Un pubblico nutrito e molto interessato ha partecipato al vernissage della mostra scultorea “Movimento D’Aquino” presso il Caffè Letterario del Castello d’Aquino, nell’ambito del cartellone “Percorsi nelle Valli del ben Vivere”, progetto promosso dal Poc Campania che vede Grottaminarda capofila.
Le sale, l’atrio, le mura ed i giardini pensili del maniero di origini Longobarde si sono animati delle prestigiose opere scultoree e delle video installazioni di 14 artisti di respiro internazionale. Il Senior Art Curator Massimo Magurano, con la sua grande professionalità ed il suo innato senso estetico ha saputo creare un filo logico straordinario tra le opere, che valorizza la storia della splendida location, rendendole omaggio, ed esalta la concettualità delle opere stesse in un connubio tra contemporaneità e classicismo. Ad aumentare la suggestione nel corso del vernissage la luce del tramonto e le luci artificiali sapientemente modulate per esaltare le forme.
Ed a proposito di luci: entusiasmante l’istallazione conclusiva della serata. Il pubblico è stato invitato a spostasi sul belvedere inferiore dei giardini per assistere alla proiezione del pensiero di San Tommaso d’Aquino a caratteri cubitali sulla vegetazione del “Macchio”. Un’istallazione in anteprima mondiale frutto della ricerca linguistica-computazionale di Remigio Picone (in arte Remi Picò) dal titolo “Summa Generativae”, libro e videoproiezione auto-generate da una intelligenza artificiale di tipo Deep-Learning, in cui è stato inserito il testo della Summa Teologica scritta da San Tommaso D’Aquino tra il 1265 ed il 1274: il risultato della proiezione è una sintesi che racchiude, secondo la personale percezione del computer, una summa testuale di D’Aquino in chiave contemporanea. Non a caso la frase scelta è dedicata alla “Pace”.
La straordinaria videoproiezione sarà ripetuta in tutto quattro volte nell’ambito della mostra “Movimento d’Aquino” che resterà visitabile fino al 31 agosto.
Ma andando per ordine il percorso di mostra si apre in una piccola cripta del Castello con l’istallazione di Salvatore Anelli “Requiem”, un riferimento al “Memento Mori” dal Latino “ricordati che devi morire”. Dove protagonisti sono una serie di teschi su cui sono trascritte poesie. Gli usi più audaci di questo simbolo avvengono proprio nel mondo dell’arte tra il Medioevo ed il Rinascimento dove spesso interpretano il passare del tempo e quindi assumono significato di morte tanto quanto di rinascita. Il teschio è conosciuto anche con il concetto di “Vanitas” dove vi è un chiaro riferimento alla bellezza transitoria e momentanea. L’artista non desacralizza il teschio, piuttosto rende vivi, veri, inquietanti, teschi finti, i quali da millenni simbolicamente accompagnano l’evoluzione sociale e spirituale dell’essere umano.
Sempre in un antro del maniero un’altra opera dal grade impatto emotivo: “Stati di allerta” (incapaci di guardarci negli occhi, ci annusiamo) di Emanuele Giannelli. L’artista si interroga su tematiche contemporanee forti, tra figurazione e concetto: come sarà il mondo tra venti o trenta anni? Il nuovo che avanza sarà minaccioso? Giannelli non dà giudizi bensì pone un invito a riflettere e porsi domande. L’istallazione, dunque, trova una collocazione perfetta in un luogo, un castello Medievale, che fu teatro di battaglie, intrighi e passioni quanto scenario di grande pensiero culturale e sociale.
Proseguendo ed entrando nel cuore del Castello si cominciano ad incontrare le opere di Generoso Spagnuolo: “Muromoto”, “Elettrica Mente” e “Pietra errante”, e poi “Pietre erranti”, nei giardini, sculture a metà tra arte povera e land art, ispirate dalle “sailng stone” (pietre mobili) di Racetrack Playa in California (Usa), un particolare fenomeno geologico e quindi naturale, che consiste nel movimento di pietre per lunghi percorsi, senza l’intervento di entità esterne, lasciando dietro di sé traccia del proprio percorso. Tutto questo è stato interpretato dall’artista quale omaggio del passaggio indelebile del tempo tra il Medioevo ed il Rinascimento. Lo stesso concetto viene amplificato nelle altre due opere esposte: nell’istallazione della finta parete si notano deformazioni della materia e quindi concettualmente le grandi trasformazioni culturali nel tempo, terminando in una definitiva consacrazione nell’ultima opera, “Elettrica-Mente”, dove il pensiero e l’esperienza dell’uomo contemporaneo non dimentica il passato.
