a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 2 settembre la chiesa celebra sant’Antonino di Apamea, nacque ad Aribazos nella Siria Seconda (attualmente sud della Turchia vicino al confine con la Siria); scalpellino di mestiere, trasferitosi in una località vicino Apamea di Siria, antica città posta sul fiume Oronte, rimproverò i pagani che adoravano i loro idoli; trascorse due anni presso un anacoreta di nome Teotimo ritornando poi presso Apamea, qui rivelando uno zelo che rasentava l’imprudenza, entrò nel tempio frantumando gli idoli, provocando così l’ira dei pagani, che lo percossero. Il vescovo di Apamea gli chiese di costruire un chiesa in onore della Santissima Trinità, ma dopo aver iniziato il lavoro fu assalito dai pagani che si ritenevano offesi dalla sua sfuriata e l’uccisero, aveva solo 20 anni.
2 settembre: sant’Elpidio abate, originario della Cappadocia, intraprese un viaggio in Palestina, viaggio iniziato senza dubbio per la devozione di visitare i luoghi santi, onorati dalla presenza del Salvatore. Qui mediante la meditazione e la contemplazione, desiderava vivere, i patimenti sofferti da Gesù Cristo per la nostra salvezza, abbracciando una vita mortificante e penitente, a questo punto pensò di non far più ritorno in patria, ma di passare la sua vita in quella terra bagnata dal sangue del Redentore e qui terminare i suoi giorni. A questo pensiero egli si rifugiò in una spelonca nei dintorni di Gerico, nella quale dimorò per la durata di 25 anni, vivendo una vita più angelica, che umana, in una continua orazione e meditazione delle eterne verità. La sua astinenza era così rigorosa, che non toccava cibi né di sabato e né la domenica; passava sovente notti intere pregando e salmeggiando, sempre eretto in piedi; si racconta che una volta mentre stava salmeggiando, fu morso da uno scorpione, senza che egli punto si movesse, né lasciasse distrarsi dalla sua preghiera, sebbene gli scorpioni in quelle zone siano velenosi, egli non né ricevette alcun male. La fama della sua santità attirò in quel deserto, dove dimorava, molte persone, le quali vollero anch’essi vivere sotto la sua disciplina, giovarsi delle sue istruzioni, tanta fu la moltitudine di coloro che abbracciarono la penitenza sotto la sua condotta, che il suo monastero sembrava una città in mezzo al deserto. Lo splendore delle sue virtù gli ottennero l’onore del sacerdozio, a cui fu promosso, affinché potesse con maggior frutto governare la numerosa schiera dei suoi discepoli e così indirizzarli alla perfezione evangelica. Il più illustre di questi discepoli, che eguagliò il suo santo maestro nell’esercizio della penitenza e nella pratica delle virtù cristiane, fu Sisinnio, nativo anch’egli della Cappadocia, ma di condizione servile. Il discepolo dopo aver trascorso setta anni con il maestro, dopo aver appreso le regole della perfezione evangelica, si rinchiuse in una grotta, come anacoreta per tre anni, facendo ritorno in Cappadocia dove fu ordinato sacerdote. Non conosce quando sant’Elpidio e Sisinnio siano morti, molto probabilmente ciò è avvenuto verso la fine del IV secolo o principio del V