Il pressing di Campania, Puglia, Marche, Liguria e Veneto per il voto a luglio. La Toscana non avanza rivendicazioni e si conforma alle disposizioni del governo. Le proposte delle liste bloccate con stop alle preferenze per l’Assemblea regionale del Centro direzionale di Napoli finite sul binario morto
di Gianni Amodeo
E’ stato approvato il 20 aprile dal Consiglio dei ministri il decreto che indica l’arco temporale, incluso tra il 15 settembre e il 15 dicembre, entro il quale vanno indette le elezioni per il rinnovo delle presidenze e dei Consigli delle Regioni in scadenza di mandato nel mese di maggio in corso e, contestualmente, ne ha sancito la conseguente proroga al 31 agosto. E sono sei le Regioni interessate alla tornata elettorale, Campania, Puglia, Marche, Toscana, Liguria e Veneto, oltre la Valle d’Aosta, regione autonoma con Statuto speciale. E lo stesso arco temporale è stato indicato per le elezioni dei sindaci e dei civici consessi di 1000 Comuni, tra cui 14 capoluoghi di provincia, come Reggio Calabria, Arezzo, Bolzano, Treviso. Un rinvio reso necessario dall’emergenza corona–virus, ma che già nell’immediatezza dell’emanazione del decreto è stato considerato troppo prolungato dai presidenti di Campania, Puglia, Marche, Liguria e Veneto, per i quali, invece, l’appuntamento elettorale può essere fissato il 12 o il 25 luglio, mentre la Regione-Toscana non ha avanzato alcuna rivendicazione, conformandosi alle decisioni del Consiglio dei ministri.
E’ una rivendicazione, quella di luglio, rilanciata in questi giorni con forza in ambienti politici e partitici e dagli stessi presidenti delle Regioni interessate, che, però, non è affatto condivisa dall’Associazione nazionale dei Comuni italiani, presieduta dall’onorevole Enzo Bianco. Per l’Anci, che costituisce il massimo organismo di rappresentanza degli Enti locali, in via preliminare, non ha alcun senso di logica ed opportunità sia istituzionale che politico concepire l’indizione delle elezioni separate, tra Regionali e Comunali che vanno, invece, accorpate nell’arco autunnale, così com’è prefigurato dalle indicazioni del decreto del Consiglio dei ministri del 20 aprile. E l ’accorpamento va riferito, sottolinea l’ Anci, anche al voto per il referendum costituzionale per la conferma del cosiddetto taglio dei parlamentari, in virtù del quale la Camera dei deputati da 630 eletti scende a quota-400 parlamentari, mentre la Camera dei senatori passa da 315 eletti a 200 parlamentari. Un voto, quello del referendum confermativo, che doveva svolgersi già a marzo, ma slittato sine die per l’emergenza pandemica.
L’ Anci evidenzia le ragioni di economicità che sono alla base dell’ election –day, considerando in modo particolare le condizioni di criticità esistenti negli Enti locali alle prese con l’emergenza covid-19, entrata nella cosiddetta fase- 2 della convivenza con il virus; fase, che ormai si coniuga sempre più con l’emergenza economica e sociale, specie per le piccole e medie imprese, mentre la fase-3 della normalità neanche si prospetta nelle linee generali d’indirizzo. In specifico, l’Anci, puntando sull’ election-day, chiede al governo la definizione al più presto possibile di un protocollo che fissi regole e modalità chiare, per assicurare l’uniformità a livello nazionale dello svolgimento delle attività preelettorali e delle consultazioni elettorali; protocollo da osservare rigorosamente in modo da garantire i requisiti necessari costituiti dalla segretezza del voto e dalla sicurezza di tutti coloro che operano a vario titolo di responsabilità e competenza per il normale andamento delle consultazioni. E’ una domanda di garanzia e trasparenza, messa in risalto dall’on.le Bianco nell’audizione resa proprio sul decreto per le elezioni nella sede della Commissione della Camera dei deputati per gli Affari costituzionali; domanda tanto più marcata e pertinente, se si considera che in autunno, così come allo stato attuale, è più che probabile il perdurare dell’emergenza covid-19, con tutte le prescrizioni restrittive da osservare in materia di confinamento e distanziamento sociale per la prevenzione e il contrasto alla contagiosità del virus.
Liste bloccate in Campania senza preferenze. Proposte indecenti e irricevibili per i “micronotabili”
Per completezza dei dati, va rilevato che per le elezioni degli organi istituzionali sono in vigore venti legislazioni, corrispondenti ai quadri normativi delle 15 Regioni ordinarie e delle 5 Regioni autonome a statuto speciale, che formano l’assetto dello Stato repubblicano, incardinato nella Carta costituzionale. Nello specifico in Campania nel prospettare le ragioni del voto a luglio per la composizione del Consiglio del Centro direzionale di Napoli, sono state proposte due ipotesi, quella del listone per coalizioni partitiche con posti bloccati per l’assegnazione dei seggi e senza differenziazioni tra i collegi provinciali, e quella di semplici liste bloccate per partiti in collegi provinciali; denominatore comune dell’una e dell’altra proposta, l’abolizione del voto di preferenza. Una scelta, mirata ad evitare campagne elettorali dispendiose e sontuose, conferendo, nel contempo, prevalenza determinante alle designazioni delle segreterie dei partiti e dei candidati-presidenti, ma contestata in particolare dai consiglieri regionali uscenti, sollevando anche eccezioni di costituzionalità.
In realtà- sostiene il sociologo Mauro Calise– lo stop alle preferenze è strutturato per porre ai margini e depotenziare i ruoli di quelli che chiama “micronotabili” dei territori con il noto potere di condizionamento negli orientamenti elettorali, promuovendo e allestendo liste di collegamento per questa o quella coalizione , da un verso all’altro dello scacchiere politico, senza tante sottigliezze, come per una partita di roulette, pur di accaparrare seggi. Ma, al tirare delle somme, lo stop preventivato non poteva avere vita … lunga ed è finito su un binario … morto, con il dibattito relativo strozzato e liquidato in un baleno. Recepirlo e avvalorarlo senza remore e riserve avrebbe messo in liquidazione le chances dei “micronotabili” in servizio permanente per tutte le stagioni politiche. E di lungo corso e potere, tout court. Meglio lasciare andare, in attesa degli eventi.