Domenica 8 Marzo al Teatro Comunale “Domenico Biancardi” di Avella l’associazione socio-culturale MELA, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, presenta l’iniziativa: “Donne e Amore: non facciamone una tragedia“.
Si comincia alle 18.30 con lo spettacolo “Tutta colpa di Shakespeare” della compagnia Iride. In scena Grazia D’Arienzo, Angela Rosa D’auria e Sonia Di Domenico per la regia di Simona Forte. I testi sono di Rosaria Carifano, le scenografie di Wanda Papa.
A seguire, breve dibattito partendo dallo spunto della pièce. Introduce Enza Luciano, consigliere comunale e Presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Avella e intervengono Mariangela D’Avanzo, psicologa e Ornella Petillo, presidente comitato Più Ari. Modera Roberta Mediatore, direttore di Irpinia Focus. In conclusione: mimose per tutte le donne e rinfresco per tutti. L’ingresso è libero.
«Siamo orgogliose di poterci esibire su di un palcoscenico irpino – dichiara D’Arienzo, cofondatrice dell’associazione culturale Iride e dell’omonima compagnia – Teniamo particolarmente a questo spettacolo, che prova ad offrire un punto di vista diverso sul tema della violenza fisica e psicologica sulle donne. Affrontiamo il discorso dal punto di vista della matrice socio-culturale e Shakespeare non è che un pretesto per prendere di mira quelle storie d’amore che, ben più scadenti della produzione del Brado, vengono indirizzate alle donne come “esempi” di grandezza del sentimento e in realtà non fanno altro che parlare di sacrifici e tormenti che vanno affrontati perché “altrimenti non ami davvero”.
Un ringraziamento speciale lo rivolgiamo all’associazione socio-culturale MELA, e alla consigliera comunale Enza Luciano, che hanno fortemente voluto il nostro lavoro per l’evento da loro organizzato, per un 8 Marzo di riflessione e contenuti».
La trama dello spettacolo:
Che succederebbe se le protagoniste delle grandi tragedie della letteratura potessero prendere vita? Fonderebbero il Comitato di Liberazione delle Eroine Tragiche e si organizzerebbero per protestare del modo in cui i loro autori le hanno tolte di mezzo. Desdemona, Ofelia e Giulietta, coordinerebbero i lavori, ma non mancherebbero idee e supporto da parte di tutte quelle donne-personaggio costrette all’uscita di scena da una trama per mano del protagonista maschile. Ci perdonerà il grande William Shakespeare se lo utilizziamo scherzosamente come pretesto per ragionare di un tema importante: troppi sono gli amori che terminano in disgrazia, e sempre più spesso con un femminicidio compiuto da fidanzati, compagni, mariti. Eppure le donne continuano a sospirare leggendo le immortali storie tragiche, come se fossimo intimamente convinte che un amore, per valerne la pena, debba essere costellato di ostacoli e angherie per essere considerato bello e importante. Le protagoniste di “Tutta colpa di Shakespeare” vogliono, invece, raccontarci una triste verità: continuare a perpetrare certe condotte e giustificare certi comportamenti del nostro partner non serve a molto. Una volte morte, non c’è più alcun amore da vivere, sognare, sospirare. Dunque lasciamo le tragedie ai libri e le lacrime ai film. Non è certo “tutta colpa di Shakespeare” se le cose nella nostra società vanno in un certo modo, ma cominciare a fare la differenza tra l’universo dell’immaginario e quello del reale può essere l’inizio di un cambio di rotta. L’educazione alla parità di genere passa anche dalla cultura, e dai punti di vista che provengono dai suoi strumenti.