Organizzata dall’Associazione avellana “Le Ali della Vita” si è tenuto nel pomeriggio di oggi la seconda edizione della gara del Carruocciolo. Diversi i partecipanti che si sono cimentati in questa disciplina, buona anche l’afflenza degli spettatori ma soprattutto curiosi che sono con la mente tornati indietro nel tempo, quando questo era un gioco molto diffuso tra i bambini degli anni ’60. Per essere pilota di carruoccioli o far parte di questo sport non è certo una cosa riservata a pochi come in tante discipline che richiedono una grande preparazione atletica ed altre capacità, basta un po’ di coraggio e un pizzico di pazzia come del resto in tutti gli sport che fanno della velocità il loro spettacolo. Il carruocciolo (una piccola macchina da corsa” fatta in casa “ con una tavola di legno, due assi e quattro cuscinetti a sfera) e molto di più. Lo strumento che regala l’adrenalina. Il veicolo per esternare idee e creazioni. La macchina del tempo per ritornare bambini. La consuetudine che si andava via via perfezionando verso la ricerca di sempre più nuovi particolari tali da rendere il carruoccioli più veloce. Insomma, dal gioco si è passati alla competizione. Ed è così che oggi si tiene conto dell’aspetto aerodinamico, del peso, delle misure e tante altri piccoli particolari prima di scendere in pista. Il carruoccio o carruócciolo, voce derivata dal latino medioevale carrocium, viene definito da Antonio Altamura una “base di legno su quattro rotelle, sulla quale i ragazzi corrono per le discese delle strade”. Francesco D’Ascoli lo descrive come un “carrettino formato di una tavola con quattro piccole ruote, di cui si servono i ragazzi per giocare”. Anche Giuseppe Marotta, nel libro “L’oro di Napoli”, lo chiama “carrettino”, aggiungendo però che si dovrebbe – piuttosto – dire: “una tavoletta su quattro rotelle di legno duro, fisse le posteriori e obbedienti le altre ad un rudimentale sterzo comandato da due cordicelle che il guidatore impugna come rédini…