Oggi 5 settembre la chiesa celebra Beata Vergine Maria all’Addolorata, trae origine dai passi del Vangelo, dove si parla della presenza di Maria Vergine sul Calvario, prese particolare consistenza a partire dalla fine dell’XI secolo e fu anticipatrice della celebrazione liturgica, istituita più tardi. Il “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius” di autore ignoto, costituisce l’inizio di una letteratura, che porta alla composizione in varie lingue del “Pianto della Vergine”. Testimonianza di questa devozione è il popolarissimo “Stabat Mater” in latino, attribuito a Jacopone da Todi; da questa devozione ebbe origine la festa dei “Sette Dolori di Maria Santissima”. Nel secolo XV si ebbero le prime celebrazioni liturgiche sulla “compassione di Maria” ai piedi della Croce, collocate nel tempo di Passione. Il 15 agosto 1233, sorse a Firenze l’Ordine dei Servi di Maria (serviti), fondato dai Santi Sette Fondatori e ispirato dalla Vergine. L’Ordine che già nel nome si qualificava per la devozione alla Madre di Dio, si distinse nei secoli per la diffusione del culto dell’Addolorata; Il primo documento sul sorgere di una festa liturgica sul dolore di Maria proviene da una chiesa locale: il 22 aprile 1423 un decreto del concilio provinciale di Colonia introduceva in quella regione la festa dell’Addolorata come riparazione dei sacrileghi fatti dagli Ussiti alle immagini del Crocifisso e della Vergine ai piedi della croce. La festa aveva per titolo Commemoratio angustiae et dolorum beatae Mariae virginis. Quello che merita di essere sottolineato è che si tratta di una festa incentrata sulla scena del calvario e sulla «raccomandazione» della Madre fatta da Gesù in croce a Giovanni, e inoltre che tale ricordo era assegnata al tempo pasquale. Nel 1482 papa Sisto IV componeva e faceva inserire nel Messale romano, con il titolo di «Nostra Signora della Pietà», una messa incentrata sull’evento salvifico di Maria ai piedi della croce. In seguito tale celebrazione si diffondeva in occidente con varie denominazioni e in varie date. Oltre alla denominazione stabilita dal concilio di Colonia e a quella fissata nella messa di Sisto IV, veniva chiamata anche «De septem doloribus beatae Mariae virginis». Successivamente, papa Innocenzo XII, il 9 agosto 1692 autorizzò la celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine la terza domenica di settembre; il 18 agosto 1714 la Sacra Congregazione dei Riti, dietro supplica del priore generale dei Servi di Maria, concedeva che la «Commemorazione solenne dei Sette dolori della beata Maria vergine», già celebrata in qualche provincia per indulto speciale, fosse estesa a tutto l’ordine il venerdì di Passione. Il 22 aprile 1727 poi, Benedetto XIII, sempre dietro richiesta dell’ordine servita, estendeva la festa dei Sette dolori di Maria a tutta la chiesa latina e la fissava secondo la data dell’ordine al venerdì dopo la domenica di Passione: veniva così raggiunta l’unificazione sia del titolo che della data. Il 18 settembre 1814 poi, Pio VII, devotissimo dell’Addolorata, in ricordo delle sofferenze inflitte da Napoleone alla chiesa nella persona del suo capo, la estendeva a tutta la chiesa latina, con i testi dell’ufficio e della messa già in uso presso i Servi di Maria. Pio X, fissò la data definitiva del 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazione della Croce (14 settembre). Il nuovo calendario del 1969, oltre a sopprimere del tutto la commemorazione del tempo di Passione e a ridurre il grado della celebrazione del 15 settembre a semplice «memoria», ha pure cambiato il titolo della festa, Beata Maria vergine addolorata: non si fa la memoria dei «Sette dolori», ma si vuole contemplare «il dolore» di Maria.
