Un contributo al recupero e alla conservazione della memoria storica di Scisciano e San Martino sono le ragioni principali che hanno indotto l’autore Enzo Valletta, che natìo di Scisciano ma da anni ormai trasferitosi ad Avella, a realizzare “Il catasto Onciario”; che si prefigge di ripercorrere la storia demografica, sociale ed economica dei vari Casali di Scisciano e an Martino nel XVIII secolo. Questo studio sul catasto onciario di Scisciano e San Martino, una comunità nel territorio nolano -mariglianese, redatto nel 1746, è stato presentato sabato 7 febbraio alle ore 18.00 presso il Teatro Comunale di Scisciano.
Ai saluti del Sindaco, prof. Edoardo Serpico, hanno fatto seguito gli interventi della prof.ssa Giovanna Napolitano, Assessore alla Cultura, del preside Antonio Mucerino, autore dei volumi della collana “ La storia di Scisciano attraverso le sue famiglie” e dell’autore Vincenzo Valletta; moderatore Raffaele Ariola.
Il registro del Catasto Onciario di Scisciano, conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli col n. 1043, compilato nel 1746, è formato da 161 fogli e risulta mancante di atti Preliminari, di Apprezzi, di Rivele e di Discussioni mentre quello di San Martino, col n. 964, è completo ed è costituito da 322 fogli.
Con la pubblicazione del manoscritto, il Valletta porta alla luce il patrimonio dell’identità, nella continuità, di una Università con tutti i suoi valori racchiusi nelle persone e nelle loro famiglie, negli usi, costumi, tradizioni, arti e mestieri, impieghi e professioni. L’autore fa conoscere la realtà socio – economica di una popolazione in cui sono indicati redditi, rendite, profitti, patrimoni e tassazioni, unitamente alla struttura organizzativa dell’Università stessa con le sue autorità civili rappresentative e con il suo clero. Il documento, infatti, ci restituisce la descrizione precisa di una comunità rurale di metà Settecento – quella di Scisciano appunto. Per la sua valenza, il lavoro si colloca a pieno titolo tra le fonti storiche primarie del Territorio Nolano.
C’è da sperare che anche le microstorie, nelle quali riconosciamo le nostre radici profonde acquistino credito totale e diritto di cittadinanza presso la gente comune e presso le Istituzioni, e che, specialmente, entrino nella “didattica del territorio”, per la più completa educazione dei giovani. Infatti, se è vero che un popolo senza storia è un popolo senza vita, è altrettanto vero che anche una minuscola comunità, che non avesse conoscenza del suo passato, non potrebbe avere coscienza del suo presente, ma sarebbe una comunità anonima, insipida, assente e passiva, esposta e travolta dal gorgo degli eventi che disegnano il senso della vita e della storia.