Una lucida ed interessante rivisitazione, quella che viene svolgendo Erasmo Sorice, facendo lampeggiare le multicolori sfaccettature del caleidoscopio della memoria, per consegnare al lettore i profili del microcosmo della “sua” Avella, attraverso usanze, tradizioni e costumi, ma soprattutto persone, personaggi e personalità che, per l’intero arco del ‘900 e, segnatamente dagli anni ’30 agli anni ’60 del convulso Secolo breve, hanno connotato,impregnato e plasmato del loro vissuto- nella trama di speranze, progetti, illusioni e delusioni, gioie e sofferenze- la realtà sociale della città. Sono nitidi ed intensi flash back, con asciutti volti umani- segnati da rughe precoci- specie della “gente di fatica“, con storie di onesta ed operosa esistenza, il cui recupero e…messa in scena “dice” molto, suscitando ed alimentando palpiti di emozioni in quanti di quei tempi conservano vivide tracce o solo sfilacciate impronte, procurando, tuttavia, alle nuove generazioni significativi stimoli e utili motivi, per riscoprire in modo diretto le radici civili del proprio territorio e della comunità, di cui sono parte. Una riscoperta, che non può valere ad ipotecare e a condizionare la lettura, che già ritengono di dare del presente e che sono chiamate a vivere con autonomia di pensiero e giudizio; una riscoperta, che concorre a far …comprendere le contraddizioni e i multiformi aspetti del passato, discernendone luci ed… ombre, per commisurarlo con il tempo corrente..
Il cammino, intrapreso da Erasmo Sorice, ha l’insegna della collana “Gente e fatti della mia terra”, pubblicata dall’editrice L’Arca, con impaginazione di Rino Conte. Un’utile e congrua “operazione” culturale per la micro-storia territoriale, affidata ad una ricca e diffusa varietà di sequenze. Un impegno, che serve a nutrire la memoria collettiva ed approdato alla sesta …tappa, con la presentazione nella Sala di rappresentanza della civica amministrazione, nel palazzo ducale dei Colonna .Un “collage” di fotogrammi – come i precedenti che si sviluppa in un testo agile e snello, di godibile e rapida lettura- con la focalizzazione dei tratti d’ispirazione ed essenziali, sviscerati dall’analisi del professore Elia D‘ Anna. E c’era un attento quanto interessato pubblico, con il sindaco Domenico Biancardi a rendere gli onori di ospitalità e bei momenti musicali, proposti dall’Ensemble, diretto dal Maestro Egidio Napolitano. Intrigante ed appassionato l’impianto generale della narrazione, che l’autore sviluppa, integrandola con un ricco corredo fotografico, che ne costituisce l’efficace contrappunto esplicativo, conferendo autenticità realistica ai tasselli dei singoli racconti. Ed ecco sbalzare le storie di uomini e donne, la cui vita si é consumata nel lavoro- con la pratica di mestieri duri e faticosi- e nella piena dedizione alla famiglia; storie, a cui fanno da sfondo i quartieri della città, in particolare Cortabucci e San Pietro, in cui i legami famigliari, parentali e d’amicizia erano saldi nella sicurezza dell’identità dell’intera comunità cittadina e che avevano il loro fulcro nei cortili come nelle strade e piazze, in cui fervevano vita e tanta animazione, ma anche il pettegolo chiacchiericcio..
Rivive e si ritesse la grande storia- per tanta parte del Sud e del Veneto, per intenderci- del Sogno dell‘America, terra di libertà e di lavoro, con i flussi migratori dei primi decenni del ‘900 e dell’immediato secondo dopo-guerra mondiale. Una seconda patria d’elezione, che poteva diventare – e lo diventava- anche la..prima ed unica, il più delle volte, quella d’Oltreoceano, mentre i legami con la città del Clanio restavano integri e scanditi da periodici ritorni, in coincidenze con le festività patronali o, per lo più, d’estate. Vari sono i racconti, che l’autore dedica alle… Terre assaie luntane, raggiunte con i bastimenti, che partivano dal porto di Napoli, per attraversare il Tirreno e l’Atlantico in viaggi, che duravano fino a tre mesi, prima di sbarcare Ellis Island, il grande e lugubre presidio dei rigorosi quanto umilianti controlli igienico-sanitari e di ordine legale, a cui erano sottoposti i migranti – specie se provenienti dall’Europa mediterranea ed dall’Europa orientale- prima di poter accedere negli States. Un Centro d’accoglienza- come si direbbe oggi, con generoso eufemismo- così come sono in funzione sulle coste di Sicilia, per “ospitare” i migranti di quelle regioni d’Africa, rese povere e saccheggiate per secoli dal colonialismo occidentale. Migranti in fuga dalla fame e dalla miseria, per diventare “oggetti” della tratta umana dei nostri giorni, sottoposi alle più svariate forme di sfruttamento. Stracci d’umanità offesa e denegata..
