a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 12 settembre la chiesa celebra il Santissimo Nome di Maria, dopo la festa della Natività della Santissima Vergine, la Chiesa consacra un giorno ad onorare il santo nome di Maria per insegnarci attraverso la Liturgia e l’insegnamento dei santi, tutto quello che questo nome contiene per noi di ricchezze spirituali, perché, come quello di Gesù, lo abbiamo sulle labbra e nel cuore. La devozione al nome di Maria, presto arricchita dai pontefici di particolari indulgenze, risale alla metà del XII secolo. La festa del santo nome di Maria fu concessa nel 1513, da papa Giulio II, ad una diocesi della Spagna, Cuenca. Soppressa da san Pio V, inizialmente celebrata il 15 settembre, poi spostata da papa Sisto V al 17 dello stesso mese (1587), la celebrazione della festa venne estesa da papa Gregorio XV all’arcidiocesi di Toledo, nel 1622, e da papa Clemente X all’intera Spagna nel 1671 e al Regno di Napoli e Milano. La sua promozione a festività di tutta la Chiesa è dovuta al beato Innocenzo XI, che con decreto del 5 febbraio del 1685 ne spostò anche la data alla domenica fra l’Ottava della Natività, per commemorare la messa che a Vienna, il 12 settembre del 1683, aveva suggellato l’alleanza fra l’imperatore Leopoldo I d’Austria e il re polacco Giovanni III Sobieski, quel giorno, i due sovrani cattolici avevano dato il via alla controffensiva che portò alla liberazione della capitale austriaca dall’assedio dei Turchi (12 settembre 1683). Il santo papa Pio X la riportò al 12 settembre la riportò alla data tradizionale del 12 settembre, papa Paolo VI la soppresse dal calendario romano e poco dopo papa Giovanni Paolo II, nella terza edizione del Messale Romano (2002), la fece riapparire come memoria facoltativa nella data del 12 settembre.
12 settembre: san Guido di Anderlecht, nacque intorno al 950, figlio di contadini della regione belga del Brabante, Guido fin da giovanissimo si dimostrò mite e generoso, distaccato dai beni terreni. Dalla storia sappiamo che era garzone presso un contadino della zona e che donava ai poveri tutto quanto egli possedeva, compresa la razione di pane a lui destinata. Lasciata la terra natia si recò a Laken, presso Bruxelles, dove divenne sacrestano presso la Chiesa di Notre Dame, svolgendo una intensa attività a favore dei poveri, dapprima raccogliendo elemosine e poi costituendo una attività commerciale via mare, i cui fondi erano destinati agli indigenti, ma la prima nave che riuscì ad armare affondò nella Senna con tutto il carico. A seguito del naufragio che fu considerato come un presagio divino, Guido abbandonò l’attività commerciale e partì in pellegrinaggio nei luoghi cristiani d’Europa e in Terrasanta. Per sette anni percorse strade tortuose e insicure. Di ritorno dalla Terrasanta, a Roma, incontrò il decano di Anderlecht, Wonedulphe, gravemente malato che prima di spirare, gli affidò il compito di annunciare la sua morte ad Anderlecht. Guido riuscì a portare a termine la sua missione, stanco e malato venne ospitato da un sacerdote di Anderlecht, dove morì per dissenteria. La sua vita si era trasformata in quella di un pellegrino, povero tra i poveri, umile, ma tenace annunciatore del messaggio evangelico. Per questo motivo, Guido di Anderlecht può essere a ragione considerato un precursore di san Francesco d’Assisi. Morì il 12 settembre 1012; patrono dei sacrestani, agricoltori, campanari.
12 settembre: beato Tesauro Beccaria, nacque a Pavia in data imprecisata, da una nobile e importante famiglia pavese dei Beccaria. Entrò nella comunità dei Vallombrosani, fondata da san Giovanni Gualberto, un ramo dell’ordine benedettino, divenendone abate generale. Papa Alessandro IV lo inviò a Firenze, come legato pontificio, con l’incarico di cercare un accordo tra le fazioni guelfa e ghibellina della città. Dopo la morte di Federico II, nel 1250, la fazione guelfa aveva preso il sopravvento a Firenze, compiendo una lunga serie di vendette ed epurazioni che erano culminate con l’esilio delle famiglie ghibelline e con la distruzione delle loro case. Nel 1258 Tesauro fu arrestato con l’accusa d’aver segretamente trattato con re Manfredi di Sicilia per favorire il rientro dei ghibellini a Firenze. Per la verità Tesauro veniva incolpato di aver stretto segreta alleanza con i seguaci e amici del cardinale Ottaviano, in specie con Guido Novello e con Farinata degli Uberti; inoltre gli vennero mosse accuse di immoralità, e dinanzi al parlamento vennero a deporre contro di lui alcuni monaci vallombrosani e altri ecclesiastici fiorentini, oltre che vari laici. Non seguì una vera condanna, e il supplizio avvenne a furore di popolo. Processato e condannato a morte, il 4 (o il 12) settembre 1258 venne giustiziato, mediante decapitazione, nell’antica Piazza di Sant’Apollinare. L’esecuzione causò alla città di Firenze l’interdetto papale che durò per oltre 7 anni. L’uccisione dell’abate provocò anche la condanna da parte della Città di Pavia che minacciò di imprigionare i mercanti fiorentini e di confiscarne i beni. I fiorentini risposero, attraverso la penna di Brunetto Latini, a nome della Signoria di Firenze, che se l’abate fosse resuscitato mille volte, mille volte avrebbe meritato la morte, pur dichiarandosi disposti a trattative di pace. Morì il 12 settembre 1258.