Domenica scorsa vi è stata l’esposizione della statua di Santa Filomena, come da noi documentato con un ampio reportage, da lunedì ogni sera è stata celebrata la messa e questa sera iniziano i festeggiamenti civili in onore della “Santina”. Il paese è un fermento, sono tantissimi gli stranieri che stanno rendendo omaggio alla Santa, in queste ore. Nel Santuario stamane è stata collocata una nuova opera d’arte, nel secondo altare presente sulla sinistra, quello che viene subito dopo l’altare Privilegiato. Quest’anno ricorre il bicentenario del “Miracolo dell’altare” che forse non tutti conoscono, riportiamo di seguito il racconto dell’evento : “Data opera colla massima prontezza della costruzione dell’altare votivo, l’artefice incaricato Giovanni Cimafonte assai intelligente nel suo mestiere stava di già componendolo nella designata Cappella con tutta la possibile delicatezza, trattandosi di un lavoro squisito, e di materiali preziosissimi. Giunto alla situazione della mensa gli convenne fare un incavo nel mezzo per incastrarvi una pietra sacra, ed oh sciagura! ad un colpo mal misurato di martello si lesiona il marmo in direzione trasversale, restando intero per la estensione della quarta parte della sua larghezza. L’artefice rimase desolatissimo a tale avvenimento, e davasi in preda alla disperazione. Deplorava egli il danno d’interesse e di reputazione; perchè ben comprendeva che un altare sì prezioso dovea essere osservato da innumerevoli colte, ed intelligenti persone. Pietà di lui sentendo il Rev. De Lucia lo incoraggiava a proseguire, ma quello ricusavasi dicendo, che se ai primi colpi erasi formata quella enorme lesione, continuandosi lo scalpellio si sarebbe infallibilmente la lesione protratta per tutta la lunghezza. A tal ragionevole ripulsa il degno di Lucia, che premura avea di portarsi presto a termine l’altare per una festa che doveai celebrare, suggerì l’altro ingegnoso messo di perforare l’incavo nei quattro lati designati facendosi tanti buchi uno presso l’altro e con tagliente scalpello poscia tagliando dolcemente gl’intermedi frantumi che ne risultavano. Il mezzo piacque all’artefice, e fu tosto eseguito, ponendosi una grappa di ferro per avvicinare i due lati infranti. Per quindi riempire, e ligare la enunciata apertura, si pensò di usare quella composizione di gesso che in simili caso usano i marmorari: qui apparve il portento. All’incominciarsi quest’ultima operazione, il marmo si riunì perfettamente disparve ogni lesione, e rimase soltanto una linea capillare oscura in perpetuo attestato del gran prodigio dall’invitta Taumaturga”.
Lucia Carullo