a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 30 luglio la chiesa celebra san Pietro Crisologo, nato ad Imola nel IV secolo, fu battezzato ed educato da Cornelio, vescovo di Imola, che poi lo avviò a studi letterari e giuridici a Ravenna e Bologna. Ordinato diacono sempre da Cornelio, lo affiancò durante il suo episcopato, papa Sisto III lo nominò vescovo di Ravenna nel 433, quando la città era capitale dell’Impero romano d’Occidente. La sua pietà e il suo zelo gli fecero guadagnare l’ammirazione dei fedeli e, grazie alla sua arte oratoria e alla sua eloquenza pastorale, fu soprannominato Crisologo (dal greco, “parola d’oro”), ma fu ancora più grande come scrittore tanto da essere proclamato Dottore della Chiesa, lasciò moltissimi discorsi ed omelie di cui ben 176 sono pervenuti fino a noi. I più celebri sono quelli contro le calende di gennaio in cui non si stanca di ripetere che «non potrà godere con Cristo in cielo chi vuol godere col diavolo in terra».
30 luglio: san Rufino di Assisi, fu il primo vescovo di Assisi, dove arrivò a predicare il Vangelo agli inizi del III secolo; secondo una passio Rufino era nativo e vescovo della città di Amasya nel Ponto (attuale Turchia), quando scoppiò una persecuzione contro i cristiani, durante la quale venne incarcerato insieme al figlio Cesidio. Dopo aver convertito il proconsole di quella regione alla nuova fede ed essere stato da lui liberato, giunse in Italia nella regione dei Marsi (Abruzzo), dove fondò una chiesa affidandola alla guida del figlio Cesidio, ancora oggi venerato come santo e diacono a Trasacco (L’Aquila). Successivamente si trasferì ad Assisi dove continuò a predicare il Vangelo, ma qui dopo un pò venne scoperto dal proconsole Aspasio, che dopo averlo sottoposto a diverse torture, lo condannò a morte perché cristiano, ordinando che Rufino fosse gettato con una macina di pietra al collo nelle acque del fiume Chiascio, dove morì; un’antica tradizione indica come luogo del martirio, il paese Costano della diocesi di Assisi, ora facente parte del Comune di Bastia Umbra, situato sulla riva del fiume Chiascio il suo corpo venne trasportato da Costano ad Assisi, proprio nel luogo dove ora sorge la cattedrale eretta dalla fede del popolo di Assisi e dall’opera di Giovanni da Gubbio; contrariamente a quanto pensa chi non è di Assisi, il patrono principale della diocesi non è san Francesco ma san Rufino, venerato come primo vescovo della città.
30 luglio: san Ladislao, nacque l’anno 1031, figlio di re Bela re d’Ungheria, essendo il trono elettivo non aveva alcun diritto alla successione, ben presto però le bellissime qualità e la integerrima sua vita gli meritarono l’elezione a re e un governo secondo il cuore e il volere di Dio, appena ebbe nelle sue mani le redini del potere si diede con meravigliosa operosità a riformare i costumi, rinnovare tribunali, rialzare la pubblica moralità, calpestata da ogni classe di cittadini; l’intento che guidava il santo monarca era quello di fare che la religione divenisse cardine della legislazione e base di tutto il benessere sociale, per questo lottò, combatté, soffrì, ma alla fine trionfò, rendendo il suo popolo profondamente cristiano e degno di essere additato a modello di ogni altro. Era casto, pietoso, informato ai precetti evangelici; detestava l’avarizia, l’ambizione e stimava perduto quel giorno nel quale non avesse fatto del bene, o impedito del male, la sobrietà che usava nei cibi e nelle bevande facevano stupire i suoi cortigiani che si domandavano come mai il loro re, anche se gli venissero preparati prelibatissimi pranzi, rinunziasse a tutto cibandosi spesso di legumi e bevendo acqua pura. Sempre occupato a disimpegnare le cose dello stato, trovava tuttavia le ore per le preghiere e per le buone letture; nella sua grande carità non cessava di abbellire chiese, sollevare le miserie della sua nazione, scacciando i trasgressori delle leggi senza accettazione di persone. La giustizia, l’imparzialità, l’intransigenza e una titanica volontà unite all’amore evangelico, resero Ladislao modello di re. Riparò nel suo regno i guasti causati dalle innumerevoli ribellioni e da molte eresie, formando un popolo unito nella fede, sottomesso in tutto alla Sede Apostolica, popolo che assieme al suo re, rimase d’indelebile memoria ai posteri. Intanto i Turchi, orgogliosi della conquista dei luoghi santi, minacciavano l’Europa e opprimevano crudelmente i fedeli caduti nelle loro mani. Dall’Europa fu lanciato il grido della liberazione dei fratelli e i principi che pronti risposero all’eco non tardarono ad allestire eserciti a questo nobile fine, anche re Ladislao preparò le sue milizie e già tutto era pronto quando cadde repentinamente ammalato, subito gli furono offerte le cure da parte dei medici del caso, ma egli sapendo che la divina misericordia ormai lo voleva al cielo, si munì dei conforti spirituali della Chiesa, contento di avere combattuto e sofferto per la causa di Dio, con l’anima tranquilla, con gli occhi fissi al cielo placidamente spirava il 30 luglio dell’anno 1096.