Articolata e interessante conversazione, animata dal dottor Pellegrino De Rosa e dalla dottoressa Benedetta Napolitano. Primo piano per la cornice paesaggistica dei monti di Avella e del Partenio con i loro tesori botanici, espressione di naturalita’ da ri-scoprire.
Riflettori aperti sull’ambiente e, in particolare, sul territorio montano, il cui sinuoso e ondulato panneggio fa da verdeggiante cornice paesaggistica, a mo’ d’anfiteatro, per il contesto della Bassa Irpinia, nelle articolazioni della Valle dell’Alto Clanio, della Valle munjanense -attraversata dal torrente di Acqualonga – e – più oltre verso l’area nolana e vesuviana interna- del Vallo di Lauro. Un giro d’orizzonte a tutt’arco, per riscoprire profili caratterizzanti ancora integri e aspetti di avanzanti criticità eco-ambientali, ma anche quei segni di vegetazione naturalistica, che delle aree montane costituiscono elementi connotativi di vita, quali sono- insieme con l’avifauna- le erbe e le piante alimentari, scientificamente classificate come alimurgiche in generosa crescita spontanea, tra cui spiccano gustosi funghi e prelibati frutti di bosco; erbe e piante, la cui ricca variegata gamma di tipologie per secoli è stata patrimonio di cultura e conoscenza popolare largamente diffuso e soprattutto rilevante fattore di supporto dell’alimentazione di base delle comunità locali, se non esclusivo, in particolari condizioni d’emergenza per raccolti agricoli andati male o durante i tormentati periodi di carestia.
E’ un patrimonio conoscitivo – attualmente esclusivo appannaggio di pochi cultori ed esperti escursionisti di collaudato passo per boschi e sentieri d’altura – che si è andato disperdendo gradualmente con la scomparsa delle generazioni, nate a cavallo dell’ Ottocento e del Novecento, a fronte degli impetuosi e crescenti processi di trasformazione e di evoluzione della società; processi, scanditi dagli apporti del benessere materiale, con cui si sono venuti elevando gli standard dell’alimentazione, secondo i modelli dei consumi a scala capillare e di agevole approccio, in virtù dei sempre più estesi ed invasivi interventi della bio-genetica e della “chimicizzazione” in tutte le filiere delle produzioni agro-alimentari, migliorandone e incrementando, in genere, colture e rese. Un dato evolutivo, per il quale i fattori di positività e di progresso per l’umanità sono netti e innegabili, anche se è indubbio lo scotto delle penalizzazioni, che incide fortemente sulla sostenibilità ambientale.
Sono i modelli, che se sui versanti della “quantità” delle produzioni concorrono in modo attivo ed efficace a contrastare le carenze nutritive e la “povertà” alimentare quali fenomeni di massa, con le connesse patologie endemiche, così come si sono vissute e patite irreversibilmente nel passato, sui versanti della qualità non sempre valorizzano il cibo sano e la buona alimentazione; un limite, identificato dalle insidie delle molteplici forme del cibo–spazzatura, per non dire del cibo–taroccato, che condizionano la complessiva qualità della vita. E sul piano delle irrinunciabili ragioni, a sostegno della qualità della buona e sana alimentazione, coniugato con la sostenibilità ambientale, si pone il senso dell’impegno responsabile delle generazioni del presente, rispetto al futuro, specie nelle aree delle società sviluppate. Un percorso, per il quale torna di sicura utilità il recupero conoscitivo, con il relativo ritorno all’utilizzo, delle erbe e piante alimurgiche, nel segno della naturalità e in stretta correlazione con la tutela e salvaguardia del territorio montano. Come per dire un fattore di qualità, di cui ri-appropriarsi per la sana alimentazione, concorrendo, nello stesso tempo, a declinare e ad affermare il valore delle aree montane, da proteggere non solo quali presidii della conservazione del territorio e risorse paesaggistiche, ma anche quali depositarie di tesori di nutrizione, di cui l’uomo può beneficiare.
LA CULTURA CIVICA PER LA TUTELA DELLE AREE MONTANE.
LE MAGIE DELLE ERBE COMMESTIBILI NELL’ARTE DELLA CUCINA
E proprio l’importanza di ri-disegnare e ri-visitare il percorso, ch’è stato patrimonio di sapienza popolare delle comunità del territorio, in uno con le garanzie per la vivibilità dell’ambiente, è stata la chiave di analisi e riflessione, con cui si è sviluppata nei locali de “ L’Incontro ” l’interessante e ricca conversazione, animata dal dottor Pellegrino De Rosa, agronomo e autore di saggi e testi di carattere scientifico sulle specificità del territorio regionale e, in dettaglio, su quello della Bassa Irpinia, e dalla moglie, la dottoressa Benedetta Napolitano, a cui si deve un significativo testo, articolato in corpose settanta schede illustrative delle erbe alimentari, i cui cicli vitali si rinnovano da sempre sulle aree montane, testo arricchito dal corredo di ricette, i cui ingredienti sono le stesse erbe, e da un congruo apparato fotografico.
E’ un testo- guida per varie esperienze didattiche e formative, che l’autrice ha condotto con alcune comunità scolastiche – con la raccolta diretta delle erbe alimentari, andando per boschi- tra cui quelle dei plessi dell’Istituto comprensivo cittadino, di cui è dirigente il professore Felice Colucci . Dipanando il filo del “suo” Ricettario, ne presentava i caratteri più originali, che onorano l’arte della cucina semplice, ma di qualità. E c’è da dire che il testo sarà ri-stampato a breve, a cura dell’Ente provinciale per il turismo della provincia di Avellino, quale tassello-guida nel mosaico della conoscenza del territorio.
Dettagliato, convincente e argomentato con incisiva efficacia, l’approccio sviluppato da De Rosa sulla Montagna–risorsa onnicomprensiva, se la cultura sociale e le istituzioni la tutelano adeguatamente e con doveroso rispetto, senza abbandonarla a se stessa, ma vivendola – e facendola vivere- quale bene comune. E in questa prospettiva il livello di vigilanza e di guardia va tenuto alto, con costanza. Il ricco repertorio di diapositive proiettate e illustrate sulla tematica forniva dati di conoscenza sulle modalità e sulle tecniche, con cui i suoli e le aree montane si tutelano rispetto alle problematiche, da cui sono aggredite sempre più frequentemente, per gli effetti dell’erosione naturale, l’incuria, il disboscamento intensivo o l’impropria sostituzione di colture arboree con apparati radicali diffusi e profondi, con quelle distinti da apparati radicali “superficiali”.
Un campo aperto, che richiede sensibilità e cultura civica, sapendo utilizzare- per le criticità più marcate- le molteplici soluzioni, che l’Ingegneria naturalistica pone a disposizione con interventi mirati e strutturati, di cui un’applicazione è la stessa “Metodica”, le cui applicazioni sono state messe a punto da De Rosa, in ordine alle esperienze direttamente compiute sul territorio- segnatamente nell’area vesuviana- per prevenire e contrastare le insidie di smottamenti, frane e i rischi del dissesto idrogeologico. E supporto determinante per l’attuazione degli interventi d’ Ingegneria naturalistica sono certamente i materiali lignei di palificazione, ma soprattutto il buon livello di forestazione e boscosità, secondo una programmazione analitica delle specificità dei territori.