a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 29 dicembre la chiesa celebra san Davide re e profeta, nacque a Betlemme nel 1040 circa a.C., era il più giovane dei sette figli di Isai, della tribù di Giuda. Era ancora giovanissimo quando Samuele fu mandato da Dio alla casa di suo padre per consacrarlo re. Chiamato dalla montagna dove pascolava il gregge paterno, venne alla presenza di Samuele che, con olio benedetto, lo consacrò re in mezzo ai suoi fratelli. Da quel giorno lo spirito del Signore si posò in particolar maniera sopra Davide. Al contrario, re Saul fu assalito da uno spirito di tristezza e di malinconia che ben spesso lo faceva dare in furore. Davide suonava l’arpa con grande maestria e cantava bene: fu quindi chiamato alla corte, fatto scudiere e con l’armonia del suono e con la melodia del canto dissipava la tristezza di Saul. Mentre Davide si trovava alla corte, ci fu guerra fra Israeliti e Filistei. Per evitare spargimento di sangue, un uomo filisteo, alto più di tre metri, chiamato il gigante Golia, avanzava verso gli Israeliti e diceva: «Se c’è qualcuno tra voi che voglia venir a battersi con me avanzi». E così per 40 giorni. Davide, uditolo, esclamò: «Chi è questo incirconciso che ardisce insultare il popolo del Signore? Io andrò a combattere contro di lui». Prese la fionda e il bastone, andò incontro al gigante, e con la fionda scagliò una pietra che colpì Golia in fronte e lo fece stramazzare a terra. Davide gli fu sopra: gli sfoderò la spada e gli troncò il capo. Saul non si rallegrò per la vittoria, anzi, preso da invidia, cercava la morte di Davide, che per sfuggirla andò per i deserti. Morto Saul, Davide, con grande zelo, condusse il popolo alla virtù e al timor di Dio. Diede splendore al culto divino; e, innalzato un magnifico padiglione sul monte Sion, vi fece trasportare l’Arca dell’Alleanza. Peccò anche, ma pianse i suoi peccati, fece penitenza, rimproverato dal profeta Natan, detestò i suoi errori e accettò la punizione di Dio. Prossimo alla morte chiamò il figlio Salomone e gli disse: «Mio caro, cammina nelle vie del Signore, osserva i suoi comandamenti ed egli ti concederà un felice successo nelle tue imprese». Poco dopo finì in pace i suoi giorni; patrono dei cantanti, musicisti e poeti
29 dicembre: san Tommaso Becket, nacque a Londra (Inghilterra) il 21 dicembre 1118, fin dall’infanzia venne avviato alla carriera ecclesiastica: dopo la formazione ricevuta all’abbazia di Merton, approfondì gli studi a Parigi e, tornato in patria, entrò a servizio dell’arcivescovo di Canterbury Teobaldo di Bec, che ne fece uno dei suoi più stretti collaboratori e lo inviò ad approfondire lo studio del diritto canonico a Bologna e ad Auuxerre; nel 1154, venne ordinato diacono e Arcidiacono della Cattedrale. Enrico II re d’Inghilterra, consigliato dal clero, lo nominò Cancelliere del Regno. L’amicizia di Enrico II gli consentì di essere nominato, nel 1162, arcivescovo di Canterbury e primate d’Inghilterra: il nuovo ufficio determinò un mutamento nell’atteggiamento di Tommaso, che da allora difese soltanto gli interessi del clero, incurante dei progetti politici del sovrano. Il conflitto con Enrico II ebbe inizio per una disputa sul caso in cui una corte secolare avrebbe potuto processare un ecclesiastico che avesse commesso un reato. Enrico tentò di sottomettere Tommaso e gli altri prelati facendogli giurare di obbedire ai costumi del reame, ma la controversia si sviluppò attorno a cosa costituisse tali costumi, e la Chiesa, nel concilio di Westminster, nel 1163, si mostrò riluttante a sottomettersi. Prima della fine di quell’anno, Enrico ottenne che diversi vescovi rivedessero le loro posizioni e, alla fine, intervenne anche papa Alessandro III, a convincere Tommaso, che promise il suo consenso alle consuetudini. Al concilio di Clarendon, nel 1164, Tommaso approvò le consuetudini, ma quando dovette porre la firma sullo scritto che le codificava si rifiutò di firmarle, non condividendo alcuni dei 16 articoli delle Costituzioni di Clarendon. Con quest’ultimo documento, Enrico II cercava di diminuire i poteri della Chiesa in Inghilterra. Tra le varie clausole delle Costituzioni, imponeva infatti che gli uomini di chiesa dovessero essere processati, oltre che da un tribunale ecclesiastico, anche da un tribunale laico, e che le nomine più importanti della Chiesa (vescovi, arcivescovi) dovessero essere approvate dal re. La resistenza dell’arcivescovo suscitò l’ira del re. Tommaso sentendosi minacciato, cercò rifugio in Francia anche per sollecitare di persona l’appoggio di papa Alessandro III, che si trovava in esilio in Francia: il 2 novembre 1164 venne accolto da Luigi VII. Anche dal suo esilio Tommaso continuò a contrastare Enrico II. Dovettero trascorrere alcuni anni prima che vi fossero segni di distensione tra il primate e il re. Tommaso fece ritorno in Inghilterra il 1 dicembre 1170. In uno dei suoi eccessi d’ira, Enrico II chiese che qualcuno lo liberasse dalla presenza di Tommaso. In ogni caso, quattro cavalieri, con la convinzione di avere il permesso reale per uccidere Tommaso, il 29 dicembre, giunsero a Canterbury e chiesero di vedere Tommaso: lo trovarono nella sua camera da letto. Tommaso sapeva il motivo per cui si trovavano lì. Sebbene il colloquio iniziasse in modo pacifico, terminò con ingiurie e minacce da parte dei quattro. Tommaso spinto dai suoi assistenti, si avviò lentamente verso la chiesa, in processione dietro la croce, mentre i monaci cantavano i vespri. Al suo ingresso in chiesa, fu travolto da un gruppo di monaci terrorizzati che cercarono di chiudere le porte dietro di lui, ma Tommaso le riaprì. I cavalieri si precipitarono nella chiesa urlando e tra gli altari di Nostra Signora e San Benedetto, Tommaso fu brutalmente ucciso a coltellate il 29 dicembre 1170