Arriva il nuovo anno scolastico, carico di speranze ed attese. E per i ragazzi e le ragazze, che frequenteranno la “primaria“, all’ingresso del plesso di via Sant‘ Elia c’é la novità della targa, che intitola la struttura alla memoria di don Ennio Pulcrano, parroco di lungo corso nella laboriosa comunità cittadina. Una presenza attiva e costante, nella riservata discrezione, che ne connotava lo stile di vita, alla luce di una profonda preparazione culturale, ancorata alla visione della teologia cristiana ed ai valori del Vangelo. Una presenza di servizio e di disponibilità piena verso gli altri. Aver dedicato la scuola primaria alla sua memoria, deliberata all’unanimità dal civico consesso dell’Ente di piazza Lauro, rappresenta il riconoscimento dovuto al rapporto umano, che aveva instaurato con i cittadini ed i fedeli. Una testimonianza di particolare rilievo, connessa com’é al mondo della scuola, a cui prestava notevole attenzione.
Risale al 27 giugno scorso, la cerimonia d’intitolazione del plesso scolastico, con la celebrazione eucaristica, officiata- nell’antica Chiesa patronale dedicata a Sant‘Elia – dal vescovo di Nola, monsignor Beniamino Depalma , che, nell’omelia della domenica del 30 giugno, dedicata alla Giornata per la carità del Papa, si soffermava sul racconto, tratto dal primo libro dei re, ed ispirato dal mantello, simbolo del dono profetico, che Elia getta sulle spalle di Eliseo, intento ad arare i campi. Un atto, con cui il contadino Eliseo diventa erede del grande profeta Elia nel diffondere i valori cristiani I passaggi più marcati dell’omelia erano riservati dal presule alla lettera di San Paolo apostolo ai Gàlati, sui temi della libertà, dell’amore e del servizio vicendevole, che gli uomini sono chiamati a “darsi gli uni con gli altri”, anziché rendersi schiavi di passioni e beni terreni, in duri contrasti ed atroci conflitti; temi, che costituiscono l’essenza del Vangelo di Gesù e della fede.
Tra i partecipanti, i rappresentanti istituzionali e delle associazioni del territorio, i familiari di don Ennio Pulcrano, tra cui il fratello, l’ingegnere Modestino, già preside dell’istituto tecnico industriale “Eugenio Barsanti” di Pomigliano d’Arco, i nipoti Franco – ch’é stato attivo presidente nazionale dell’ Azione cattolica – e Pasquale Miano, docenti universitari, e i tanti, che del compianto sacerdote, scomparso nel febbraio del 2003, hanno avuto modo di conoscere sia la sensibilità spirituale che l’impegno d’apostolato lineare e coerente.
Da citare le riflessioni, dettate per la circostanza dal sindaco Marco Alaia : ” Con l’intitolazione della Scuola primaria a monsignor Ennio Pulcrano, l’amministrazione comunale non solo ha interpretato il comune sentire e pensare delle famiglie e dei cittadini, ma ha anche inteso onorare con un tangibile segno di ricordo il ruolo di servizio e dedizione, che per tanti anni ha esercitato nella nostra comunità. Un riconoscimento sentito, ma soprattutto doveroso. E’ giusto rendere testimonianza di memoria verso coloro che operano per il bene della comunità”.
RICORDI IN SCRIGNO – Ordinato sacerdote il 28 giugno del 1953, don Ennio Pulcrano, prima di approdare- nel 1959– alla cura della comunità parrocchiale di Sant‘Elia, per incarico conferito dall’allora vescovo della diocesi paoliniana, monsignor Adolfo Binni, ha maturato a Baiano le prime esperienze di giovane prete, coadiuvando don Stefano Boccieri e don Aniello Sales, titolari delle parrocchie delle Chiese di Santo Stefano protomartire e dei Santi Apostoli; e in quest’ultima era -ed é- “incardinata” la Chiesa-cappella di San Giacomo Apostolo, che s’affaccia sull’omonima strada.
Un’azione, quella di don Ennio, ch’era anche di sostegno- com’era consuetudine del clero locale- per le attività formative e pastorali delle Suore della Carità, che per un secolo e mezzo circa hanno curato e programmato in modo proficuo la gestione dell’Asilo infantile comunale, vero e proprio fiore all’occhiello di tutte amministrazioni, che dagli anni ‘ 80 dell’ Ottocento agli anni più recenti si sono susseguite nel palazzo municipale di corso Garibaldi, formando intere generazioni. L’Asilo era allocato nello storico del palazzo Spagnuolo, di proprietà privata, significativo modello di sobrio e lineare impianto architettonico – con un fronte dirimpettaio della Chiesa dei Santi Apostoli e l’altro affacciato su piazza Giovanni Napolitano, con permanente esposizione a mezzogiorno- caratterizzato dall’ampia corte e da un gioiello di giardino, in cui spiccava l’armoniosa composizione delle ben tenute aiuole, con l’esplosione di fiori variopinti in primavera, e di un bell’ aranceto. E senza dire dall’equilibrata funzionalità degli ariosi ambienti, con porte, infissi e doppi battenti in legno per finestre e balconate, espressione di raffinata elaborazione artigianale, che nessuno ormai é più in grado di praticare, e di cui persistono segni ancora “parlanti” in quel che ne resta, ad iniziare dal portone d’ingresso, con l’ accogliente androne connotato dall’elegante pavimentazione in pregevole quanto rara bianca pietra vulcanica. .
