Il concerto nell’anfiteatro avellano oltre a tanti messaggi positivi per l’ottima iniziativa e il calibro del personaggio portato in paese sta per scatenare un altro aspetto un po’ più serio, ovvero il non rispetto da parte di chi usufruisce della struttura del monumento. A scatenare l’ira del Gruppo Archeologico con accuse al primo cittadino Biancardi è la presenza nell’arena di un Tir. Ecco quanto scritto dai referenti dell’associazione avellana.
“Ma non c’è una convenzione tra il Comune di Avella e la Soprintendenza dove si concede allo stesso Comune la possibilità di organizzare eventi estivi e con essa anche la salvaguardia, la manutenzione e la tutela del monumento? Come Gruppo Archeologico Avellano “Amedeo Maiuri” riteniamo che al di là degli eventi si inizi a preoccuparsi dello stato di salute del monumento. A buon intenditore poche parole! Manutenzione soprattutto del verde se si pensa allo spettacolo teatrale “Memorie di Adriano” dove neanche l’erba nell’arena è stata falciata. Comunque, segni di cedimenti strutturali e di permeabilità all’acqua le strutture delle volte presentano, ai tecnici dotti, medici e sapienti l’onere e l’onore delle opportune verifiche, prima che il gioco sfugga di mano e prima ancora che le ingiurie del tempo non creino situazioni simili a quelle già viste a Pompei. Ho letto diverse discussioni sotto le fotografie “dopo Benson” e mi sono accorta che solo due associazioni si preoccupavano della salute del sito archeologico, utilizzato per questo bellissimo concerto. Il mio invito a riflettere è rivolto non solo a Lei, Sindaco. Devono riflettere tutti quelli che credono che l’anfiteatro sia indistruttibile. Invece è molto vulnerabile e sensibile, nonostante essere di pietra. E’ resistito fino a oggi e deve rimanere anche ai nostri nipoti e pronipoti, non possiamo utilizzarlo come confezione monouso per i dolcetti, quando si apprezza più il contenuto ma non l’involucro.
Per essere breve inviterei a pensare su come influiscono i passaggi dei camion dentro l’arena, dove vanno a finire i calcinacci che cadono dopo ogni pioggia, sul lento ma inevitabile deterioramento delle strutture con l’acqua che si infiltra sotto le arcate… C’è molto da riflettere e da lavorare”.