TERZA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B – Dal Vangelo secondo Marco 1,14-20
La prima lettura che la liturgia della Parola di questa domenica ci propone, è una meravigliosa parabola, con nomi e luoghi precisi per ricordarci che la situazione della parabola è presa dalla vita e si ripete nella vita di ogni giorno. Dio chiama Giona, cioè l’uomo, perché sia lui a parlare in nome di Dio.
Giona si decide a collaborare con Dio, parla a nome Suo anche se ciò è scomodo, controcorrente e rischioso. Ma è pur sempre un gesto di carità. Infatti, raggiunge Ninive e contesta lo stato di corruzione in cui si ritrova.
Voler bene a volte significa anche rimproverare; voler bene significa anche dire la verità; voler bene significa anche contestare un comportamento, affinché la vita si rinnovi.
Giona, però, non riesce ad accettare la conversione di Ninive e l’immediato perdono da parte di Dio. Egli non si rivela pronto per la misericordia. Tutta questa bontà da parte di Dio gli risulta assurda, esagerata e veramente inaccettabile. Preferirebbe un Dio più punitivo, vendicativo ed intollerante. Non scandalizziamoci, questa è una situazione comune. E’ il rischio dei collaboratori di Dio, è il rischio dei cristiani di tutti i tempi.
Nel Vangelo, Gesù con il suo comportamento, conferma lo stile che Dio ha costantemente rivelato nella storia di Israele.
Gesù chiama alcuni pescatori di Galilea, poveri, semplici perché nel cuore degli arroganti non si può dare spazio a Dio, li chiama perché stessero con Lui, perché credessero nella Sua persona, perché ne parlassero con gli altri.
Dio chiama perché Dio ama … e tutto il Suo amore lo dimostra proprio nel renderci responsabili.
Don Giuseppe Parisi