Mi sento poco fiera di vivere in questa regione tutte le volte che penso all’ennesimo ragazzo di 18 anni in sella ad uno scooter, il cui cadavere é in mezzo alla strada, semicoperto dal solito lenzuolo bianco nei pressi delle “case celesti” di Secondigliano. Si tratta di un ragazzo morto perché prima affiliato al clan dei Di Lauro e poi passato a quello degli Scissionisti. Il quadro é completato dalla presenza di tante persone affacciate ai balconi e perfino bambini. Come ben evidenzia anche Raffaele Cantone nel suo libro “operazione penelope”, il ragazzo ucciso é ben vestito: abiti e accessori firmati. Cantone paragona l’ultima moda esibita da questo ragazzino allo squallore del quartiere in cui aveva vissuto ed é poi morto. Viene da chiedersi, continua Cantone, a che serve arrestare persone, sgominare clan, sequestrare beni ai boss, se i modelli culturali di questi ragazzi sono gli abiti e gli accessori firmati, e per ottenerli sono disposti ad ammazzare e a farsi ammazzare? Una mattanza continua per scarpe e vestiti, mentre c’è tutto un mondo che usa questi ragazzi, i ragazzi di Gomorra, per comprare yacht e auto di lusso o per gestire imprese, voti e potere! Quando ci sono eventi come questi, arrivano cronisti da ogni parte, che sembrano, tuttavia, più che altro preoccupati di cogliere l’aspetto folcloristico di questa tragica realtà. Arrivano le tv il cui principale obiettivo é catturare le immagini da cassetta … come quelle di uno spaccio per strada (magari, in realtà, recitato ad arte) da trasmettere ad un pubblico affamato di emozioni forti. La stessa cosa capita anche quando magistrati e polizia mettono a segno dei successi importanti. Dopo pochi giorni i riflettori si spengono e della faccenda se ne occupano solo gli addetti al settore. Vi è una totale superficialità a considerare il fenomeno dei clan. Perché la camorra é riuscita a farsi passare per una mafia minore, per una forma di gangsterismo urbano. Anche gli studiosi della camorra hanno concentrato i loro sforzi esclusivamente sulle realtà criminali attive in città. Oppure su alcune vicende importanti che da sole non erano in grado di rappresentare la complessità del fenomeno. É così che si é alimentato, per esempio, lo stereotipo di un’origine popolare della camorra, contrapposta a quella borghese della mafia. In realtà, questa analisi coglie solo alcuni aspetti della criminalità cittadina ed ha finito per fornire una sorta di giustificazione sociale. Di conseguenza, forse involontariamente, si é stati indotti a sottovalutare la capacità d’infiltrazione nel mondo delle istituzioni ed i gravi rischi che ha comportato e comporta per l’economia del paese. La stessa stampa locale per lungo tempo ha messo in risalto solo la camorra che opera nelle città, lasciando alle pagine di cronaca interna l’analisi di quanto avveniva in provincia. Anche se era proprio lì che stava nascendo una criminalità ancora più potente e strutturata, simile alla mafia. Tra le entità più pericolose, il clan dei Casalesi è quello diventato tristemente noto in tutta Italia. Anche le istituzioni nazionali si adeguano spesso ad una visione semplicistica della camorra. Pensano di poter arginare il fenomeno inviando un manipolo di poliziotti in più, sia pure per un breve periodo e finché dura l’emergenza mediatica. Ma la camorra non è un fenomeno di folclore, come quello descritto da alcuni cantanti neomelodici nelle canzoni tipo ” ‘o latitante “! Ha il controllo ferreo del territorio al pari delle altre forme di criminalità organizzata. É capace di insinuarsi nelle attività imprenditoriali, non solo cittadine ma anche nazionali, investendo grandi somme di denaro in iniziative apparentemente lecite che, tuttavia, inquinano in modo irreparabile l’economia dell’intero paese. É un fenomeno che reca danni all’ambiente e produce una innumerevole quantità di vittime. E le vittime della camorra non sono solo quelle come il ragazzo di 18 anni di cui ho detto prima, sono anche i morti ammazzati per sbaglio com’é capitato alla giovane Annalisa Durante. MA LO SIAMO ANCHE TUTTI NOI. Un tempo si poteva fare il bagno a Castel Volturno. Oggi no perché l’acqua del mare é inquinata, perché non esiste più la spiaggia perché la sabbia é stata utilizzata dalle imprese di costruzione della camorra che la impiegano nei lavori che svolgono nel nord Italia, partecipando alle gare d’appalto con prezzi al ribasso. Sicché oggi manca la spiaggia con la conseguenza che non è più il fiume Volturno che si riversa nel mare ma è il contrario: in questo modo nel fiume Volturno si possono pescare le spigole, un pesce di acqua salata e non di acqua dolce! Se fin’ora, tuttavia, ho spiegato le ragioni per cui non mi sento fiera di essere campana ora dico quando e perché si risveglia in me l’orgoglio di appartenere a questa terra. Mi sento fiera di esserlo quando ci sono semplici cittadini che non hanno paura di affrontare a viso aperto il mostro esistente, anche con azioni come l’iniziativa con cui si chiede la bonifica della c.d. “terra dei fuochi“, perché se si vuole vincere le mafie le azioni vanno riempite di una carica evocativa uguale e contraria a quella a cui le stesse organizzazioni criminali sono capaci … la carica evocativa contenuta anche in una petizione come questa.
Vincenza Luciano