Ad Avella si avvicina il 20 gennaio, giorno dedicato al Majo di San Sebastiano. L’evento sta facendo scatenare un interessante dibattito mediatico. Dopo le dichiarazioni di Antonio Tulino, riportate sul nostro quotidiano online e che potete leggere quì, ecco, pronta, la risposta di Ernesto Sasso in merito: “nel 2014 ancora diamo credito a queste feste paesane, riti pagani adottati dalla Chiesa esclusivamente per carpire la fede della gente e trarne vantaggi economici che sono diventati per i soliti noti elemento fondante per lo scambismo elettorale, il favoritismo e la corruzione. Ho sempre pensato che alla base di tutto questo ci sia una ignoranza di fondo che è esclusivo appannaggio del popolino credulone e superstizioso che sistematicamente viene sfruttato da chi riesce sempre, attraverso queste manifestazioni, a trarre vantaggio di qualsiasi genere. Sarebbe il caso, a mio parere, di smetterla con simili eventi ed iniziare a pensare davvero alle cose serie”. Tulino, soffermandosi sulle parole di Sasso, ci tiene a ribadire il suo parere e la sua posizione: “E’ una cosa seria anche il rispetto di una tradizione che viene da lontano e, nella bivalenza di valori, riesce a riportare alla mente, costumi, profumi, immagini, di guisa che ogni popolo riesce a definirsi, nella sua realtà storico politica,a misurare il tempo che passa, a migliorare i propri assetti culturali e sociali, a non inaridirsi in una modernità senza identità e credere, così, tramite spiegabilissimi comportamenti, che un albero divenga totem e leghi, poi, alla religione, complesso libro dell’evoluzione umana, insondabili valori che valicano l’umano capire. Se si rispettano, appunto, i canoni della manifestazione è possibile ascrivere la stessa hai caratteri appena descritti. Altrimenti, ridotta alla stregua di ogni compagnia di baldoria, affidata ad un fai da te monco di regole, privo dell’elemento principe che resta la fede, evirata dalla lettura del passato ricco di testimonianze, è difficile dissentire dalla tua critica, non darti ragione. Ma non è questa la festa del Majo che custodisco nella mia memoria.Non sono i contemporanei passaggi anonimi quelli che conservo nel mio cuore. Pensa caro Ernesto che addirittura lego una musicalità diversa da quella ordinaria, il suono del campanone, quando la sera del ” fucarone” spande le sue note possenti fino ai confini della città di Partenope. Tale è la forza evocativa di questa manifestazione, tanta è la forza che sprigiona il nostro campanone da confondere l’una con l’altra e vedermi partecipe di un rito scritto e dettato da altri. E riaffiora nella mia mente il costume di un tempo, il suo tragico passato e gli affetti dei cari che si legavano, ieri, indissolubilmente, tra la scena pagana – o fucarone- e l’educazione cristiana – il rispetto del Santo -, da costituire un unicum indissolubile e formare, in tal modo, una forza invincibile perché tutta la collettività legasse, nell’entusiasmo chiassoso della partecipazione, una ritualità altrimenti perduta nelle pieghe di un modernismo anonimo, esangue, indifferente, utile al mercato, agli affari, al denaro. Capisco che i tempi producano inevitabilmente il loro effetto sugli uomini e sulle cose. Non riesco a capire perché debbano avere il segno negativo, ovvero, inaridire le più belle intenzioni e con loro il nostro sostanzioso patrimonio ideale. L’italia è un ricco coacervo di insondabili figure storico-artistico-musicali , diviso, distinto da chiare letture antropologiche che innervate, queste ultime, nelle intenzioni migliori di uomini e istituzioni possono arrecare, nei fatti, letizia allo spirito e utilità alle genti, correlando fede e affari in un virtuoso comportamento sociale. Occorre però affidarsi a programmi chiari, uomini disposti alla bisogna e misurare il tutto con l’unità ideale del credere in quello che si fa . Altrimenti Caro Ernesto è difficile darti torto. Per me è difficile restare legato al mio paese. Bellissima festa quella del Majo. Apre scenari inediti la cui lettura è coperta da sottilissimi strati di indifferenza e facile credulità, non in sintonia con la frequenza musicale proveniente dal campanone, la cui forza da sola è utile a spolverare ogni appassita coscienza,ogni oblio, ogni indifferenza. Riscopriamo e rivalutiamo la nostra tradizione”.