di Saverio Bellofatto Prima dell’apertura del sipario il poliedrico Presidente dell’Associazione Mela Riccardo D’Avanzo ha presentato il progetto “ Teatro Sotto le Stelle” rassegna promossa dalla stessa associazione da otto anni nel giardino del bellissimo Palazzo Baronale di Avella “ Alvarez De Toledo” che si tiene come consuetudine nel mese di Luglio nell’ambito dell’estate avellana. Molte le compagnie teatrali sia professionistiche che amatoriali che sono state ospitate nella kermesse. Gli appuntamenti invernali e primaverili invece si presentano bene sul palcoscenico del Teatro Comunale Biancardi, di piazza convento diventata fucina di eventi culturali e di spettacoli. Dare spazio ai giovani, creare aggregazione e coesione sociale, questi gli obiettivi della Mela, che sono stati acclarati dalla presenza della bellissima Serena Bianco Bevilacqua presidente del Forum dei giovani e di recente anche coordinatrice della Consulta delle Associazioni avellane ( che non sono poche) e in questa particolare occasione anche nel ruolo di attrice della commedia edoardiana “ Ditegli sempre di si” Trama: Michele Murri torna a casa dopo un anno di manicomio, apparentemente guarito. Ma a contatto con la realtà la sua malattia torna presto a manifestarsi, sotto forma di una imbarazzante incapacità di registrare metafore ed ambiguità verbali. Michele è dunque un pazzo vero, fissato sulle parole, che interpreta qualsiasi frase alla lettera creando così equivoci e fraintendimenti. La sorella vedova che si prende cura di lui non riesce ad arginare la situazione fino in fondo, e quando la follia arriva a mettere a rischio una vita umana il destino del malato è designato: deve rimanere chiuso al sicuro dal mondo. Recensione: L’apertura del sipario su una sintesi scenografica che registra un mondo esterno “a capa sotto” è illuminante: la stortura, l’irregolarità, l’anormalità è FUORI da casa Murri. Eppure fin dalle primissime battute si recepisce che la tara, la malattia, la follia di Michele secondo l’opinione corrente è un’onta, e va pertanto tenuta nascosta. Lui rientra dopo un anno di manicomio e manifesta una sempre più evidente incapacità di adattamento al modo di esprimersi corrente, ad una lingua fatta di ambiguità lessicali che permettono di comunicare attraverso metafore, figure retoriche, “falsità”, insomma. Il bisogno patologico di interpretare tutto in modo letterale conduce il gioco attraverso un intreccio di situazioni comiche, in stile classico Eduardiano, dove i personaggi assumono profili macchiettistici. La chiave interpretativa è dunque l’ironia, e la scelta stilistica è volutamente enfatica e caricaturata; a fare da ago della bilancia spicca nel variopinto caos generale, magistralmente composta, la recitazione di Teresa. Mentre la follia di Michele, interpretato dallo stesso regista Riccardo D’Avanzo, si risolve in tic espressivi e nel tormentone filosofico della sua monotematica interpretazione dei discorsi, l’aplomb della sorella ed il suo senso della realtà sono il contraltare illuminato che conduce alla riflessione etica. Accanto a loro un terzo carattere fondamentale, alter-ego di Michele, non malato ma “creativamente anarchico”, il giovane Luigi – Rosario Amato, surreale e poetico personaggio che, pur nella comicità caricaturale, per la ricca espressività corporea ha la grazia leggera e variopinta di un colibrì. L’indagine speculativa sulla pazzia non è certo una novità nel teatro, ma in genere ha connotati diversi. In questo testo di Eduardo de Filippo, scritto nel 1925 in pieno regime fascista e dunque fortemente “politico”, è invece evidente la tesi morale: la società ottusa, ipocrita e conformista mette inesorabilmente all’indice chi è “diverso”, estromettendo quindi inevitabilmente i pazzi “veri”, come Michele, ma anche gli estrosi, gli stravaganti, come il giovane e spiantato artista Luigi, che non potendo proteggersi neppure dietro la facciata della patologia medica è il vero escluso. Dopo un lungo susseguirsi di gag e nonsense, che trasportano il lavoro su un piano di puro divertissement, il finale vira repentinamente al drammatico con un effetto inaspettato e straniante. Negli ultimi minuti di rappresentazione si squarcia il velo della comicità, la situazione si capovolge ed improvvisamente appare la verità vera dei fatti: la follia emerge in tutta la sua umana pietà trovando l’unica possibile definizione nella patologia, mentre la gioiosa e creativa vena poetica di Luigi non riesce a trovare alcuna collocazione sociale sensata, e rimane, soltanto lui, “a capa sotto”. L’attualità del testo di Eduardo interpretato in chiave farsesca conserva la denuncia morale: nella società “civile” non c’è spazio per la pazzia, né se patologica né tantomeno se creativa. Tutti bravi gli attori : CARMELA GAGLIONE ( Checchina), ANNAMARIA MONTUORI( Teresa), PIETRO GRASSO( Giovanni), ROSARIO AMATO ( Luigi) , RICCARDO D’AVANZO ( Michele Murri), VITO MOLARO ( Croce), CARMEN CANONICO ( Evelina), FULVIO CERVELLONE ( Vincenzo), SERENA BIANCO BEVILACQUA (Olga), ERNESTO SASSO (Ettore), PASQUALE D’ONOFRIO (Attilio), ANITA SCOTTI (Saveria), PAOLA GIGANTE ( Filomena) NICOLA D’ANNA ( Fioraio). Un organizzazione perfetta con direttore di scena Umberto Albanese coadiuvato da Antonio Siconolfi, Francesco Ciardi, Antonio Tedesco, Luca D’Avanzo, Massimo Gaglione Costumi e trucchi di Antonietta D’Anna, Maria De Stefano, Michela D’Avella Gestione organizzativa Francesco D’Anna Grafica Genial Communication UN APPUNTAMENTO DA NON PERDERE OGGI E DOMANI SI REPLICA! |