La Coldiretti provinciale di Avellino informa che è stato rinviato il pagamento dell’Imu agricola, il cui termine era previsto per il prossimo 16 dicembre. “In provincia di Avellino è forte la preoccupazione tra gli imprenditori – rivela il direttore di Coldiretti, Salvatore Loffreda – il rinvio è un dato positivo che però non soddisfa pienamente le istanze del mondo agricolo. Appesantire ulteriormente gli oneri finanziari degli operatori agricoli con l’imposta IMU sarebbe una batosta per il settore, che pur in una situazione generale di crisi economica, riesce a tenere dimostrando vitalità economica e stabilità. Aggravare ulteriormente il carico fiscale – osserva Loffreda – significherebbe mettere a dura prova l’agricoltura delle aree interne che da sempre sono le più penalizzate. Auspichiamo, dunque, l’abolizione dell’Imu sui terreni rurali che riconosca il ruolo ambientale, sociale e culturale della nostra agricoltura. Tasse come questa – conclude il direttore di Coldiretti – scoraggiano nuovi investimenti, soprattutto da parte dei giovani che in questo momento possono fruire del piano di dismissioni dei terreni pubblici, anche in provincia di Avellino”.
ma il rinvio non basta perché posticipa solo di qualche mese un problema grave, che rischia di danneggiare i tanti agricoltori che operano in aree montuose e svantaggiate. Peraltro, in provincia di Salerno, si arriverebbe al paradosso per cui migliaia di terreni olivetati, quest’anno per la gran parte improduttivi, o interi boschi di castagne, da anni ormai colpiti da una grave malattia che ne hanno compromesso la redditività, vengano poi ulteriormente gravati da ulteriori imposizioni”. Per il presidente Sangiorgio, la Regione Campania deve avviare anche il percorso di ridefinizione delle zone svantaggiate, in modo da estendere l’esenzione ai terreni agricoli della provincia che insistono in zone difficilmente raggiungibili o a rischio spopolamento. “In un momento di crisi come quello in cui viviamo – prosegue Sangiorgio – l’IMU rischiava di affossare le imprese agricole che oggi sono tra le poche attività produttive che operano ancora sui territori rurali e dell’entroterra e che rappresentano la spina dorsale di intere comunità. La proroga – conclude – non rappresenta la soluzione al problema perché è necessario trovare una misura alternativa o correttiva all’Imu agricola”. I terreni agricoli non sono un asset patrimoniale soprattutto se coltivati da agricoltori ma un patrimonio alimentare perché sono l unico elemento con cui si produce cibo e pertanto va trattato in tal senso.
L’Imu dei terreni ex montani si avvia verso una proroga a giugno e il Governo punta a sfruttare questo tempo per individuare criteri un po’ più solidi con cui distinguere chi dovrà pagare da chi invece manterrà l’esenzione. Lo strumento tecnico per far slittare la scadenza, decreto legge da far confluire nella manovra o emendamento alla stessa legge di stabilità, sarà scelto a breve, ma la decisione politica è stata presa e sarà confermata stamattina dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta in risposta al question time al Senato. Nulla cambia, invece, per i terreni che già pagavano l’Imu con le vecchie regole.
La rivolta corale contro il decreto retroattivo spuntato in questi giorni, che ha coinvolto associazioni dell’agricoltura, professionisti e amministratori locali (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) sta dunque per ottenere un primo risultato. Il rinvio sarà accompagnato da una forma di “accertamento convenzionale” dell’entrata, perché i 350 milioni che i proprietari non più esenti avrebbero dovuto pagare sono già stati spesi nel mosaico delle coperture al bonus da 80 euro e a dicembre i conti dei Comuni non possono più essere corretti.
