E’ stata pubblicata da la Repubblica– nella rubrica Invece Concita, curata da Concita De Gregorio– la storia di Luca, vittima di un grave e pauroso incidente stradale, a Bologna, in pieno centro urbano. E Luca fa parte della lunga e folta schiera di giovani del territorio nostrano trapiantati da anni in tante realtà cittadine delle regioni del Nord o all’estero, ben integrati sia nelle attività produttive che nei contesti sociali per competenze, formazione professionale e cultura. Una storia, la sua, raccontata al giornale romano dal professore Raffaele Stago, 74.enne, docente di Matematica in pensione, trapiantato da qualche anno a Sassuolo e suocero di Luca. Eccola nella sua stesura integrale.
“Il 21 febbraio un giovanottone di 38 anni, di nome Luca, è stato ricoverato in ospedale a Codogno,paziente zero, primo contagiato italiano di Covid–19. Quello stesso giorno, intorno alle ore 21, un altro Luca, mio genero, anche lui di 38 anni, (quando si dice il caso) viene investito da un auto nel centro di Bologna, mentre, in motorino, va al ristorante che gestisce con altri soci. Impatto durissimo, Luca viene sbalzato via, vola sul selciato e rimane lì privo di sensi. Un passante ( un medico) si rende conto della gravità della situazione, chiama il 118 e nel frattempo gli pratica una manovra di assestamento della testa, per evitargli il soffocamento da parte della lingua.
Luca viene ricoverato e subito intubato, perché i suoi polmoni sono fuori uso,è in coma farmacologico, con la gabbia toracica a pezzi, è tenuto in vita dal respiratore automatico. La dottoressa che lo prende in carico al pronto soccorso, ci dice di prepararci al peggio. Luca è in rianimazione dove, per qualche ora al giorno, riusciamo ad avvicinarci a lui. Nei giorni successivi dilaga l’epidemia e anche Luca viene sottoposto al tampone. Dopo qualche ora il referto: positivo al coronavirus. La trepidazione diventa disperazione assoluta. Luca viene messo in isolamento e noi tutti in quarantena precauzionale.
I medici del reparto ci ragguagliano per telefono: la febbre è altalenante come le infezioni batterica e virale. A due settimane dall’incidente, qualche miglioramento: la sedazione viene gradualmente ridotta. Luca ha ancora bisogno di aiuto per respirare, si passa alla tracheotomia. Finalmente la febbre scompare e le analisi danno segnali incoraggianti. A un mese dall’incidente le nostre speranze si rafforzano: Luca è sempre più cosciente, reagisce agli stimoli ed è sempre più autonomo dal supporto respiratorio. Viene trasferito in un altro ospedale, perché in terapia intensiva bisogna far posto ad altri e Luca è ormai ritenuto fuori pericolo.
Nei giorni successivi viene sottoposto a due tamponi a distanza di 24 ore: entrambi negativi. Dopo 42 giorni di degenza Luca viene dimesso: é smagrito, ma lucidissimo e vuole riprendersi la sua vita. Noi tutti siamo con lui. Non so se i miracoli esistono, in ogni caso ci siamo andati molto vicino e in epoca di coronavirus non è poco. Un alleluia per tutti”.