D’impatto il percorso al di sotto delle mura del Castello, andando verso i giardini, dove la sequenza di opere rafforza il concetto di celebrazione e rispetto del patrimonio artistico.
Stefano Di Giusto con le opere “Pompei” e “La sostenibile pesantezza dell’essere”, lancia un monito sull’abbandono nei confronti della eccelsa cultura e sapienza artistica che ha reso immortali i grandi scultori del passato; è quindi “un grido” di dolore e rabbia nei riguardi di coloro che invece di preservare, distruggono con l’indifferenza e l’ignoranza il patrimonio artistico nazionale. Nelle figure grasse, tozze e goffe troviamo tutto il peccato dell’avidità con cui gli uomini di potere si sono cibati a scapito delle eccellenze culturali in favore dell’arricchimento personale.
Domenico Grosso con “S.T.”, una scultura dalla forma circolare, rappresenta la forma geometrica perfetta del ciclo della vita sulla quale superficie gli uomini con il loro sapere e l’esperienza acquisita, si muovono in apparente disordine composto. Il cammino ha creato competenza e conseguente disagio dal quale si è potuto acquisire esperienza e saggezza, ma anche presunzione ed arroganza, il rimando concettuale della forma sferica è al tempo stesso una via di fuga tanto quanto un facile ingresso di disgrazie e catastrofi. C’è poi “L’utensile del 21°secolo”, un omaggio all’abilità manuale degli uomini. Un oggetto solo in apparenza semplice e povero ma assoluto protagonista nel creare il mondo che oggi conosciamo. Un attrezzo forse in disuso che Grosso omaggia nella sua efficacia, consacrandolo all’inutilizzo concettuale e quindi non più utile allo scopo originario, soffocato dalla inevitabile tecnologia, ma reso eterno in quanto opera d’arte.
Proseguendo il tragitto c’è l’istallazione scultorea “Autodafe” di Vezio Moriconi, un’allegoria dalla quale emerge la sfacciata, ignorante convinzione che la storia non insegna nulla, ma è sempre di ritorno. La scultura in figura intera rappresenta il tempo contemporaneo che giudica il periodo classico della scultura italiana, infatti guarda con ghigno presuntuoso le altre due figure, due teste ispirate alla “Costanza Bonarelli” del Bernini e al “Geremia” di Donatello.
Di fronte le due opere di Matteo Raciti: “Nostalgia” e “Riusciremo a piangere”. Nella prima delle due sculture in terracotta vi è rappresentato un stato d’animo, il racconto di una vita interiore delicata, la malinconia che in alcuni momenti della vita si presenta nel suo aspetto peggiore che spesso toglie il fiato. La nostalgia per ciò che è stato e che non può tornare, la voglia quindi di aggrapparsi al presente come unica arma possibile. La seconda opera di Raciti è un rimando alla debolezza dell’uomo che spesso porta ad un pianto liberatorio, lo stesso che a volte è proprio la salvezza dell’anima in quanto sfogo e liberazione. Con queste due opere si pone in evidenza il periodo da cui attraverso il Medioevo e la mala condizione di molti uomini, si è passati ad una migliore consapevolezza del mondo.
Si pongono invece quali garanti della memoria e testimoni indignati della successiva condizione umana inquinata, i guardiani di Egidio Jovanna. “Insieme”, “Passeggiata” e “S.T.”, due opere collocate sulle scalinate che conducono ai giardini ed una all’interno del Castello d’Aquino, nascono dalla più nobile vocazione artistica dello scultore, la lavorazione del marmo. Il concetto dei guardiani al quale le sue opere fanno riferimento nei vari cicli interpretativi dell’artista, è opportunamente contestualizzato all’interno dei luoghi e dell’esposizione stessa.
