a cura di Fiore Marro
Mi ricordo il primo giorno allo stadio, allora si chiamava Comunale e non Partenio, era il 26 marzo del 1978, la stagione che ci portava in serie A, una annata indimenticabile. Accompagnato da un mio carissimo zio, entravo per la prima volta in uno stadio vero, zona distinti, a quel tempo giocavo a calcio, ed ero abituato a calcare campi di terra battuta, senza tribune nè tifosi, entrare nel tempio irpino mi causò una emozione inspiegabile a parole, i tifosi, le casacche biancoverdi, il prato verde che sembrava un tavolo di biliardo, stupendo … bellissimo.
Quel giorno rimarrà per sempre nel mio cuore. Il mio Avellino era allenato da mister Paolo Carosi, che veniva dalle giovanili della Lazio, da Roma si era portato un giovane, Maurizio Montesi, che avrebbe fatto parlare di se, non tanto per gesti calcistici ma per le sue idee di sinistra, allora si diceva comuniste, il mondo del pallone era ancora lontano da veline e telefonini, i calciatori erano poco inclini a televisioni ed a esprimere concetti, quindi uno che esprimeva qualche pensiero “fuori dal coro” lasciava sbigottiti, purtroppo Montesi fu implicato anche nello scandalo scommesse messo su da due imprenditori romani, Trinca e Cruciani, complicandoci una stagione che ci vide partire con dei punti di penalizzazione anni dopo.
Lo sport in generale in quella stagione del 1977-78 riportava alcune note che vale la pena ricordare, oltre la nostra promozione nella massima serie, Lauda diventava campione di formula 1, sulla” rossa” Ferrari, Francesco Moser vinceva in Venezuela il titolo di campione del mondo del ciclismo su strada, Sara Simeoni stabiliva il primato femminile di salto in alto, 1.95 m, le nazionali di calcio si preparavano per il mondiale di Argentina, il 9 febbraio 1978 moriva Costante Girardengo, eroe del ciclismo pionieri, vincitore di due giri d’Italia.
Gli avvenimenti del tempo ricordano; il rapimento e poi l’omicidio del presidente della D.C, Aldo Moro, morivano, il 16 settembre 1977, Maria Callas, a Parigi, d’infarto, poco dopo a Natale del ’77, moriva in Svizzera Charles Spencer più conosciuto come Charlotte, Berlinguer il 2 novembre a Mosca, durante le celebrazioni del sessantesimo anno della Rivoluzione di ottobre, tiene un discorso sull’autonomia dei partiti comunisti e sull’universalità del concetto di democrazia, forti critiche dagli esponenti della dirigenza sovietica che dimostrarono la loro vera natura democratica in Cecoslovacchia, arrestando gli esponenti di “Charta 77″, documento sui diritti civili e sulla libertà di opinione, per terminare la carrellata del periodo, entra in vigore, il 15 giugno 1978,la legge che consente l’aborto.
Ritornando alla promozione dei lupi irpini, e nello specifico, alla partita che vidi per la prima volta in ”diretta”, ricordo la rete messa a segno all’88, dal piccolo tamburino sardo, Marco Piga, un goal che racchiude tutta la poesia del pallone, su di un calcio d’angolo di capitan Lombardi, i corazzieri biancoverdi tentano di insaccare in porta, il primo a saltare è Di Somma 1.86 m, niente, poi fu il turno di Cesare Cattaneo, un marcantonio di 1.82, e del centrattacco Vincenzo Chiarenza, 1.80, ma nessuno dei due riusciva a prendere la palla, appostato sul secondo palo, Piga, il più piccolo della compagnia, lasciato indisturbato dai salentini, metteva la sfera in rete, un boato assordante salutava quel gol che poi sarebbe risultato decisivo per la promozione in massima serie dell’Avellino.
Da lì cominciava la storia dei dieci anni di serie A della nostra beneamata compagine. Fu una cavalcata difficile, ottenemmo 15 vittorie, 14 pareggi e 9 sconfitte, il reparto più forte era senza dubbio la difesa, in porta c’era Ottorino Piotti, che anni dopo finì al Milan, quell’anno risultò una autentica saracinesca, i terzini erano, Gianfilippo Reali a destra, ruvido, arcigno, insuperabile ed a sinistra operava Giorgio Boscolo, propenso alla fluidificazione, un tempo si usava questo termine per i laterali d’attacco, la zona difensiva centrale era composta dal brianzolo Cesare Cattaneo, scuola Milan, una vita da gregario, forte, una torre insuperabile coadiuvato da Salvatore Di Somma, vecchio bucaniere, comandante di mille battaglie, sui difficili campi della serie B e C, un grande calciatore che il pallone ha ripagato solo in parte, da noi ad Avellino ha dato il meglio di se, Mister Carosi come rincalzi difensivi usufruiva del napoletano Tarallo e del ciociaro di Sora, Mario Buccilli.
Il cannoniere biancoverde della promozione in A, risultò a fine stagione, il “rosso” capitan Adriano Lombardi, 9 reti, era il faro del centrocampo irpino, testa e polmoni, anima della squadra, la carriera di Lombardi è stata più o meno come quella di Di Somma, tanta gente che ha calcato il palcoscenico del football, inferiore a questi atleti è stata più fortunata, però negli anni d’oro dell’Avellino hanno dimostrato tutto il loro valore le loro qualità .
Lombardi è uno di quei giocatori che ora versano in gravi condizioni fisiche, per una strana distrofia muscolare, ovunque tu sia, capitano, grazie di tutto ed in bocca al lupo. Lombardi era il regista del centrocampo, gli altri che operavano a metà campo erano, il già citato Maurizio Montesi e Giancarlo Ceccarelli, polmoni d’acciaio, peccato che di lui si persero le traccie, era un promettente mediano, sulla fascia destra operava Sandro Magnini, le riserve erano l’altro gemello Mario Piga, il biondo Eliseo Croci e il veneto Ezio Galasso, tutti ottimi “mestieranti” del pallone.
Le punte erano rigorosamente duosiciliane,Vincenzo Chiarenza, da Taranto, che da punta centrale si trasformò in terzino di spinta, anni dopo nelle file della Lazio, l’altra punta era Giorgio Ferrara da Messina, croce e delizia del tifo biancoverde, alternava giocate da fuoriclasse a partite da parrocchia salesiana, a supporto dei due il piccolo Marco Piga, che diede un grosso contributo alla scalata irpina verso la A.
Il presidente di quella memorabile impresa era Arcangelo Iapicca e non Antonio Sibilia, come molti dicono, direttore sportivo, Franco Landri, navigato conoscitore del mondo del pallone, qui ad Avellino, con pochi spiccioli mise in piedi una superba squadra, un signore, Landri, che paragonato ai dirigenti di molti club di oggi ci fa comprendere uno dei motivi della svalutazione morale e tecnica del calcio moderno. Arrivammo terzi, dietro all’Ascoli più forte di tutti i tempi, quello di Pasinato, che l’anno dopo vinse, dando un enorme contributo, il campionato con l’Inter.
Per noi cominciava la grande epopea dei dieci anni nella massima serie …