Sempre più spesso nelle classi dei nostri figli ci sono bambini o ragazzi a cui è stata certificata una disabilità. La preoccupazione di alcuni genitori a volte è che il fatto di avere in classe bambini e ragazzi che hanno bisogno di tempi più lunghi e di modalità diverse per apprendere possa “rallentare” il programma dell’intera classe e quindi l’apprendimento del loro figlio. Ecco che dopo la formazione delle classi, venuti a conoscenza della presenza di chi è poco più sfortunato dei figli, si mobilitano per far cambiare classe ai propri, anche se adducendo ad altre scuse, creando inevitabilmente classi di serie A e classi di serie B. Tutto ciò è successo quest’anno ad Avella presso l’istituto comprensivo “Mons. Pasquale Guerriero”, alla secondaria di Primo Grado, dove una classe si è quasi dissolta per i continui spostamenti che sono stati effettuati in questi primi giorni di anno scolastico dopo la loro formazione, creando non pochi malumori tra i genitori. Succede quindi che la prima A conta 27 alunni mentre la 1B 14, e tutto ciò grazie all’avallo del nuovo dirigente scolastico, Vincenzo Gagliotta, che è al suo primo anno presso l’istituto avellano dopo il pensionamento dell’ex preside Ambrosino, che ha concesso di poter effettuare i cambi.
Sono diversi i genitori che hanno voluto segnalare questa “anomalia” scolastica, così come da loro definita, al punto che alcuni ci hanno detto: “Facciamo le classi ghetto? Una vergogna assoluta, un atto diseducativo. Ma come si possono fare due prime una di 14 e l’altra di 27 solo per assecondare la follia delle mamme? E il preside avalla?”
Eppure il nostro paese dovrebbe essere all’avanguardia rispetto a tutte le altre nazioni in Europa e nel mondo, l’Italia, infatti già negli anni ’70 (Legge n. 517 04/08/1977) sancisce l’integrazione scolastica degli alunni disabili e quindi l’abolizione delle cosiddette scuole speciali “a parte”. Questa legge ha avuto bisogno di moltissimi anni per far sì che il primo iniziale inserimento “selvaggio” dei ragazzi disabili nelle scuole normali venisse disciplinato.
Non si può non sottolineare che al di là dei vantaggi “didattici” che può portare un approccio e una visione inclusiva della disabilità o meglio “bio-psico-sociale” (nel senso che tiene conto della salute fisica, mentale e dell’ambiente di vita del ragazzo e dell’interazione tra queste tra componenti) abitua anche gli alunni a scoprirsi ciascuno diverso, ciascuno fragile in uno o più aspetti, ciascuno vulnerabile e bisognoso del sostegno degli altri: in una parola educa all’empatia e alla cura dell’altro, presupposto indispensabile per una vita adulta in una società tollerante e giusta.
Ad Avella purtroppo non è cosi e in questi giorni si sta consumando l’ennesima “vergogna”, come ci raccontano i genitori, mentre se è vero che la scuola è integrazione, è vivere tutti insieme bene avrebbe fatto il dirigente scolastico a non acconsentire al trasferimento in altre sezioni degli alunni e a mettere ordine a tutto ciò.