Tra gli avellani d‘ America, spicca l’eccezionale vicenda di Pellegrino D‘ Avanzo, tra i più fidati collaboratori di Joe Petrosino, il poliziotto di Padula, la città dell’armoniosa e magnifica Certosa, ucciso in agguato di mafia nel 1909, a Palermo. Non é un migrante per necessità, Pellegrino D‘Avanzo, appartenendo ad una famiglia di condizione benestante e con proprietà terriere, ma ha il senso innato della lealtà, un’inesauribile dose di coraggio e spirito d’avventura; doti, corroborate e parlanti anche con l’imponente stazza fisica che si ritrova Poco più che sedicenne, dopo aver deciso di abbandonare gli studi in Agraria ed espletate le pratiche burocratiche necessarie, con l’avallo dei genitori e l'”atto di richiamo” dello zio paterno, che a Brooklyn gestisce un rinomato e ben frequentato bar, nel ‘900, giunge in America. Con Pellegrino, il bar incrementa ancor più il numero degli avventori e dei guadagni, “conquistando” larga popolarità nel quartiere della Little Italy. Ci “sa fare” e lo zio gli lascia “campo libero” nella gestione dell’esercizio. Una posizione, che lo espone, neanche a dirlo, alle insistenti richieste del “pizzo”, che gli arrivano dalla ” Mano nera“, la temuta organizzazione criminale, ancora in fase di formazione e composta da oriundi italiani. Pellegrino non cede alle richieste, ed affronta la banda del malaffare, nel proprio bar a porte chiuse, in un duello all’arma bianca, da cui esce vittorioso. E’ quanto basta, perché Joe Petrosino, a cui le autorità di polizia di governo statunitense hanno affidato l’incarico di comporre la squadra anti-crimine, per contrastare la “Mano nera“, chieda a Pellegrino D‘ Avanzo di farne parte. Il nuovo status ne cambia, però, radicalmente la vita. E la rende a rischio d’alta pericolosità, considerata l’invasività delle organizzazioni di mafia nel tessuto sociale. E così Pellegrino D‘ Avanzo, per garantirne l’incolumità, fa trasferire la famiglia che aveva formato – con tre figli, un maschio e due femmine- nella città natia. E da Avella la moglie ed i figli gli fanno giungere continue e preoccupate sollecitazioni, a rientrare in Italia. Il che avviene nel 1935.
Nel “collage“, spazio particolare é riservato dall’autore alle personalità che hanno onorato ed onorano la città, quali servitori dello Stato, tra cui il magistrato Michele Maiella, i prefetti Felice Albano, Benedetto Fusco e Pasquale Napolitano, l’avvocato di Stato, Giuseppe Albano. Personalità di eccellente formazione culturale, acquisita nel Ginnasio-Liceo “Carducci”, a Nola, ma anche di marcata caratura sociale, sul versante dei vincoli con le tradizioni cittadine e del territorio. Efficaci gli squarci, che Erasmo Sorice riserva ai mestieri, funzionali all’economia territoriale, fatta di autoconsumo e di scambi commerciali, ridotti all’essenziale, secondo il modello della comunità prevalentemente agro-pastorale, che non ancora aveva conosciuto gli stili del consumismo, innescati dagli anni ’60 del secolo scorso. Sono i mestieri del carbonaio, del mulattiere e del carrettiere, del barbiere, del marmista che lavora di fino con lo scalpello e via seguendo. Ed il posto …d’onore spetta ai maestri bottai, tra i quali eccellevano i fratelli Tulino, specializzati, per di più, nella realizzazione delle botti, in legno di ciliegio e borchiate di ferro. Erano le botti, che venivano utilizzate da quello che fu il polo conserviero del territorio intercomunale dell’area avellana, con il trattamento di solforazione delle ciliege ed un importante export fino a mezzo secolo fa, Oltre Manica e negli States.
Bello il “medaglione”, che l’autore riserva alla storica “Pasticceria Pesce“, attiva da oltre un secolo e mezzo, fondata da don Ernesto Pesce e fregiata da significativi riconoscimenti dell’aristocrazia napoletana dell’epoca. Un’attività di alti standard qualitativi e garbati rapporti con la clientela, proseguita dagli eredi diretti, Ernesto con la moglie Anna, mentre il testimone é ora nelle mani dei figli, Pasquale e Stefano Pesce. Un “medaglione”, che fa il paio con le due sale cinematografiche dell’ Augustus, già in esercizio negli anni ’20 , e della Sala azzurra, allestita, dopo gli anni della seconda guerra mondiale, nell’ex struttura dell’Ente comunale d’assistenza. Ad arricchire il lavoro del buon Erasmo, le spigolature su giochi, feste, riti religiosi, chiese e congreghe, facendo incontrare il lettore con la banda musicale, la lavorazione delle olive nei frantoi, la preparazione del carbone nei caratteristici “catuozzi” e della calce, nelle fornaci, le nostrane “carcare”. E viene ricordato ‘o vagnaturo, il lavatoio del Fusaro, in cui venivano fatte scivolare le pecore, per un abbondante bagno, prima di essere sottoposte alla tosatura, da cui si ricavava la pregiata lana, di largo utilizzo e…fonte di buoni guadagni, integrando al meglio i già buoni redditi garantiti dalla produzione di formaggi e ricotta. (Gianni Amodeo)