- Redazione
La gigantografia dell’opera contestualizzata del giovane artista Tiziano Martini classe 1983, “Pasta fatta in casa 2020”, un’immagine in cui si vedono riflessi sull’opera stessa – un grande pannello sottoposto a cicli di verniciatura a spruzzo Rosso Coca Cola e lucidato a specchio – sia l’interno dello studio dell’artista che il forno utilizzato per le sue sperimentazioni, s’impone dallo scorso 23 dicembre alla vista del pubblico da una delle vetrine al piano terra di Palazzo Maffei- Casa Museo, affacciata anch’essa su Piazza delle Erbe a Verona.
La prima immagine esposta in Vetrina Maffei, è la rappresentazione dell’opera del 2020 “Pasta fatta in casa” di Tiziano Martini. Opera del nuovo ciclo pittorico “pannelli altamente performanti” Tiziano Martini è un artista decisamente giovane. Nonostante ciò, da dieci anni, espone in mostre collettive, partecipa a progetti e residenze di primissimo livello, collaborando con curatori e galleristi attenti, ricercati e riconosciuti. La sua pratica artistica /pittorica è lineare ma in continua evoluzione. Come sottolinea Mirko Rizzi “Martini ricerca, sperimenta modalità espressive e linguaggi con risultati di rilievo. La sua formalità e data da un base teorica importante e strutturata. I risultati visivi non esprimono in modo didascalico il processo e il percorso compositivo. Un percorso delineato e tracciato, fatto di tantissimo lavoro, riflessioni, concentrazione, dedizione e pochi orpelli, assolutamente brillante e mai noioso”.
Il progetto della Fondazione Cariverona C-ART-Off-LINE, a cura di Mirko Rizzi – che dallo scorso luglio riflette sull’
“Pasta fatta in casa” – scrive l’artista – tratta di un lavoro molto singolare e atipico di questa produzione, visivamente vicino al monocromo.
Questa manifestazione isolata viene poi enfatizzata dal titolo stesso (che richiama la ricorrenza dell’azione), elemento che appare altresì raramente nel portfolio dei miei lavori, preferendo la numerazione, piuttosto che la completa negazione del titolo. Visivamente si tratta di un pannello nobilitato preparato, sottoposto a cicli di verniciatura a spruzzo della tinta Rosso Coca Cola (codice Hex #fe001), successivamente protetto con un finale brillante e lucidato a specchio.
Ad uno sguardo attento si notano piccole imperfezioni all’interno della materia, intrusioni di vernici di altre tinte, sporcizia, piccole contaminazioni derivanti da errori di esecuzione, o disattenzioni: esse portano alla luce i limiti stessi di questa pratica pittorica, aiutandone al contempo la lettura; errori di verniciatura che manifestano una presa di distanza dal mero esercizio esecutivo.
Per la duttilità delle vernici a più componenti, essi permettono una lavorazione continua, volendo ad infinite riprese, e non raggiungono paradossalmente mai dei momenti di saturazione materica.
Fisicamente sono realizzati su lastre a media densità o pannelli nobilitati, o carte applicate, sottoposti a ripetuti cicli di rivestimenti poliuretanici bicomponenti.
Successivamente levigate, riprese e ripulite, in virtù dei tempi e delle regole dettate dai materiali stessi, vengono poi rifinite e lucidate a specchio. Richiedono fasi di lavoro metodiche, esecuzione precisa, tempistiche perfette e cicli di lavoro molto lunghi. Il risultato sono immagini informali a prima vista, che strizzano l’occhio all’automotive per affinità di lavorazioni, con una finitura ultra-lucida
che invece richiama l’estetica del “laccato anni ’70”.
Se le precedenti opere su tela erano dei ritratti di processi “Macchiaioli”, questi lavori sono per me dei ritratti “fiamminghi”, molto pittorici, ma generati da un’attitudine scultorea: sono registrazioni di processi di lavoro che esistono parzialmente nella realtà produttiva, in cui si scontrano volontà esecutive, fallimenti, tecnica esecutiva, limiti imposti dall’environment stesso ed eventi casuali.