
Il cielo sopra il Partenio-Lombardi ha il colore greve della fatica, una cappa grigiastra che schiaccia il respiro e costringe a lavorare sodo. Non c’è il sole della gloria, ma l’ombra della battaglia imminente, quella che attende l’Avellino domenica contro il Catania. Il calcio, d’altronde, è sudore prima ancora che festa, lotta prima ancora che trionfo.
La squadra di Raffaele Biancolino, lupo tra i Lupi, torna a sudare sul prato di casa, dove il 2-1 nel derby col Benevento è già ricordo fugace. Il tecnico non concede tregue: sa bene che l’errore più grande sarebbe cullarsi sugli allori. E allora si riparte: il pallone danza sotto il vento freddo, i muscoli si tendono, le voci rimbombano negli spazi vuoti dello stadio.
Gli spalti non sono gremiti, pochi ma fedeli i tifosi accorsi per questa seduta a porte aperte. Non servono parole, basta il rumore dei tacchetti sull’erba a dire che il campionato non aspetta nessuno. O si va avanti, o si cade.
L’allenamento scorre tra schemi offensivi e coperture preventive, perché nel calcio moderno si attacca con undici uomini e si difende con undici uomini. Biancolino urla, corregge, sprona. Sa che il Catania non farà sconti e che il miglior Avellino sarà necessario.
Il programma è chiaro: domani alle 11:00 ancora una sessione a porte aperte, poi giovedì e venerdì pomeriggio il silenzio della preparazione segreta, quella in cui si scolpiscono i dettagli decisivi. Le partite si vincono anche nell’ombra, dove si cementa il carattere di una squadra.
Fuori dal campo, una multa di 1.000 euro pesa sulle casse del club: troppa foga sugli spalti, cinque petardi esplosi nel recinto di gioco. Un gesto da evitare, un segnale di passione travolgente che deve essere incanalata meglio.
Sul prato, intanto, le ultime folate di vento scompigliano le casacche sudate. I giocatori rientrano, il lavoro è finito, ma la guerra è solo rimandata. Domenica si torna in trincea . (F.Piccolo)