E’ morto all’età di 79 anni Raffaele Cutolo. Il boss mafioso, fondatore della Nuova camorra organizzata, era ricoverato nel reparto sanitario detentivo del carcere di Parma.
Raffaele Cutolo – ‘o professore nonostante avesse solo una licenza elementare, figlio di un mezzadro e di una lavandaia di Ottaviano, paesino alle falde del Vesuvio – la sua carriera criminale l’ha costruita nella cornice di avventure romanzesche e forse romanzate. Poeta e duellante; pazzo per finta o per davvero; evaso dal manicomio giudiziario di Aversa; latitante, padre che vede l’unico figlio maschio ed erede ucciso dalla ‘ndrangheta; l’uomo che forse ha ispirato la canzone di Fabrizio De Andrè, il boss che ha sposato nel carcere dell’Asinara una donna molto giovane e che poi l’ha resa madre con l’inseminazione artificiale. Aveva quattro ergastoli sulle spalle.
Ha continuato a far parlare di sé, ciclicamente, vuoi per domande di grazia che non trovano accoglimento, vuoi per la richiesta, recente, di affrontare la sua malattia agli arresti domiciliari.
La leggenda Cutolo nasce il 24 settembre 1963, quando il capoclan allora 22enne, uccide durante una rissa Mario Viscito per un apprezzamento di troppo alla sorella Rosetta, la donna che lo ha affiancato anche anni dopo nella gestione del potere criminale. Prima fugge, poi si costituisce dopo due giorni e viene condannato all’ergastolo in primo grado e poi a 22 anni in Appello, che comincia a scontare nel carcere di Napoli-Poggioreale. Ed è in questo istituto di pena che emergono la sua personalità e il suo carisma, quando, nelle dinamiche di relazione dei detenuti, sfida a duello il boss Antonio Spavone, una sfida con il coltello a scatto, la molletta, alla quale questi non si presentò. Cutolo diventa il protettore di tutti i detenuti.