una durata più lunga dei prodotti: vantaggi per consumatori ed imprese”. È questo l’incipit di una risoluzione avanzata dal Parlamento UE e diretta alla Commissione per chiedere “prodotti duraturi, di alta qualità e facilmente riparabili”. Strasburgo ha approvato oggi, martedì, il testo a larga maggioranza con 662 sì, 32 no e 2 astensioni. Gli eurodeputati vogliono promuovere prodotti con “un ciclo di vita più lungo dell’attuale”, in particolare per contrastare la cosiddetta obsolescenza programmata in prodotti tangibili e software. Tra le proposte concrete, l’introduzione di un “criterio di resistenza minima” per ciascuna categoria di prodotti fin dalla fase di progettazione, incentivi adeguati per promuovere prodotti durevoli e riparabili, per essere venduti anche di seconda mano. Secondo un Eurobarometro del 2014, il 77 % dei cittadini Ue preferirebbe riparare i propri beni anziché acquistarne di nuovi, ma alla fine è spinto a sostituirli o a disfarsene a causa dei costi e dei servizi di riparazione. È, importante, quindi che la Commissione approvi al più presto una direttiva che obblighi gli Stati membri ad adottare una normativa più puntuale e uniforme per amplificare le garanzie a favore dei consumatori UE.