Un dato di realistica constatazione, da non accettare né subire con passiva inerzia e rassegnazione. E’ -questa- la prospettiva, in cui è stata collocata la Tre giorni dell’articolata Mostra di testi,documenti illustrativi, pannelli fotografici, articoli giornalistici e della stampa specializzata allestita nella Sala di rappresentanza del Museo civico, intitolato alla memoria di Luigi D’ Avanzo, ch’è stato uomo di scuola con profonda cultura umanistica e classicheggiante, oltre che appassionato cultore ed autore di saggi e monografie della storia del territorio. Un’operazione di ampio respiro, promossa ed organizzata dagli Amici del Museo, il sodalizio, presieduto da Domenico Capolongo e che ha fatto registrare consensi convinti, con un flusso di visitatori più che positivo, dando forma e sostanza reale alle aspettative del sodalizio, attivamente impegnato da anni, in sinergia con il Circolo Duns Scoto, in meritorie e proficue iniziative di sensibilizzazione sociale e culturale per l’area nolana e della Bassa Irpinia Il racconto della Mostra é stato calibrato sull’avvilente condizione, in cui versano la Chiesa del Convento e dalla Cappella dei beati morti, complessi architettonici che sono stati nel corso dei secoli riferimenti di accoglienza ed aggregazione, ma soprattutto d’intensa vita religiosa. Uno scenario di rovinoso abbandono e degrado, che ne ha compromesso e scempiato l’originaria configurazione. Altro profilo della Mostra, la condizione del sito archeologico della collina di Cammarano, dove verdeggiano estesi e diffusi oliveti, in un contesto paesaggistico e naturalistico di grande pregio ed attrazione, strettamente correlato con l’incanto della Foresta demaniale, splendida ed autentica oasi del territorio, nella propaggine del Parco del Partenio, che occhieggia sull’area nolana. Un magnifico sistema di bio-diversità, per l’ eccezionalità della flora e della fauna avicola, gestito al meglio dal Corpo forestale dello Stato. Un sito, quello della collina di Cammarano, che due anni fa appena, è stato interessato da interventi di scavo, fornendo importanti reperti e testimonianze archeologiche dell’Alto Medio evo. Un primo approccio, autorizzato e coordinato dalla Soprintendenza speciale di Napoli e Pompei, il cui prosieguo potrebbe riservare, secondo gli esperti del settore, ulteriori e più esaustivi materiali identificativi di insediamenti abitativi, dando altre utili chiavi di lettura e conoscenza per la storia del territorio e delle trasformazioni sociali, da cui è stato attraversato nel fluire dei tempi. Spazio particolare la Mostra ha riservato alla rappresentazione del Qanat , meglio noto come l’ Acquedotto delle Fontanelle, la cui costruzione è d’incerta datazione, anche se si fa risalire all’età romana, senza fissarne il periodo. Un ingegnoso sistema di gallerie, anguste e drenanti, con venti pozzi alti dai 15 ai 20 metri, in funzione della canalizzazione di servizio esclusivo, tipico del regime feudale dei tempi, per l’approvvigionamento idrico del Castello, andato in rovina, e fino al ‘700 del Palazzo baronale, alimentando successivamente le fontane pubbliche cittadine; fontane, che, come in tutte le realtà del Sud, fino agli ’50 del secolo scorso, sono state di primaria utilità sociale, nell’assicurare per la gran parte delle popolazioni, l’unica certezza per gli usi idrici domestici. Ed anche l’ Acquedotto delle Fontanelle, pur costituendo un modello di sicuro interesse per la tecnica costruttiva utilizzata, rispetto alla complessa morfologia dell’area, su cu insiste, soggiace ad uno stato di deplorevole incuria. Quattro testimonianze e luoghi simbolici, su cui la Mostra ha aperto i riflettori. Fasci di luce, che s’intrecciano, rischiarando beni da tutelare e valorizzare. Un appello, quello lanciato dagli Amici del Museo, che coinvolge l’amministrazione comunale direttamente. E l’amministrazione, guidata dal sindaco Raffaele De Simone, è pronta a fare la sua parte. Il percorso da compiere richiede,tuttavia, consistenti risorse economiche, di cui l’Ente di piazza San Giovanni non dispone e tutt’altro che agevoli da reperire nell’immediato, stante la precarietà e l’esiguità delle risorse pubbliche regionali in ambito del Por e del governo nazionale, destinate al comparto dei beni culturali. E d’interventi privati, controllati dalle istituzioni pubbliche, non si profilano …neanche oscillanti ombre. Meritorio resta l’aver suscitato ed alimentato l’attenzione, stimolando l’opinione pubblica locale, per rimuovere la cappa del silenzio e dell’indifferenza, in cui si ritrovano la Chiesa del Convento, la Cappella dei beati morti, l’ Acquedotto delle Fontanelle, mentre il sito di Cammarano è un libro ancora tutto da sfogliare.