Scendendo nei giardini si incontra quindi l’istallazione scultorea di Maurizio Baccili: “Ri-nascimento/E-mersione”, un chiaro omaggio verso un periodo quanto mai entusiasmante nel mondo della cultura ed in quello civile. Dopo il periodo conosciuto come “Il periodo delle tenebre” immediatamente dopo il Medioevo l’uomo finalmente riprende coscienza artistica, culturale ed ideologico-scientifica. E così la figura umana viene rappresentata in un graduale riemergere dal terreno.
Perfettamente in tema con lo spirito della mostra: “Sugar”, opera di Franco Paternostro collocata in una nicchia delle mura. Nell’ambito di un progetto di lavori tattili, Paternostro ha creato questa opera dal tema “Dal Medioevo al Rinascimento”, realizzando concettualmente il passaggio finale medioevale a partire dalla metà del XIV secolo. L’oscurità lascia spazio alla luce ed alla rinascita, l’uomo è di nuovo al centro dell’universo e diventa oggetto di studio insieme alla bellezza, all’arte in ogni sua forma. L’artista ha dato spazio al nero che rappresenta il periodo buio del Medioevo, creando in seguito una sovrapposizione di colori che rispecchia la rinascita e la speranza.
Tornando all’interno del Castello d’Aquino troviamo “PoP StorM” di Andrea Bartolucci: quanto mai riconoscibile è la chiara supremazia della chiesa tra il Medioevo ed il Rinascimento. La figura del Cristo in queste tre opere fotografiche non è certo meno austera con l’aggiunta di colori di chiara ispirazione al movimento della “Pop Art”, non vi è solo una volontà di ritrarre, ma di evocare. Il personaggio è interpretato per la propria iconografia, al pari dei grandi comunicatori di massa che hanno cambiato il mondo, percependolo come noi oggi lo conosciamo.
In scena la sacralità del ricordo del passato con “STUDIO#1” di Giuseppe Negro. Un’opera delicatissima che esalta il potere simbolico ed evocativo della bellezza classica intesa come luogo della memoria in cui spesso trovare rifugio e che trova perfetta collocazione o “rifugio” nell’accogliente atmosfera del Caffè Letterario del Castello d’Aquino.
Stessa atmosfera per “Warpaint” e “Naked Flames” di Orazio Garofalo, due video appartenenti alla corrente della “Video Arte”. Nel primo durante l’azioni del montaggio tecnico si forza la percezione ottico-cognitiva tra due media come il cinema e la pittura. Nella seconda proiezione vi è una sorta di giudizio universale in movimento, nel quale si arroventano sia i sentimenti contemporanei che quelli del passato in una dolce proliferazione ad un bivio tra l’umano e la passione divina
L’inaugurazione della Mostra “Movimento d’Aquino ha visto gli interventi di saluto dell’Assessora delegata agli Eventi, Marilisa Grillo, della Presidente del Consiglio Comunale, Virginia Pascucci, del Sindaco di Grottaminarda, Marcantonio Spera ed ovviamente la presentazione tecnica del Curatore della mostra,Massimo Magurano, moderati dal Direttore artistico del progetto “Percorsi nelle Valli del Ben Vivere”, Monica De Benedetto. Gli Amministratori nell’evidenziare la grande esigenza di tornare a “vivere” gli eventi e l’obiettivo di promuovere la cultura, hanno voluto consegnare una targa di ringraziamento all’artista Generoso Spagnuolo, concittadino che non solo sta dando lustro a Grottaminarda in sedi internazionali, ma grazie alla cui collaborazione l’evento è stato possibile. Il vernissage si è concluso con un tripudio enogastronomico con assaggi di pietanze tipiche a base di ortaggi locali con la classica “Ciambottella”, peperoni verdi fritti, zucchine alla “scapece”, melanzane arrostite, ed anche con i rinomati formaggi di Zitola, annaffiati dai vini DOCG di Case d’Alto, azienda in conversione biologica e per concludere il “torrone caldo” di Dolci Terre, altra eccellenza locale. “Percorsi nelle Valli del Ben Vivere” torna il 7 agosto a Bonito con il tiro con l’arco ed il laboratorio di degustazione vini irpini DOCG sotto la Torre Normanna. L’intero intervento è co-finanziato dal Poc Campania 2014/2020. Rigenerazione Urbana, Politiche per il Turismo e la Cultura – Programma Unitario di Percorsi Turistici di tipo Culturale, Naturalistico ed Enogastronomico di portata Nazionale ed Internazionale.