Il rinvio della scadenza, che con tutta probabilità sarà spostata a giugno del 2015 in concomitanza con l’acconto della futura «tassa locale», è però solo la prima mossa, perché anche i criteri utilizzati per individuare i nuovi contribuenti hanno bisogno di una revisione decisa se non vogliono andare incontro a un sicuro contenzioso. Per definire la geografia dei pagamenti, infatti, il decreto ha diviso i Comuni in tre fasce, sulla base dell’«altitudine al centro», misurata cioè nel punto in cui si trova il municipio: l’esenzione totale sarebbe stata limitata ai Comuni con altitudine superiore a 600 metri, mentre fra 281 e 600 metri l’Imu avrebbe evitato solo i terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali e nei Comuni fino a 280 metri avrebbe invece coinvolto tutti.
tendenziale del 5,1 per cento e congiunturale del 6,7 per cento. Un risultato che, purtroppo, vanifica i buoni risultati ottenuti fin dal 2011. Il presidente della Cia Giuseppe Politi: nel settore c’è ancora vitalità, però gli oneri opprimenti, a cominciare dall’ingiusta imposta sui fabbricati rurali e sui terreni agricoli, stanno danno un colpo micidiale alle aziende. Una situazione difficile che la crisi politica rischia di aggravare. La prossima legislatura deve segnare un’indispensabile svolta.
“L’agricoltura paga pesantemente l’ingiusta e opprimente Imu sui fabbricati rurali e sui terreni agricoli, gli alti costi produttivi e contributivi, l’asfissiante burocrazia, i prezzi all’origine che continuano a non essere remunerativi e le conseguenze disastrose del maltempo (siccità in particolare) che hanno colpito diversi comparti. Tanti fattori negativi che hanno impresso una preoccupante inversione di tendenza nel settore primario che, nonostante la complessa congiuntura, aveva segnato fin dalla metà del 2011 una lenta ma progressiva crescita. Una situazione estremamente difficile che la crisi politica rischia di aggravare ulteriormente. Per questa ragione sottolineamo l’esigenza di elezioni al più presto, in modo che ci sia una maggioranza chiara in grado di adottare politiche incisive e di ridare così fiato all’imprenditoria”. E’ quanto afferma il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi in merito ai dati del Pil diffusi oggi dall’Istat.
Sotto i colpi degli oneri che le aziende agricole sono costrette ad affrontare, il valore aggiunto del settore -ricorda la Cia- è diminuito nel terzo trimestre del 2012 del 5,1 per cento in termini tendenziali e del 6,7 per cento in termini congiunturali. “La grande vitalità delle imprese agricole -commenta Politi- è stata fiaccata sempre più in questi ultimi mesi. Per gli imprenditori agricoli è una continua corsa in salita. Occorrono in tempi brevi misure efficaci e soprattutto una strategia che guardi seriamente all’agricoltura che ha tutte le potenzialità per contribuire alla crescita del Paese. Insomma, una nuova politica agraria nazionale”.
“La situazione delle aziende agricole -aggiunge il presidente della Cia- è, quindi, tornata ad essere molto critica, anche a causa del maltempo. La siccità ha avuto effetti pesantissimi in molti settori produttivi. Ecco perché auspichiamo con forza che nella prossima legislatura il nuovo Governo e il nuovo Parlamento affrontino in maniera concreta i problemi della nostra agricoltura. Non è pensabile di disperdere una risorsa fondamentale per riprendere la via dello sviluppo e della competitività”.
“Gli agricoltori italiani -afferma Politi- oggi sono costretti a operare in un contesto carico di ostacoli. Per comprendere la delicatezza del momento, è sufficiente vedere gli effetti devastanti che sta provocando l’Imu e il ‘caro-gasolio’ sulle aziende, sempre più oberate dai costi che riducono l’azione sui mercati, comprimono gli investimenti innovativi e frenano qualsiasi slancio imprenditoriale. Il tutto aggravato da prezzi all’origine che non coprono gli oneri pagati dai produttori. E in questo modo i bilanci vanno irrimediabilmente in rosso”.
“Negli ultimi dieci anni -avverte il presidente della Cia- oltre 500 mila imprese agricole, in particolare quelle che operavano in zone di montagna e svantaggiate, sono state costrette a chiudere. I dati del terzo trimestre 2012 mettono in evidenza uno scenario allarmante che rischia di divenire drammatico se non si imprime una svolta radicale, soprattutto in vista della riforma della Pac, che inevitabilmente sarà chiamata a segnare il futuro dei nostri agricoltori”.