Una testimonianza d’interessante “edilizia di qualità“- tra le poche del tessuto urbano- che,però, negli ultimi decenni é stata aggredita da una progressiva e rovinosa fatiscenza, quasi cancellando-fisicamente- le tracce di memoria delle generazioni ora adulte ed impresse proprio negli ambienti di quello che fu il…bel palazzo Spagnuolo, in cui hanno appreso i primi elementi del “far di conto” e del leggere, memorizzando canti e poesie, intrecciando mille giochi, che a stento si ricordano e meno che meno si..praticano.. E sarà opportuno annotare che le Suore della Carità nella loro lunga “storia” vissuta nella comunità locale hanno svolto, a cavallo delle due guerre mondiali, un’importante e rilevante ruolo di promozione e di aggregazione sociale per le giovani generazioni di donne, promuovendone l’applicazione nell’’arte del ricamo e del cucito. Un ruolo socializzante, che sembra poco o nulla con gli occhi di oggi, ma non certo in retrospettiva.
Non va dimenticato che la frequenza delle scuole superiori e dell’ università era- per le donne- una sporadica e rara realtà, una scelta di sensibilità e d’animo forte, oltre che di condizioni economiche, gravata, com’era, dai pregiudizi, alimentati già in famiglia, nelle chiusure socio-culturali dei tempi. E le poche famiglie, che avevano la possibilità di “mandare i figli a scuola“, preferivano investire solo nei figli maschi, con esiti non sempre lusinghieri e spesso con solenni “fallimenti”…dei tanto coccolati rampolli, ma costosissimi per le famiglie stesse, soprattutto per il mantenimento “in pensione” a Napoli o addirittura Bari, per gli studi universitari. Una distorsione di mentalità sociale, che ” faceva fermare” le figlie, ancorché ben dotate in intelligenza e volontà, al conseguimento del titolo di “licenza elementare” e, nella migliore delle ipotesi, al conseguimento del diploma magistrale. Una straordinaria eccezione erano le donne laureate, al punto che negli anni ’50 del secolo scorso, se ne contavano soltanto tre. Di cui due in Chimica ed una in Matematica, , con brillanti carriere nella scuola e nell’industria.. Una condizione, che la conquista e la diffusione dei valori della democrazia e della libertà é venuta cancellando e superando gradualmente, fino alla soglia della normale e giusta parità di genere dei nostri giorni.
IL RUOLO DELL’AZIONE CATTOLICA – Chiuso l’excursus, c’è da evidenziare che don Ennio Pulcrano – veniva da Pomigliano d‘ Arco, dov’era nato e dove vivevano i familiari- profuse largo e metodico impegno, per far radicare nel tessuto cittadino l’ Azione cattolica, soprattutto sul piano della promozione associazionistica delle attività culturali da coniugare con quelle sportive, catalizzando la generalità dei ragazzi e dei giovani della comunità. Un radicamento, le cui basi erano già state poste negli anni successivi al dopo-guerra con le esperienze maturate da don Sabatino De Martino, vulcanico ed estemporaneo vice-parroco, ricco d’iniziative, che sul finire degli anni ’40 “scoprì” Conca dei Marini,-non ancora perla del turismo della costiera amalfitana- quale meta…extra-territoriale del primo ed avventuroso campeggio estivo dell’Ac. Ed il radicamento, ci fu, consolidandosi, successivamente, soprattutto con le esperienze fatte maturare dall’attività di don Pasqualino Sepe, prematuramente scomparso, anche quando don Ennio si era trasferito nella vicina Sperone
Fulcro….logistico dell’ Azione cattolica– ovvero della Gioventù italiana d‘azione cattolica – evaporata tra gli anni ’60 e ’70- era l’intera struttura della “Casa canonica”, pertinenza della Chiesa parrocchiale di Santo Stefano, messa a piena disposizione per le attività associazionistiche che si svolgevano dal parroco don Stefano Boccieri. Un uomo di eccellente e larga cultura letteraria, mai esibita né ostentata, era don Stefano Boccieri,, autore di due agili testi, uno dedicato alla biografia di Santo Stefano protomartire della cristianità, e l’altro, permeato di fine ironia e sicura verve narrativa, intitolato Briciole, una …radiografia soft su vizi e difetti umani, ma soprattutto sulle superbe quanto banali vanità…nostrane. Ma tutto il mondo, é…paesello, anche se commisurato con gli attuali i giorni d’ internet e dei network sociali, con cui l’auto-referenzialità e l’egolatria hanno nuovi ed estesi pascoli, di cui cibarsi in abbondanza.
