di Gianni Amodeo
E’ un’attività manifatturiera, la lavorazione del vetro, che a lungo ha assicurato una considerevole e rilevante ricaduta occupazionale, incidendo in profondità sul tessuto economico della città e del territorio. Una magnifica e bella storia tutta da ri-scoprire e far conoscere, per valorizzarne la memoria quale esemplare ancoraggio per il presente e per il futuro,non solo per la lungimirante visione imprenditoriale da cui è stata generata e ravvivata nel tempo, ma anche e soprattutto per le straordinarie valenze di laboriosa creatività artistica che incorpora e veicola nella qualità e nell’originalità delle produzioni realizzate e che per stile hanno fatto tendenza, specchio- è proprio il caso di scriverlo, restando in argomento- dell’abilità manipolatoria e della tecnica specialistica ch’esprimevano i Maestri artigiani dell’intero comparto.
La riscoperta, per conservare la memoria di un così cospicuo patrimonio storico-culturale, si affida al racconto che si potrà leggere nel corposo e articolato apparato di atti, documenti, illustrazioni fotografiche e soprattutto nel linguaggio delle varie tipologie di manufatti, utensili, oltre che di produzioni strettamente artistiche. Un racconto e, al contempo, anche un campionario di rarità che sarà in esposizione nel Museo scolastico dell’arte vetraria, allestito nell’ex Casa del custode dell’Istituto tecnico-commerciale e per geometri “Masullo–Theti”, in via Mario De Sena, e che sarà inaugurato sabato, quattro luglio, alle ore 19,00, dando concreta attuazione all’idea fortemente sostenuta dalla dirigente, la professoressa Annamaria Silvestro. Sono due sale, interessate da un ingegnoso intervento di restyling coordinato dall’architetto Giuseppe Mollo, che permettono di rivisitare una significativa parte di vita produttiva della città, il cui start originario si ritrova nell’opificio per la lavorazione e produzione di oggetti e manufatti in vetro che Luigi Masullo, realizza a Monteforte Irpino, nell’area dell’omonimo valico lungo la direttrice della via Regia, nel 1850.
La scelta dell’imprenditore nolano è determinata dalla larga disponibilità di legna che assicurano i folti boschi della circostante e vasta area di valico, incorniciata dai Monti del Partenio, a poco più di 500 metri d’altezza sul livello del mare; è la legna, la cui combustione serve ad alimentare in flusso continuo i forni, funzionali alla lavorazione del vetro. Ed è, quella del valico, l’area in cui per secoli sono state attive le “neviere” per la produzione del “ghiaccio naturale”, con le complicate tecniche di conservazione della neve in fosse, e che veniva venduto nell’intera area napoletana e nella città partenopea. Un fiorente commercio soppiantato dall’avvento della produzione del “ghiaccio artificiale” con la sempre più sofisticata catena dell’ “industria del freddo” a lunga conservazione.
Di certo, e fin dall’iniziale avvio,la crescente domanda, con la connessa remunerazione, assicura all’opificio produttività di buon livello, favorita anche e soprattutto dall’esperienza tecnica fornita dai Maestri artigiani della tradizione di Murano, che garantiscono l’ottima gestione dell’intero ciclo lavorativo. E quale sia stato il ruolo esercitato dall’opificio nel territorio di Monteforte Irpino, è fornita un’eloquente testimonianza nella documentata e preziosa monografia scritta e pubblicata nel 2013 dal compianto Carmine Santulli – poliedrico uomo di cultura, geometra di lungo corso professionale e ben stimato dottore in Scienze biologiche, ambientalista di virtuosa caratura- ed intitolata “I Segni, i Luoghi,le Memorie del Montis Fortis”, un’organica e intelligente guida di primaria importanza per la conoscenza della storia civile ed economica dell’intera area. E non è affatto casuale che l’intero contesto del valico montefortese, abbia assunto nella corrente parlata nostrana quale toponimo identificativo “ ‘ A Vetrera”, a riconoscimento della funzione sociale svolta dall’opificio di Luigi Masullo. Una realtà produttiva che nei decenni successivi viene trasferita ad Avellino, in strutture in cui è possibile attivare i forni della lavorazione del vetro con l’utilizzo del carbone fossile, fonte energetica sicura, potente e di agevole impiego, certamente meno ingombrante dei materiali lignei da ardere.
