Una locandina affissa in un bar in pieno centro a Salerno, a firma della parrocchia Santa Croce e San Clemente dell’Unità Pastorale di Spiano, Monticelli e Corticelle di Mercato San Severino, non è passata inosservata. Pubblicizza, infatti, una “messa per i cacciatori”, officiata dall’arciprete don Gianluca Iacovazzo, in programma sabato 30 settembre alle 19, alla quale “parteciperanno autorità civili, militari ed associazioni venatorie e cinofile” e che si pone, come obiettivo, quello di “affidare i cacciatori all’intercessione del loro patrono Sant’Uberto e Maria Santissima Addolorata”.
Viene definita una messa “di inizio attività sportiva”, ma la caccia, ben lungi da essere annoverata tra gli sport, in Campania è aperta per alcune specie già da due settimane. Infatti le ripetute richieste, sin dal mese di luglio, indirizzate al Governatore Vincenzo De Luca, da parte di diverse associazioni ambientaliste, di sospendere la stagione venatoria 2017/2018, sono rimaste inascoltate e con la preapertura è stato possibile sparare ad animali stremati dalla siccità e dagli incendi già dal 2 settembre. Puntuale, proprio poche ore dopo, la mattina del 3, un triste episodio che ha visto un gheppio, specie protetta, impallinato ad Altavilla Silentina; tramite staffetta di diversi volontari animalisti, il rapace è stato trasportato al Centro Recupero Animali Selvatici di Napoli per essere curato.
La celebrazione religiosa è organizzata in collaborazione con la squadra cinghialai ‘La Nuova Spianese’, categoria che riporta alla mente la vicenda di Guglielmo Storti, ex sindaco di Controne, rimasto ferito in un incidente di caccia al cinghiale appena lo scorso 9 settembre, quando a stagione venatoria ancora chiusa e ai limiti del Parco Nazionale del Cilento, è stato accidentalmente sparato da un suo compagno durante una battuta di caccia al cinghiale. Al di là della drammaticità dell’evento, colpisce che Storti, protagonista di un’attività di bracconaggio, sia il presidente dell’A.T.C. – Ambito Territoriale di Caccia – Salerno 1, struttura associativa a cui è affidata l’organizzazione dell’esercizio venatorio.
Inoltre, si legge ancora nella locandina, seguirà la “benedizione dei cani nella piazza antistante la Chiesa”. Chissà se don Gianluca Iacovazzo è a conoscenza del fenomeno dei tanti setter, segugi, spinoni e incroci vari che, sin dai primissimi giorni di apertura della stagione venatoria, sono già alla ricerca di nuovi compagni di vita umani perché abbandonati subito per la loro inattitudine alla caccia. È purtroppo ancora in uso, in una parte del mondo venatorio, l’usanza di “testare” le capacità del cane alla caccia prima di procedere all’inserimento del microchip e alla relativa iscrizione in anagrafe canina regionale; succede quindi che, all’apertura della stagione, si provino i cani sul campo: gli esemplari che superano la prova del fuoco saranno regolarizzati, mentre gli altri verranno, nella migliore delle ipotesi, abbandonati. Cani che, giunti nei canili, si rivelano poi quasi sempre particolarmente timorosi nei confronti dell’uomo.
Si stima che annualmente in Italia, nel corso della stagione venatoria, vengano uccisi 150 milioni di animali; mancano però dati attendibili sugli animali abbattuti ogni anno. Più chiari, ma sottostimati, sono invece i dati relativi alle persone uccise e ferite dai cacciatori, che fanno dell’attività venatoria un gravissimo problema di pubblica sicurezza. Dal 2007 ad oggi sono morte oltre mille persone, secondo l’Associazione per le vittime della caccia. Una messa in suffragio sarebbe dunque doverosa per loro e non per i cacciatori, i quali, facendo di Sant’Uberto il loro patrono, dimostrano anche di non averne colto il vero messaggio. Si racconta, infatti, che il santo, mentre un giorno prendeva di mira un cervo, vide tra i suoi palchi apparire un crocifisso, capì così che gli animali sono creature viventi e senzienti e da quel giorno depose le armi. Ma, quel che amareggia, è l’esistenza di preti che appoggiano tali attività sanguinarie. Pur essendo sicuramente una minoranza, mai si è alzata una parola di condanna, verso quei religiosi che sull’altare predicano pace e amore verso il Creato e poi benedicono chi imbraccia il fucile, da parte di papa Bergoglio, il quale, pur avendo assunto il nome di Francesco, evidentemente non sente propri gli obblighi etici verso le altre creature che ispiravano il “Poverello” di Assisi. Infine, un appello all’arcivescovo di Salerno, monsignor Luigi Moretti, affinché prenda provvedimenti sulla vicenda, in qualità di Pastore della Curia salernitana che comprende, tra i suoi Comuni, anche quello di Mercato San Severino.