Di terra di “cerniera”, per il nostro territorio, si è sempre parlato. Ricordo nelle nostre sezioni, frequentatissime da tanti giovani – più “idealisti” che “comunisti” – l’argomento era proprio questo: il nostro territorio come “terra di cerniera” tra due realtà contrapposte e il cavallo di battaglia era proprio la “Città del Baianese”. Un errore!
– Perché Il nostro è un territorio di confine, costretto ai margini di una catena montuosa che ne impedisce persino la visione verso est, dove si allunga l’Irpinia, la nostra Provincia, troppo lontana, quindi, persino dal nostro sguardo.
– Perché ci mancano secoli di storia per essere una città. La conurbazione, che ci fa somigliare – soltanto fisicamente – a una città, si è avuta in un lasso di tempo troppo veloce e breve perché si sia potuta trasformare nella città idealmente tale – è soltanto a partire dagli anni 70, dopo secoli di isolamento, che i vari centri si sono fusi e confusi. Troppo poco tempo per cancellare quelle diversità che, secondo me, restano una ricchezza e vanno tutelate, dando al tempo e allo nostra intelligenza trovare nuovi valori e interessi che possano “unificarli”.
– Perché, inoltre, l’Unione dei Comuni è soltanto un’emergenza, un ripiego e un rimedio, una pezza per rattoppare una coperta sfilacciata – che la politica, quella con la p minuscola, ha deciso debba essere tessuta con i fili dell’economia che guarda soltanto al profitto e non più ai valori – per porci soltanto al riparo da un “legislatore centrale” sempre più arrogante e ignorante. Io non credo che debba essere così e sono convinto, lo spero, che fra non molto non lo sarà più.
Franco Scotto, nella sua nota pubblicata qui su Bassa Irpinia, scrive del rischio di essere “fagocitati da Napoli”. Ma non lo siamo già? Riporto l’esempio che spesso lui stesso cita: “ci spostiamo da Baiano a Mugnano o da Avella a Sirignano, ecc., per prendere un caffè. Ma ci siamo accorti che siamo sempre in meno a ritrovarci nei nostri luoghi? I nostri centri stanno diventando sempre più vuoti, soprattutto nei momenti che, invece, dovrebbero essere più pieni. La nostra gente e i nostri giovani sono “fagocitati” da quella terra che volge ad ovest. Ma “fagocitati” non è l’espressione giusta. Ha usato un termine che trasmette timori, e non so perché debba far paura l’area metropolitana di Napoli. Quello giusto è, secondo me, “attratti”, attirati, come per magnetismo, forse perché è proprio lì, e soltanto lì, che volge il nostro sguardo. Perché lì c’è, oltre a quelle negatività che ci spaventano, un’infinità di storie e culture che potrebbero integrarsi con quella nostra e addirittura completarsi con quel paesaggio che a loro manca. E’ un sfida che va colta per migliorare noi stessi, al cui cospetto non si può e non si dovrà arretrare.
Sia benedetto quel giorno che sarà completamente cancellata, per noi, la provincia. Sarà un grande giorno per la nostra terra. Non saremo più feudo, non più terra di asserviti. Inizieremo a camminare sulle nostre gambe e a pensare con la nostra testa. I segnali già ci sono, questo suo invito alla discussione ne è un esempio.
Se è bastato soltanto un annuncio per far tremare il “palazzo”, i cui occupanti ora soltanto ne stanno comprendo le conseguenze del rubinetto secco, svestendosi così della superbia di cui fino a poco tempo ne facevano mostra, qualcosa è maturato e si è aperto uno spiraglio.
La Provincia di Avellino è stata, per noi, una sorgente, una comoda scorciatoia alla quale ci si è abbeverati, soltanto in pochi furbi e opportunisti.
Al di qua, invece, verso ovest, c’è un mare immenso e aperto dove navigare. L’Unione, se non è una zattera galleggiante zavorrata di vecchio, come un veliero, superbo e veloce, potrà navigare libero alla ricerca di nuovi e floridi lidi.
Non c’è d’aver paura! (Armando Sodano)