a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi lunedì 29 agosto la chiesa celebra il Martirio di san Giovanni Battista, nel Calendario Romano, è l’unico Santo del quale si celebra sia la nascita, il 24 giugno, sia la morte avvenuta attraverso il martirio. Quella odierna è una memoria che risale alla dedicazione di una cripta di Sebaste, in Samaria, dove, già a metà del secolo IV, si venerava il suo capo. Il culto si estese poi a Gerusalemme, nelle Chiese d’Oriente e a Roma, col titolo di Decollazione di san Giovanni Battista. Nel Martirologio Romano, si fa riferimento ad un secondo ritrovamento della preziosa reliquia, trasportata, per l’occasione, nella chiesa di San Silvestro a Campo Marzio, in Roma. Questi riferimenti storici ci aiutano a capire quanto antica e profonda sia la venerazione di san Giovanni Battista. Nei Vangeli risalta il suo ruolo in riferimento a Gesù. In particolare, san Luca ne racconta la nascita, la vita nel deserto, la predicazione, e san Marco, nel suo Vangelo, ci parla della sua drammatica morte. Giovanni Battista inizia la sua predicazione sotto l’imperatore Tiberio, nel 27-28 d.C., e il chiaro invito che rivolge alla gente accorsa per ascoltarlo, è quello a preparare la via per accogliere il Signore, a raddrizzare le strade storte della propria vita attraverso una radicale conversione del cuore. Però il Battista non si limita a predicare la penitenza, la conversione, ma, riconoscendo Gesù come «l’Agnello di Dio» venuto a togliere il peccato del mondo, ha la profonda umiltà di mostrare in Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa crescere, essere ascoltato e seguito. Come ultimo atto, il Battista testimonia con il sangue la sua fedeltà ai comandamenti di Dio, senza cedere o indietreggiare, compiendo fino in fondo la sua missione. E non taceva la verità e così morì per Cristo che è la Verità. Proprio per l’amore alla verità, non scese a compromessi e non ebbe timore di rivolgere parole forti a chi aveva smarrito la strada di Dio. Riprovò pubblicamente la peccaminosa condotta di Erode Antipa e della cognata Erodiade, ma la loro prevedibile suscettibilità gli costò la dura prigionia a Macheronte, sulla sponda orientale del Mar Morto. Sappiamo come andò a finire: in occasione di un festino svoltosi a Macheronte, la figlia di Erodiade, Salomè, avendo dato eccellenti prove di agilità nella danza, entusiasmò Erode, al quale, per istigazione della madre, domandò e da lui ottenne in premio la testa del Battista, mettendo così a tacere il battistrada del Messia, la voce più robusta dei banditori dell’imminente messaggio evangelico. Ultimo profeta e primo apostolo, egli ha dato la sua vita per la sua missione, e per questo è venerato nella Chiesa come martire.
29 agosto: santa Sabina, nacque nel II secolo da una famiglia nobile, figlia di un certo Erode, che, quando ella era ancora giovanissima, la diede in moglie al senatore Valentino, uomo d’illustre condizione, di cui era rimasta vedova. Sabina si era convertita al cristianesimo per l’esortazione dell’ancella Serapia. Viveva in una piccola città dell’Umbria, quando verso il 125 scoppiò una nuova persecuzione contro la Chiesa. Il Governatore dell’Umbria sapendo, che tutta la famiglia di Sabina era cristiana, le inviò un ordine di far comparire davanti al suo cospetto, tutte le vergini che erano presso di lei, ma Sabina si rifiutò di inviargli le giovani ancelle, ma Serapia temendo che il rifiuto potesse irritare il giudice, la pregò di inviare lei a trovarlo, sperando che Gesù Cristo non l’abbandonasse in quel momento. Sabina cercò di dissuaderla, perché conosceva il pericolo a cui la giovane si stava esponendo, allora prese la decisione di accompagnarla lei stessa dal giudice Berillo. Costui rispettando la nobile condizione di Sabina, la ricevette in modo onorevole e le disse che si stupiva, come una persona del suo casato si riducesse a professare la legge dei cristiani. Sabina gli rispose che desiderava di vedere anche lui sedotto, da poter sperimentare la forza per abbandonare il culto degl’idoli, e poter conoscere il vero Iddio, fonte di ogni giustizia e supremo distributore dei beni e dei mali eterni in ricompensa. Il giudice allora lasciò andare Sabina a casa, riconducendo con sé Serapia. Ma tre giorni dopo egli mandò dei suoi uomini ad arrestare Serapia, i quali la condussero al suo tribunale per essere interrogata pubblicamente. Sabina parlò, al giudice, con gran forza per dissuaderlo dal maltrattare una persona a lei molto cara e pregarlo di lasciarla libera, ma non ottenendo nulla, se ne tornò a casa in lacrime. Berillo nell’interrogare Serapia faceva ogni sforzo per indurla a sacrificare agli dei, ma l’ancella rispose che essendo cristiana non poteva sacrificare a false divinità, a questo punto la minacciò di privarla della vita se lei non ubbidiva prontamente ai suoi ordini. Allora non cedendo alle sue richieste la fece torturare e così si consumò il martirio, il 29 luglio. Sabina si prese cura di recuperare il corpo e lo ripose in un magnifico sepolcro, che ella aveva fatto preparare per se e la sua famiglia. Intanto a prefetto Berillo, che aveva sempre avuto dei riguardi nei suoi confronti, successe nel governo dell’Umbria il prefetto Elpidio. Questi non portava rispetto per nessuno, e mandò ad arrestare Sabina e la trattò con disprezzo, come se non fosse a conoscenza della sua nobile condizione. Condotta davanti a lui, l’interrogò sul come avesse potuto dimenticare il suo stato ed aver abbracciato la setta dei cristiani. Sabina gli rispose, che ringraziava il suo Signore, perché attraverso la sua serva Serapia, si fosse degnato di liberala dal potere dei demoni. A questo ed altri discorsi simili, Elpidio giurò, per tutti i suoi dei, che se lei non avesse abiurato e sacrificato, lui li avrebbe vendicati con la morte di lei. Tentò ancora a dissuaderla, ma Sabina non demordeva, allora la condannò alla morte per decapitazione e confiscò tutti i suoi averi il 29 agosto del 120 circa.