A seguire, l’opificio è interessato da un’ulteriore delocalizzazione, in quel di Cimitile, nella località, Bracciolla, e sempre nel segno dell’innovazione energetica, che, nella fattispecie, deriva dall’utilizzo dei combustibili liquidi, quali sono le nafte derivate dal petrolio, che permettono di ridurre sensibilmente i costi di produzione nella gestione dei forni; ma quello cimitilese sarà soltanto il sito di transizione per la definitiva localizzazione nel 1904 a Nola dell’opificio notevolmente cresciuto, che aveva “creato” Luigi Masullo ed era affidato alle sapienti mani e capacità imprenditoriali dei figli, Carlo e Antonio Masullo. E con quella dell’opificio- Masullo, diventato importante complesso produttivo nella località “Polveriera” interagisce e si salda la vicenda dell’opificio-Cerasuolo, pure dedito alla lavorazione del vetro in città, con minore risonanza, ma di analoga importanza per la qualità delle produzioni. E, per inquadrare i valori lavorativi, economici e imprenditoriali, rappresentati dalle due consimili realtà imprenditoriali, basterà considerare che nella prima parte del ‘900, la Campania diventa per fatturata e competitività il terzo polo produttivo nazionale nell’arte vetraria, dopo quello veneto e quello toscano. Un ‘eccellenza del Sud per un trend di crescita determinato proprio dall’attività degli stabilimenti Masullo e Cerasuolo. E il complesso industriale della Vetreria–Masullo contava su una forza–lavoro costituita da 500, tra tecnici ed operai specializzati.
E’ la storia che negli anni ’50 s’intreccia con la “nascita” del primo Istituto statale ad indirizzo tecnico commerciale e per geometri, a servizio dell’ area nolano–mariglianese, includendo Pomigliano d’Arco, dell’ area basso–irpina, versante avellano e lauretano, e dell’area vesuviana “interna”. Una platea di potenziale utenza per Comuni, che in quegli anni contavano una popolazione complessiva di circa 300 mila abitanti. Una “nascita” che accompagnava la sostanziale trasformazione sociale del territorio, che dai profili di economia agricola, legata alla rendita derivata dalla grande e media proprietà terriera, e silvo – pastorale passa ai profili del crescente terziario, della piccola e media impresa, dei servizi e impiego nelle pubbliche amministrazioni, mentre era in dirittura d’arrivo il boom economico degli anni ‘60 e il contrasto all’analfabetismo di massa aveva già vinto in rapida successione le sue pacifiche “battaglie” d’emancipazione umana e riscatto sociale, specie nel Sud. Uno scenario, in cui la domanda di elevazione civile e culturale era ben avvertita e sul territorio se ne fecero interpreti attenti e solerti, imprenditori, come Antonio Masullo, in sintonia con i sindaci e gli amministratori comunali, segnatamente dell’ area nolana e dell’ area basso–irpina, che seppero dare nella circostanza una delle rare testimonianze di coesione per la buona governance del territorio, senza guardare a campanili ed orticelli di sterili e deteriori localismi. “Nasceva” così l’Istituto statale superiore a indirizzo tecnico, nel ’54 per ragionieri, e nel ’59 per geometri, ma senza … aule e spazi fisici nel palazzo comunale di piazza Duomo e a piazza d’Armi, in un’ala ri-sistemata dell’ex Caserma del ’48 diroccata in gran parte per le profonde ferite subite nel secondo conflitto mondiale. Successivamente sarà costruito l’edificio dedicato all’ Istituto, in via De Sena, e sarà intitolato proprio ad Antonio Masullo, attestandone la bella e lucida visione imprenditoriale e lo spirito di servizio per il territorio la cui promozione di civile sviluppo non può mai essere scissa dal ruolo della Scuola e dalle sue articolazioni d’istruzione e formazione delle giovani generazioni. Un messaggio di larga attualità nei tempi che ancora risentono della socialità sospesa per il lockdown innescato dal Covid–19. Tempi che i giovani hanno saputo vivere- e vivono- con senso di consapevole responsabilità.