Il Giappone riprende il brutale massacro delle balene, sfidando le critiche a livello mondiale e sostenendo la finalità scientifica dell’operazione: cinque baleniere sono infatti rientrate dopo una spedizione nell’Oceano Antartico nella quale sono stati uccisi 333 esemplari. La quota di 333 belane e’ esattamente un terzo delle catture totali ammissibili che ha a disposizione il Giappone nell’ambito del programma promosso dall’ICR (Istituto giapponese per la Ricerca sui Cetacei) consente l’uccisione a scopo scientifico. Ne danno notizia media giapponesi e internazionali. Le baleniere, partite lo scorso novembre, sono rientrate senza aver dovuto affrontare alcuna protesta da parte dei gruppi animalisti in difesa delle balene. Il Giappone è tra i firmatari della Moratoria alla caccia alle balene promossa dalla Commissione internazionale sulla caccia alle balene (Iwr), tuttavia, sottolineano i media internazionali, «sfrutta una scappatoia che permette la caccia alle balene per ragioni scientifiche». Tokyo continua a giustificarsi con la scusa che la popolazione delle balenottere minori rimane stabile in numero di esemplari e che la caccia serve a “conoscere meglio le rotte migratorie dei cetacei”.Il Giappone ha già ricevuto una diffida nel 2014 dalla Corte di giustizia dell’Aja, secondo la quale la «caccia scientifica» non è altro che un pretesto per scopi commerciali. Negli ultimi 14 anni sono più’ di 4700 le balene uccise e tra queste sono diverse le femmine gravide catturate. Sembra infatti che delle 333 balene ben 207 portavano in grembo un cucciolo. La carne di balena e’ comunque ancora venduta nei ristoranti giapponesi motivo per cui i politici nipponici cercheranno di avere il sostegno per poter aumentare il numero in futuro il numero di esemplari cacciabili. Immettere sul mercato carne di balena etichettata come caccia a scopo scientifico, che di scientifico non ha nulla.