Durante la settimana che celebra la giornata mondiale del libro e la “Festa dei Libri” che si terrà proprio nella città archeologica il 22-23-24 aprile, la dott.ssa Napolitano ci ha concesso un intervista dopo l’uscita della sua prima raccolta di poesia in rima “Senza Paura”. L’autrice racconta del suo rapporto con la paura attraverso le esperienze professionali e di vita che fino ad ora le sono capitate, l’obiettivo è stato quello di aiutare il lettore a gestire le incertezze e i momenti di ansia determinati dalla paura.
Ha deciso di presentarsi al pubblico con questa intervista: Perché hai deciso di pubblicare un libro? Perché mi sono chiesta cosa mi avrebbe reso felice in questo momento della mia vita e la risposta è stata quella di pubblicare ciò che scrivo. La decisione di lavorarci e la pubblicazione è avvenuta in una settimana. Il processo è stato veloce, anche perché il libro contiene anche poesie che ho scritto due anni fa. Adesso è in vendita on-line sul sito “Il mio libro”.
È sia in formato cartaceo che come ebook. Quando hai scoperto la passione per la scrittura in rima? La scoperta è avvenuta durante il mio percorso di formazione come psicoterapeuta all’Istituto di Gestalt e Analisi Transazionale di Napoli. Non sapevo di saper scrivere così bene. È stata una rivelazione anche per me. Il tuo libro si intitola “Senza paura”. Perché? Come ho scritto nella prefazione del libro, vidi nel 2011 il manifesto del cd della cantante Giorgia “Senza Paura” in stazione a Napoli quando andai a fare il colloquio con il direttore dell’IGAT, Antonio Ferrrara, per iscrivermi alla sua scuola. Mi colpirono quelle parole e solo dopo tempo ne capii il senso profondo.
Il tema della paura è stato uno dei temi su cui ho lavorato in terapia. Adesso non hai più paura? La sento ancora ed è un bene. Non provarla più sarebbe come snaturarmi. Fa parte di me e l’accolgo. Come sottolineo nella prefazione, io mi riconosco in un tipo di carattere, che secondo la tradizione dell’Enneagramma, ha come passione la paura. La paura adesso mi accompagna in modo diverso perché ciò che tendeva a coprire e a bloccare è venuto fuori, ovvero il desiderio, la ricerca di relazioni, le emozioni, la fiducia in me e nell’altro, la mia creatività. Sentirla e accoglierla è stato evolutivo per me. Solo se si è consapevoli di ciò che si sente e solo se c’è un’ accoglienza profonda di ciò che si è si può cambiare e si può decidere di fare delle scelte diverse. I
l libro è stata una scelta, che non avrei fatto anni fa. Come nascono le tue poesie? Io le scrivo dopo aver vissuto un’esperienza emotivamente significativa. Le scrivo di getto e velocemente. Mi faccio guidare dal mio sentire. Con la poesia racconto storie mie e di altri. Ci tengo a sottolineare che tutte le poesie all’interno del libro traggono essere da storie di vita vere. Ad esempio nel libro ci sono poesie che riguardano alcune mie esperienze personali, altre invece sono nate dalle esperienze vissute nei workshop a cui ho partecipato, come “Le danze sacre” “Creatività e Vuoto fertile” “ Enneagramma e Maschere”.
Queste tengono conto anche del lavoro terapeutico svolto dagli altri partecipanti dei workshop. Altre poesie ancora derivano dal mio incontro con i pazienti. Utilizzi le poesie nel tuo lavoro di psicoterapeuta? Sì. Io lavoro come psicologa al Centro diurno dell’Unità Operativa della Salute Mentale di Avellino, che ha sede a Monteforte Irpino. In questo caso le poesie diventano dei copioni da mettere in scena. Da un anno mi sono avvicinata al Teatro data la mia partecipazione con i pazienti ad un laboratorio teatrale, promosso da un progetto Irpino per le disabilità dal nome “Coinvolgi-Menti”. È cominciato tutto per gioco e adesso la mia modalità di lavoro è molto più strutturata. Rimanendo più aderente possibile alle storie e ai vissuti dei pazienti, scrivo delle scene, sempre in rima, che loro preparano e presentano pubblicamente. Quindi Vita a Teatro; storie vere in scena. È un modo di far terapia che non solo permette al paziente di divertirsi, ma anche di lavorare sulle proprie difficoltà, di creare nuove consapevolezze e di prendere nuove direzioni.
Che vantaggi ha questo tipo di lavoro con i pazienti? I vantaggi sono tantissimi, perché innanzitutto i pazienti si divertono e ciò fa bene all’umore.. Inoltre si mettono in gioco molto, raccontando di sé e dei propri problemi a un pubblico sconosciuto. Questo non è da tutti. Lo sperimentarsi in scena permette loro di viversi come persone che hanno ancora tante possibilità di crescita, e ciò va a limitare un pensiero e una modalità di vita segnata dalla malattia. Io lavoro con la loro parte sana, con la parte che ha bisogni, desideri, che si muove nel mondo, che cerca autonomia e amore. Il mio progetto futuro, quindi, è continuare su questa strada del Teatro; del fare terapia usando il teatro. Abbiamo già fatto due spettacoli aperti al pubblico e ne stiamo organizzando degli altri. (Michele Amato)