Non a caso il documento ha già avuto la firma di alcuni illustri uomini della cultura e il sostegno di diverse aree del partito, come quelle di veltroniani, prodiani, pittelliani, mariniani e altri si inserisce in un più ampio progetto di ristrutturazione del partito che le stesse sensibilità stanno immaginando insieme a Matteo Renzi e Massimo D’Alema. Il prossimo congresso così potrebbe vedere la sfida tra Letta-Franceschini-Bersani da un lato e Renzi-Bettini-D’Alema.
«Mi pare che in questo quadro – dice Vittoria – il manifesto presentato da Bettini sia la cosa più innovativa che si sia vista nel Partito Democratico, quella che dà realmente il senso di una visione di partito e di democrazia nel nostro Paese. Bettini in esso dice una cosa semplice e fondamentale: occorre riaccendere la speranza, il che significa principalmente far ritornare la voglia di partecipazione alla vita politica del Paese, dare una risposta all’astensionismo e al grillismo, catturare consenso laddove esso si è rifugiato in fortini diversi». Per il dirigente irpino «il Pd ha insomma la necessità di aprire una nuova fase costituente riscoprendo il dialogo col mondo degli intellettuali, dei saperi, delle associazioni, aprendo le porte a tanti che chiedono che si riaccenda speranza». Una proposta diversa, antitetica, si potrebbe dire, rispetto a «quella di Letta e della sua tecnocrazia».
Di questo Vittoria vorrebbe parlare oggi nel corso della direzione nazionale. Si parlerà sicuramente dell’attività del governo Pd-Pdl. Su questo argomento Vittoria non nasconde perplessità. Occorrerebbe, dice, «affrontare due temi cruciali, la riforma elettorale e la crisi del lavoro». E invece le questioni vere vengono messe da parte. «Ho stima del ministro Del Rio – dice ancora il firmatario del manifesto di Bettini – ma la riforma delle province che ha presentato mi sembra rimanga a mezz’aria. Non entra nel tema cruciale del Paese che è quello di riscoprire il rapporto con le comunità soprattutto in un mezzogiorno in cui i paesi sono polvere, sono vittime della fuga di braccia e di cervelli».
Ecco perché il Pd ha bisogno di «fare subito il congresso» evitando tatticismi che finiranno col rinviare alle calende greche questo appuntamento.
«Dobbiamo confrontarci – aggiunge Vittoria – non semplicemente per sapere chi vince e chi perde ma per mettere al centro le idee. Il manifesto di Bettini lo dice in modo chiaro: occorre superare le correnti valorizzando le diversità culturali e lasciandoci alle spalle posizionamenti e parcellizzazione».
Quello a cui pensa l’ex segretario è un partito che si apra ai circoli e al territorio. «Di questo ci sarebbe bisogno anche in Irpinia. Qui dobbiamo dare vita ad un tesseramento non burocratico ma fatto di contenuti, di proposte. Il rischio altrimenti è che parole come crescita e sviluppo diventino cose vuote. Non vorrei che nel Pd irpino il prossimo congresso fosse altro, diventasse cioè una sorta di esercizio per la conservazione della classe dirigente. Il Partito Democratico è nato per rompere gli schemi, per dar vita ad un campo largo, inclusivo. Per questo al congresso occorre candidare le idee, ossia il modello dell’Irpinia che vogliamo costruire».