E’ il titolo, che sintetizza temi e contenuti della nota, con cui il vescovo Beniamino Depalma evidenzia il significato profondo e più autentico della Pasqua, simbolo e testimonianza di ri–nascita a vita nuova e piena di umanità; nota, che vuole costituire sollecitazione e invito alla riflessione, di cui sono destinatari diretti i fedeli, i religiosi e i credenti, oltre che la società civile della Diocesi di San Felice e San Paolino.
Per la ricorrenza della Pasqua del 2014, il presule diffuse la nota dei quattro appelli, strettamente correlati con l’attualità, segnata dalla durezza della crisi sociale ed economica, con l’apice toccato nel biennio 2012\2013. Ed è opportuno riprenderne il filo, in chiave di sintesi. Il primo appello a non isolarsi né a deprimersi fu indirizzato a coloro che maggiormente erano colpiti dalla spirale della crisi, e ancora lo sono, anche se si intravedono labili e tenui spiragli di superamento. Il secondo appello fu diretto ai famigliari di imprenditori, lavoratori e giovani che sopraffatti dalla difficoltà dell’avversa congiuntura economica si erano privati della vita; una premurosa sollecitudine, con cui si esortavano gli stessi famigliari, a credere nella vita e a lottare, per superarne gli ostacoli e le difficoltà. Il terzo appello era indirizzato ai politici, agli imprenditori, ai sindacalisti ad assolvere con responsabilità e coscienza le loro funzioni, ponendo in essere tutte quelle iniziative di progettualità, in grado di favorire lo sviluppo ordinato per la crescita delle imprese e la diffusione delle opportunità di lavoro, al servizio del bene comune, della giustizia sociale e della libertà. Il quarto appello fu riservato a sacerdoti, religiosi e laici, per sollecitarne la dedizione verso gli altri, specie i deboli e i meno abbienti. Un impegno, per il quale la stessa polare si ritrova nella frase di Santa Maria Teresa di Calcutta, per la quale “ l’amore verso gli altri non vive di parole, né può essere spiegato a parole”.
Per la Pasqua del 2015, la nota del vescovo della Diocesi nolana propone undici elementi portanti e costitutivi delle condotte e degli stili di vita, con cui dovrebbero atteggiarsi e connotarsi coloro che si identificano negli ideali del Vangelo e della concezione cristiana. Sono i segni, che sviluppano, in coerente linea di continuità, i profili , con cui Depalma nella nota di quaranta giorni fa disegnò il significato della Quaresima ; profili, incentrati sull’essenzialità del recupero e dell’”attualizzazione” dei valori e delle azioni sociali ed umanitarie della discreta e sobria “Chiesa domestica”, correlati con i principi delle opere di misericordia morale. Ed è la “Chiesa domestica”, che si proietta oltre gli spazi dei luoghi sacri, per aprirsi alla società, dando risalto alla famiglia, fulcro d’ amore e della formazione delle persone.
Gli undici segni pasquali , nella loro distinzione di senso, sono complementari e s’integrano a vicenda, sotto forma di guida del fare nel diuturno cammino esistenziale. Ed eccone una sequenza. “ E’ un segno pasquale impegnarsi per riconoscere dignità ai deboli, agli oppressi, agli emarginati”. “E’ un segno pasquale rinunciare all’orgoglio per favorire la comunione”. “E’ un segno pasquale lavorare con onestà, coscienza e professionalità”. “E’ segno pasquale offrire i propri talenti a servizio del bene comune”. “ E’ segno pasquale rispettare il Creato”. “E’ un segno pasquale la sobrietà nei consumi e nei gesti”. “E’ un segno pasquale essere veri uomini e vere donne tutti i santi giorni”. E’ una tavola di criteri valoriali, quella che delinea il vescovo Depalma, in cui si ritrova, in ampia dimensione, la matrice della riflessione, dettata da quel vigoroso e eccellente pensatore della civiltà romana, qual è Lucio Anneo Seneca e che recita : longum iter est per praecepta, breve et efficax per exempla ( lungo è il cammino secondo i precetti e le enunciazioni verbali, breve ed efficace alla luce delle testimonianze di vita vissuta)”; riflessione, che rischiara le valenze dell’amicizia, così come si esplicano nel dialogo del filosofo con Lucilio . Come per dire che gli esempi palpabili, concreti e visibili valgono ben più di mille ghirlande di belle frasi…
In realtà, la configurazione e più ancora la pratica dei segni che di per sé non sono atti eroici né eclatanti testimoniano “ la nostra più profonda umanità”. Sono i segni, di cui tutti “abbiamo bisogno, perché altrimenti la Croce resta solo un pezzo di legno- sottolinea- a cui aggrapparsi più per superstizione che per fede. Abbiamo bisogno dei segni, altrimenti la dirompente forza di un Dio che ha vinto la morte resta imbrigliata dalla mediocrità delle nostre vite da “sei politico”.
E c’è ora da aprire una parentesi per la chiosa di chiarificazione sul provocatorio riferimento, indicato dal presule, in relazione alla “mediocrità del sei politico”. Si allude alla piatta e furbesca mediocrità del vivere, con cui si è caratterizzato il malcostume in auge nei decenni scorsi nelle valutazioni, si fa per dire, per le quali – al di là della verifica d’accertamento delle conoscenze acquisite, della volontà di elevazione civile attraverso lo studio, dei meriti rapportati agli svantaggi sociali e familiari d’origine- a tutti era garantita la promozione, segnatamente nelle scuole dell’obbligo, oltre che nelle “superiori”, la promozione alle classi successive, grazie all’elargizione del… “sei politico”. Un voto a sistema molto …ma molto accomodante e generoso, reso dovuto e …imposto dal bizzarro contesto di quegli anni, con effetti che hanno finito per tradire e svilire la funzione della scuola, primaria fonte d’istruzione, di conoscenza e di formazione dell’etica civile, volano di emancipazione … Un malcostume che ha lasciato tracce profonde e aperto ferite insanabili nell’assetto generale della scuola, patrimonio comune…. Un malcostume che ha fatto da apripista- fino a metà degli anni ’90 del secolo scorso- per gli “straordinari” e magnifci esami di gruppo nelle Università, soprattutto nelle Facoltà di Architettura e per i corsi con programmi di esami–mignon per gli studenti-lavoratori, forniti di attendibili certificazioni di Enti pubblici, che ne attestavano lo status di dipendenti delle amministrazioni di Stato, ma anche con certificazioni spesso taroccate e solo formalmente “veritiere” comprovanti rapporti di lavoro, rilasciate da aziende di famiglia o di amici. Il tutto per approdare agevolmente al titolo di laurea.
A questo punto si chiude la parentesi, per far riprendere il filo della nota. E così, la Pasqua intesa “quale impegno ordinario a sentirci dei risorti e non dei morti viventi” costituisce l’elemento caratterizzante delle considerazioni che propone il vescovo Depalma, per evidenziare che liturgie e ritualità sono –e restano- pure espressioni di esteriorità e di sterili consuetudini, se non ravvivate e permeate da slanci di vita verso gli altri. “Non serve- scrive- battersi il petto né intonare solenni litanie, se queste non sono accompagnate da profonda compassione per le persone che ci circondano. Gesù ci chiede di orientare la nostra vita alla ricerca del bene, del giusto, del vero, del bello. E di “sminuzzare” questa scelta di fondo nelle azioni più comuni della vita quotidiana”.