L’ umiltà é il candore di un’anima retta, la quale non vuole altro che la verità, la vuole e l’ ama”. “Non si é dato mai abbastanza, finché non si é dato tutto. Nessuno dà ciò che non ha”.
I due motti campeggiavano sui pannelli esposti sul sagrato della Basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, in occasione della concelebrazione eucaristica, presieduta dal cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo della diocesi di Napoli, a chiusura del ciclo delle manifestazioni e dei riti religiosi in memoria dell’ordinazione sacerdotale di padre Arturo D’Onofrio, che fu officiata il 12 marzo del 1938 nel Santuario del Sacro Cuore del Seminario di Stazzano, con la successiva celebrazione della prima messa nel cattedrale di Tortona, la cui diocesi era retta da monsignor Egisto Melchiori, che aveva già operato con zelo proficuo nella diocesi di Nola. Il crisma sacerdotale, assunto in terra piemontese a poco più di 23 anni, dischiuse a padre Arturo il cammino di quell’ ” avventura d’ amore e di carità”, che si identifica con la Piccola opera della Redenzione e che prese slancio nel 1943, quando la temperie bellica ancora infieriva sui popoli ed incrudeliva spietata, riducendo in macerie città, paesi e piccoli borghi. Uno slancio, che ad oltre settanta anni non solo conserva integra, ma continua anche a dispiegare l’originaria forza propulsiva ed espansiva, che dell’Opera è la matrice più autentica, ancorata com’è alla dimensione della carità umana e cristiana, fonte di vita, che supera e vanifica le angustie degli sterili egoismi e dei gretti particolarismi, con i quali la vita non si ri-genera né si rinnova, ma viene conculcata e negata.
I motti sono grani di saggezza, distillati ed estratti da quei “Diari”, a cui padre Arturo era solito affidare, con scrittura minuta e fitta inclinata sulla destra, riflessioni per omelie e motivi di meditazione; “Diari”, che sono stati diretti e discreti testimoni dei costanti colloqui che Egli aveva con se stesso, sulla scia di un’esperienza di vita intensamente vissuta nella fede in Dio; sono grani di saggezza, che paiono connotare nei loro contenuti alcuni dei più caratterizzanti profili di Colui che il vescovo della Diocesi di Nola, Beniamino Depalma definì con veridica e calzante locuzione l’Apostolo dei giovani. Una definizione, espressa nell’orazione, che il presule pronunciò il 5 novembre del 2006 nel corso delle onoranze funebri rese a padre Arturo sul sagrato del Santuario dedicato a Maria Santissima Consolatrice del Carpinello, al cospetto di una folla strabocchevole e profondamente commossa, nella “sua” Visciano.
E’ possibile affermare che Il contenuto valoriale più compiuto dei temi, sviluppati nelle quattro giornate di metà marzo, dedicate a padre Arturo – già proclamato Servo di Dio, mentre è in atto il processo per la Beatificazione– si condensa e si ritrova nella concezione ideale della vita, rappresentata dal significato immediato e profondo dei due motti, che sembrano fissare le permanenti coordinate della linea d’orizzonte, che lo sguardo del Servo di Dio proiettava sempre più in avanti. Un’attitudine di prospettiva a largo raggio, forse anche visionaria per gli altri, mai disgiunta, però, dalla volontà del concreto fare nella carità, un atteggiamento ed una pratica di vita, alla cui radice era la salda e ferma consapevolezza che al di là di Visciano, Casamarciano, Nola, Torre Annunziata, Marigliano, Prata Principato Ultra, Melito di Napoli, dove in campania si svilupparono le prime, cospicue ed incisive presenze missionarie della Piccola opera della Redenzione, c’erano altre colline, valli, altre pianure, altri monti, altre città e villaggi, in Italia come in America latina o in Asia, in cui l’Opera era- ed è- chiamata a svolgere la propria funzione di viva testimonianza del Vangelo, tradotta in palpitante realtà di vita. Altri mondi da incontrare e con cui dialogare, superando barriere etniche e razziali, socio-politiche e religiose.
Era il Natale del 1943, quando padre Arturo realizzava il primo nucleo della Piccola opera della Redenzione, nella casa di famiglia, accogliendo i fanciulli abbandonati e resi orfani dagli eventi bellici. Era il primo nucleo, da cui sarebbe gemmato, il Villaggio del Fanciullo, nell’ex-Casa del Fascio della cittadella mariana il cui tessuto urbano si distende tra i tornanti della caratteristica insellatura delle colline, verdeggianti per secolari oliveti e noccioleti, e che occhieggiano verso la pianura nolana. Il Villaggio del Fanciullo di Visciano ha fatto da modello, per dir così, di altri Villaggi sul territorio regionale, ma anche a Crosara di Marostica, in provincia di Vicenza, a Padova, all’insegna di un progetto educativo di matrice cristiana, declinando la formazione culturale, il patrimonio delle conoscenze e la pratica di attività lavorative specializzate. Un progetto, che richiama quello di San Giovanni Bosco e di San Filippo Neri.
Dagli anni ’70 del secolo scorso in poi, le missioni dell’ Opera si sono ramificate in Guatemala, El Salvador, Colombia, India, terre lontane, in cui i Villaggi del fanciullo, attivamente presenti sui territori, assolvono la funzione di accoglienza familiare e di formazione per tanti bambini, segnati dalla fame, dal degrado e dalla più cupa marginalità, bisognevoli di accoglienza e familiarità, per vivere la propria umanità. E’ l’”avventura di amore e di carità” di padre Arturo che prosegue, affidata alle Piccole apostole della Redenzione e ai Missionari della Divina Redenzione. Una testimonianza concreta dei segni lasciati dal Servo di Dio, la cui lezione è di straordinaria attualità, nel parlare il linguaggio dell’amore e la pratica della carità, mentre l’umanità sembra avvilupparsi sempre più in contraddizioni con se stessa e conflitti irragionevoli. E siamo all’inizio del secondo decennio del Terzo millennio.
Con il ciclo degli eventi, conclusi a marzo, l’anno arturiano, apertosi lo scorso agosto, é approdato al giro di boa. L’agenda dei prossimi mesi è piuttosto fitta. Il 12 aprile, a Marigliano, nell’Istituto “Anselmi”, tra i più qualificati e prestigiosi Centri formativi dell’Opera, pubblico convegno sul tema: “L’aspetto pedagogico del carisma arturiano”. A maggio- data da definire- i componenti della grande famiglia dell’Opera saranno in pellegrinaggio a Roma, in udienza con Papa Francesco. Il 17 maggio, convegno a Pompei, con filo tematico La figura di Maria nella vita di padre Arturo. Il 18 maggio, spettacolo d’intrattenimento nel Villaggio del Fanciullo, a Visciano, con lo Zecchino mariano.
Per luglio sono previste le manifestazioni di chiusura dell’ anno arturiano, nella basilica di Santa Maria Assunta in Cielo, a Nola, mentre l’8 agosto alle ore 19 solenne celebrazione eucaristica nella basilica di Maria santissima del Carpinello, in memoria del centenario della nascita del Servo di Dio.