Il cuore… formativo ed organizzativo, nello stesso tempo, di questo micro-cosmo di ragazzi e giovani era la ” Casa canonica”, dove si svolgevano le serali “riunioni del sabato“, in preparazione alla Messa sociale della domenica, ch’erano occasioni stimolanti e propizie, per discutere e far circolare idee, alla luce delle riflessioni dettate da don Ennio, in apertura di “riunione“, e per mettere in moto tornei di ping-pong e di calcio, indire gare podistiche o preparare – in primavera e d’estate- escursioni di gruppo sui siti montani del territorio a cadenza quasi quotidiana, battendo i sentieri dell’intero arco dei Monti Avella e del Partenio, con mete obbligate Montevergine, Valle Fredda, Acqua Fidia, Pietra Roia, Litto, Acqua serta, la Bocca dell‘Acqua maggiore e la Bocca di Sant ‘ Egidio, ‘ O Campetiello, che fa da porta …d’ingresso a Montevergine, ‘ O Campo ‘e Summonte, con il suo smisurato pianoro e la splendida bocca d’acqua sorgiva, e via …camminando, tra il verde intenso e compatto dei boschi, non ancora vìolati dalla rumorosità cafonesca di jeep, fuori-strada e suv o dallo stupido frastuono delle “due–ruote” da motocross. Il binomio montagna–bosco, con le sue infinite voci, si vive solo nel silenzio, attraversando a piedi sentieri e tratturi.
Una sezione a sé delle attività della Giac, era costituita dall’amore e dalla passione per il teatro, a cui don Ennio diede specifico impulso; e c’era il bel palcoscenico dell’imponente “Colosseo” – acquisito quindici anni fa alla proprietà comunale e demolito, con ricostruzione ormai in fase avanzata, per diventare un centro polifunzionale- ad ospitare le periodiche rappresentazioni della Filodrammatica della Giac- acronimo, che sta per Gioventù italiana d’Azione cattolica – proponendo testi di Eduardo De Filippo, Scarpetta e l’immancabile ” Cantata dei pastori“, nei periodi natalizi. E – questo- era anche il contesto, in cui si attuavano ogni anno i campeggi–estivi, solo parzialmente riconducibili agli attuali campus. ben strutturati e ricchi di risorse, che promuovono- e fanno bene- le amministrazioni comunali per ragazzi e ragazze.
Erano campeggi–estivi, allestiti per due o tre settimane, con appena sufficienti risorse…alimentari e tende- da- campo nei siti montani del territorio, soprattutto a Valle fredda, Acqua Fidia, Campo di spina e Pietra roia. Ai campeggi…locali, seguiranno, per i pochi che ne ebbero l’opportunità di viverli, le esperienze dei campeggi extra-regionali, a Fago del Soldato e a Camigliatello, nella Piccola e Grande Sila, in Calabria. Erano, campi-scuola di valenza nazionale, che la Giac promuoveva ed organizzava, per diffondere le ragioni del pluralismo culturale e i valori della dottrina sociale cristiana e cattolica.
Si rivelarono significative opportunità d’incontro, per gli allora giovani liceali…di belle e fervide speranze, iper-nutriti di classici latini e greci, sempre assetati della conoscenza diretta di opere e testi della civiltà letteraria occidentale, oltre che sovraccarichi di interessi storiografici e di critica storiografica, con un’immensa mole di nozioni di “storia della filosofia” e dei suoi maggiori interpreti. Un corpus di conoscenze, che si sarebbe venuto sedimentando e riordinando negli anni, al filtro degli impegni stringenti della quotidianità del lavoro e del vivere, per una visione di pensiero la più organica possibile, pur nella consapevole certezza di vuoti e limiti. E dubbi. Erano giovani, provenienti da un capo all’altro del Bel Paese, che si ritrovavano negli spazi della lussureggiante e splendida montagna calabra. Un tòpos di centralità, per il Nord ed il Sud, con le loro identità, in reciproca consonanza, oltre che in dialettico e costruttivo confronto.é.
Don Ennio Pulcrano – nella comunità giovanile baianese di tanti anni fa- é stato anche e soprattutto questo. E il don. più che il titolo di monsignor appare più coerente e congruo con la Baiano di sesssant’anni fa.. Una fresca e lucida patina, quella che affiora sullo schermo della memoria, facendo rinverdire il tempo andato. Ma- per chi scrive- non c’è alcuna ombra di nostalgia. (Gianni Amodeo)