15 settembre: santa Caterina da Genova (al secolo Caterina Fieschi Adorno), nacque a Genova il 5 aprile 1447, faceva parte del nobile casato dei Fieschi. Il padre era Giacomo Fieschi, patrizio genovese, nipote di papa Innocenzo IV e Viceré di Napoli per breve tempo, la madre si chiamava Francesca di Negro. Venne educata secondo i parametri della nobiltà del tempo, studiando non solo i classici latini e greci ma anche Dante, Petrarca e Jacopone da Todi, oltre che i trattatisti religiosi del tempo. Il 13 gennaio 1463, all’età di 16 anni, Caterina sposò il principe Giuliano, del casato degli Adorno. La famiglia di Caterina aveva lottato a lungo contro gli Adorno per il predominio sulla città ed erano pervenuti ad una tregua proprio tramite questo matrimonio di convenienza tra Caterina e il giovane Giuliano. La coppia non ebbe figli e poco si sa di questi primi anni: di certo la coppia non era una famiglia esemplare, ma il frutto di un matrimonio combinato. Giuliano è un adulto, alquanto superficiale e rozzo, dedito a vita sregolata e dispendiosa sino a compromettere le risorse comuni. Per cinque anni la sposa vive in una cupa tristezza, poi cerca distrazione nella vita mondana che si prospetta brillante per una giovane dotata di attrattive e di rango, venne colta da conversione religiosa, testimoniata ufficialmente con la sua visione mistica, di Cristo caricato della croce e inondato del sangue versato per l’umanità, del 24 marzo 1473; alla sua conversione fece subito seguito quella del marito. Essi cambiarono completamente vita, andarono ad abitare in una modesta casa nel pressi dell’ospedale di Pammatone ed il marito entrò nel terzo ordine francescano. La vita mistica di Caterina fu molto intensa e ne restano a testimonianza due scritti il Dialogo spirituale e il più famoso Trattato del purgatorio, dove con parole semplici cercò di spiegare la sua esperienza mistica. Accanto a questa vita spirituale Caterina visse una intensa attività di servizio verso i più poveri ed ammalati. Divenne direttrice dell’ospedale, fatto molto raro per le donne del tempo e vera fonte di ispirazione per il rinnovamento della Chiesa cattolica di allora. Durante questa attività si ammalò anche di peste, che colpì la città dal 1493, malattia da cui guarì. Morì il 14 settembre 1510; patrona degli ospedali italiani.
0015 settembre: beato Paolo Manna, nacque ad Avellino il 16 gennaio 1872, da una famiglia molto religiosa con diversi sacerdoti e suore. La mamma muore quando il piccolo Paolo aveva due anni e mezzo, diventa un adolescente irrequieto e viene educato dagli zii paterni. Dopo gli studi elementari e tecnici ad Avellino e a Napoli proseguì i suoi studi a Roma. Mentre frequentava l’Università Gregoriana per la filosofia, nel settembre 1891, entrò nel Seminario dell’Istituto Missioni Estere a Milano per i corsi teologici. Il 19 maggio 1894 ricevette l’ordinazione sacerdotale nel Duomo di Milano. Il 27 settembre 1895 partì per la Missione di Toungoo nella Birmania Orientale, ma non resiste a quel clima molto umido e caldo-freddo. Si ammala di tubercolosi come altri della sua famiglia, così rimpatriò definitivamente. Dal 1909 in poi, per oltre 40 anni, si dedicò con tutte le sue forze, con gli scritti e con le opere, a diffondere l’idea missionaria tra il popolo ed il clero. Nel 1916 fondò l’Unione Missionaria del Clero, elevata da Pio XII a “Pontificia” nel 1956. Il suo principio era che un clero missionario avrebbe animato missionariamente tutto il popolo cristiano. Nel 1914 fondò “Propaganda Missionaria”, foglio popolare a larghissima diffusione, e nel 1919 anche “Italia Missionaria” per la gioventù. Su incarico della Sacra Congregazione de Propaganda Fide, per un maggiore sviluppo missionario del Sud d’Italia, Paolo aprì a Ducenta (Caserta) il Seminario Meridionale “Sacro Cuore” per le Missioni Estere, progetto da tanto tempo da lui caldeggiato. Nel 1924 venne eletto Superiore Generale dell’Istituto Missioni Estere di Milano, che nel 1926, per l’unione con il Seminario Missionario di Roma, per volontà di Pio XI diventò il Pontificio Istituto Missioni Estere (P.I.M.E.). Eretta nel 1943 la Provincia P.I.M.E dell’Italia Meridionale, Paolo ne divenne primo Superiore, trasferendosi così a Ducenta, dove fondò pure “Venga il tuo regno”, periodico missionario per le famiglie. Trasferito a Napoli per un’operazione chirurgica, che lo porterà alla morte. Morì a il 15 settembre 1952.