Da un lato, chi avrebbe preferito destinare la fruizione dei reperti ai luoghi deputati per antonomasia alla loro conservazione. Dall’altro, chi invece propende per portare la cultura tra la gente evitando così la sua trasformazione in prodotto di nicchia. Nel mezzo le polemiche ad Avella. Quelle che hanno caratterizzato i giorni successivi alla kermesse “Pane, Ammore e Tarantella” nel corso della quale è andato in scena anche il “Museo Archeologico all’aperto”.
Degno sostenitore della prima posizione è Armando Sodano, curatore del blog informativo AbellArte. «Avella possiede tesori che vanno tutelati e che non possono essere svenduti o messi a repentaglio, solo per fare un po’ di scenografia. Nella nostra comunità – prosegue Sodano – c’è un entusiasmo generale che però rischia di far perdere la bussola. Le associazioni sono tante. Ognuna fa qualcosa ed è giusto che lo faccia. Ma non è possibile che per ogni kermesse si richieda la possibilità di fruire dei reperti archeologici. Gli eventi, in altre parole, finiscono per strumentalizzare la cultura, senza ricadute su di essa ma solo nell’interesse dell’evento stesso».
Sodano rafforza il proprio ragionamento tirando in ballo la sicurezza dei reperti. «Si tratta di resti archeologici di 2500 anni e più, che raccontano la storia, che dovranno continuare a raccontarla per molti anni ancora. Mi chiedo: per quanto tempo ancora potranno continuare a raccontarla, la storia, se si persevera a utilizzarli in questo modo? Non bisogna dimenticare, inoltre, che siamo ad Avella, il regno del vento, forte ed improvviso. Non c’è stato, ma se ci fosse stato altro che vigilanza. Ecco perché mi meraviglia, non poco, come la Sovrintendenza abbia potuto autorizzare una simile iniziativa».
Le considerazioni di Sodano non sono però condivise dalla dottoressa Raffaela Bonaudo, funzionario della Sovrintendenza presso la sede di Avella. E’ stata proprio lei ad autorizzare il “Museo Archeologico all’aperto” e ci spiega il perché. «Non ci vedo nulla di scandaloso. L’obiettivo della Sovrintendenza è quello di aprirci sempre più al pubblico e al territorio», replica subito la Bonaudo, che poi esplicita ancor più compiutamente il proprio pensiero. «Facciamo gli straordinari per allungare l’apertura dei musei, ma le persone non si avvicinano – continua – Da qui lo sforzo di portare l’archeologia tra la gente. Personalmente, non mi appartiene l’idea che la cultura possa essere riservata solo ad un pubblico di nicchia. Inoltre, poiché stiamo stati ad autorizzare il museo all’aperto, posso dire con assoluta certezza che le due manifestazioni, quella culturale e quella gastronomica, si sono svolte in maniera del tutto separata».