“Vertice” sulla sicurezza sociale ed urbana, nel palazzo della Prefettura a Napoli, con la partecipazione del Ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Sotto i riflettori le criticità ambientali di Terra dei Fuochi, per le quali è stata annunciata la disponibilità di cento, tra militari dell’Esercito e agenti della Polizia di Stato, da impegnare, in sinergia con le altre Forze dell’ordine pubblico già operative, per l’attività di vigilanza e i controlli di legalità sui siti della specifica mappatura di contaminazione. Un contingente, a disposizione delle prefetture di Napoli e Caserta, che sarà in azione, fin quando sarà ritenuto necessario.
In questo quadro tre sono i livelli d’intervento strategico delle articolazioni istituzionali dello Stato . “ Il primo consiste- ha dichiarato Alfano, a conclusione del “vertice”- nell’attività di contrasto e di severa sanzione penale verso i responsabili delle criticità, che hanno segnato irreversibilmente Terra dei Fuochi, penalizzando duramente i cittadini, la vivibilità e l’economia. Il secondo è mirato nell’attuazione delle bonifiche nelle aree interessate, evitando i condizionamenti e le infiltrazioni della criminalità organizzata. Il terzo livello attiene all’esigenza di evitare il grande rischio, per il quale magari le aree una volta bonificate, siano utilizzate per nuovi versamenti illegali e nuovi depositi abusivi”. Un impegno di cooperazione, da cui deriva- ha aggiunto- il messaggio “Bonifiche camorra free”, ovvero liberare gli interventi di bonifica dalle “mani lunghe” dei clan. Ed in questa direzione è fondamentale il rigore stringente nell’esperire le procedure delle gare d’appalto per l’affidamento dei lavori, con i connessi controlli nella fase attuativa.
Nelle dichiarazioni di Alfano, un capitolo particolare é stato riservato all’uso dei beni confiscati ai sodalizi di criminalità economica, attivi sui territori. Un capitolo, su cui di recente si è appuntato il discorso pubblico. “Io non parlo di fallimento- ha affermato- ma di una crisi di crescita, rispetto alla congruità da conferire all’utilizzo dei beni confiscati ed acquisiti al patrimonio dello Stato, perché siano restituiti alla società e all’economia legale”. Indicativi i numeri, che rappresentano lo stato di “crisi di crescita”, tenendo presente che “al momento sono dieci mila i beni confiscati, a cui vanno aggiunte 1700 aziende. Si tratta di qualcosa di talmente imponente da rendere necessario un adeguamento della governante dell’Agenzia, che è preposta all’uso dei beni confiscati, ed anche di ri-definire la destinazione degli stessi beni”.
“Sull’uso dei beni confiscati- ha chiarito Alfano– stiamo ragionando, per allargare la platea di coloro che ne possono beneficiare; e se questi beni non si riescono ad attribuire alle associazioni di volontariato, bisognerà studiare le modalità, per collocarli sul mercato, consentendone la vendita”. Sulla gestione delle aziende, il ministro Alfano ha avvertito che “bisogna scongiurare il messaggio che sarebbe fortemente diseducativo: ovvero che quando l’azienda era in mano ai clan riusciva a dare lavoro e quando va nelle mani dello Stato è costretta chiudere”. E sul punto c’è necessità di chiarezza. “ Con i soldi della criminalità e con i metodi intimidatori-ha spiegato- non significare stare sul mercato; d’altro canto, noi dobbiamo salvare il personale che lavora in queste aziende. E’ il dovere delle istituzioni”.
Altro versante delle dichiarazioni del ministro Alfano, lo “stato delle cose” per il contrasto alla criminalità nell’area di Napoli. Negli ultimi dodici mesi sono stati assicurati alla giustizia 33 pericolosi latitanti, mentre per molti boss è stato disposto il 41-bis. Di particolare efficacia è risultato il rapporto tra la magistratura e le Forze dell’ordine pubblico, con il sequestro di beni mobili ed immobili, conti correnti bancari e postali, quote societarie per il valore di 14 miliardi di euro, frutto di operazioni condotte soprattutto nei trascorsi 14 mesi.
La radiografia della rete dei clan nell’area napoletana si configura di notevole complessità. “Sono 90 i clan censiti, che diventano 108, se si considera il Distretto giudiziario della Corte d’Appello, con 4 mila affiliati. Una realtà- ha ribadito Alfano – a fronte della quale lo Stato non solo mette in campo tutte le migliori energie sul fronte delle risorse umane, ma sperimenta anche nuovi modelli d’intervento di prevenzione e contrasto, come quello dell’incrocio della mappa del crimine organizzato con un sistema di “georeferenziazione dei reati”. E’ il modello- ha concluso- con cui si crea la banca dei dati, strada per strada, nei quartieri di Napoli, per ottenere l’accelerazione delle analisi investigative”.