Non imputabile in quanto incapace di intendere e di volere al momento del fatto. E’ la decisione del gup di Brescia che giovedì ha assolto Rosa Maria Capasso, 39 anni, insegnante precaria originaria di Nola, nel Napoletano, che il 26 maggio 2015, intorno alle 8, aveva fatto irruzione nel Tribunale di Lodi, con un coltello nascosto nella borsa, con la ferma intenzione di uccidere il pm Alessia Menegazzo che stava indagando su una denuncia da lei stessa sporta in Procura per presunte irregolarità nell’assegnazione di un posto come segretaria in una scuola di Codogno. Denuncia che, secondo lei, andava avanti troppo lentamente.
Rinchiusa da quasi un anno in una clinica per malati psichiatrici in provincia di Savona, la Capasso, assistita dall’avvocato Carlo Maria Speziani, era accusata di violenza a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato, lesioni e porto di oggetti atti a offendere. La perizia psichiatrica voluta dal Tribunale di Brescia ha definito la donna una persona “socialmente pericolosa”. Per questo il gup avrà dieci giorni di tempo per decidere se applicare una misura di sicurezza nei confronti della donna. Presente in aula alla lettura della sentenza, l’imputata, ha chiesto scusa al gup di Brescia per la vicenda e si è dichiarata disponibile a continuare le cure nella stessa struttura protetta dove ha trascorso l’ultimo anno.
Le vittime, il magistrato Alessia Menegazzo e la cancelliera Maria Pia Sciortino, non si sono costituite parti civili al processo. “Grazie alle terapie, il mio cliente sta molto meglio – ha detto l’avvocato Carlo Maria Speziani che assiste la donna –. L’esigenza principale, del resto, era quella di cura, a cui doveva essere data la priorità assoluta”. A Lodi si era svolta la convalida dell’arresto, poi gli atti, erano stati trasmessi alla Procura di Brescia, competente a indagare su vicende che riguardano i magistrati lodigiani. Una tragedia sfiorata solo grazie all’intervento delle guardie. Quella mattina, la donna era riuscita a superare i controlli all’ingresso senza difficoltà. Era entrata nel Palazzo di giustizia prima delle 8 con l’intenzione di parlare con il magistrato di quella denuncia per un mancato riconoscimento del titolo a fini professionali. A causa della rottura dello scanner del metal detector all’ingresso del Tribunale di Lodi (riparato pochi giorni dopo l’aggressione) la donna era riuscita a superare i controlli senza difficoltà nonostante il coltello da cucina lungo 32 centimetri che teneva nella borsa. Fino alle 9 aveva atteso pazientemente l’arrivo del magistrato. Poi si era diretta verso l’ufficio, che si trova al piano terra del Palazzo di giustizia, chiedendo insistentemente di essere ricevuta. L’assistente del pm, la cancelliera Maria Pia Sciortino, aveva cercato prima di dissuaderla ma la Capasso l’aveva aggredita con calci e pugni. Poco dopo era sopraggiunta il pm Alessia Menegazzo e anche lei aveva incassato un pugno dalla donna. Poi, la Capasso aveva iniziato a frugare nella borsa alla ricerca del coltello, ma era stata bloccata dal personale presente in Procura.