a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 25 luglio si celebra san Giacomo Maggiore, detto il Maggiore per distinguerlo dall’apostolo, Giacomo di Alfeo; nacque a Betsàida, figlio di Zebedeo e di Salome, fratello maggiore dell’evangelista Giovanni, compare al seguito di Gesù fin dall’inizio della predicazione del Messia, i due fratelli erano in riva al lago di Genezaret, quando Gesù «li chiamò», la risposta fu pronta e totale: «Essi, lasciando la barca e il loro padre, lo seguirono». Anche in questo particolare si rivela la loro indole forte e ardente, per la quale ebbero da Gesù l’appellativo, tra la lode e il rimprovero, di «figli del tuono» (Βοανηργες), il loro successivo comportamento ne dà conferma, almeno in due occasioni: la prima volta, di fronte all’atteggiamento ostile dei Samaritani, che negarono l’ospitalità a Gesù e ai suoi discepoli: «Signore, – dissero a una voce Giacomo e Giovanni – dobbiamo invocare il fuoco dal cielo perché li divori?», più tardi, nell’ultimo viaggio verso Gerusalemme, entrambi avanzarono la presuntuosa richiesta di sedere uno a destra e uno a sinistra del Messia trionfante; nei due episodi dimostrano di non avere, compreso la lezione di amore e di umiltà del Maestro e tuttavia sono generosi quando si tratta di gettarsi nella mischia. Alla domanda di Gesù: «Potete voi bere il calice?», Giacomo fu il primo a rispondere: «Lo possiamo!», Gesù lo prese in parola e Giacomo rispettò puntualmente l’impegno preso. Dopo la Pentecoste, in cui dal cielo era guizzato non il fuoco inceneritore del castigo, ma quello vivificante dell’amore, anche Giacomo come gli altri apostoli fu vittima della persecuzione mossa dalle autorità giudaiche: venne gettato in carcere e flagellato, ci fu una seconda persecuzione, di cui fu vittima illustre santo Stefano, e ce ne fu una terza, più crudele delle due precedenti, scatenata da Erode Agrippa «per piacere ai Giudei». Questo Erode, mostrandosi degno imitatore dello zio, l’assassino di Giovanni Battista e del nonno Erode detto il Grande, che tentò di uccidere Gesù appena nato, per un semplice calcolo politico, durante le feste pasquali del 42 «prese a perseguitare alcuni membri della Chiesa»; fece morire di spada Giacomo, fratello di Giovanni, secondo una tradizione, non anteriore al secolo VI, l’apostolo Giacomo sarebbe il primo evangelizzatore della Spagna; patrono della Spagna.
25 luglio: san Cristoforo, il più antico testo degli Atti di san Cristoforo, risale al VII secolo; ma è con la narrazione della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine che la storia di san Cristoforo divenne famosa durante il Medioevo. Sulla vita di uno dei santi più popolari non esistono praticamente fonti autentiche, sicuri sono la sua esistenza e il suo martirio, tutto il resto è avvolto nella leggenda; nacque probabilmente in Canaan e i suoi genitori, pagani, gli imposero il nome di Reprobo, divenne alto e forte come un gigante. Secondo la leggenda, lasciò la sua patria per mettersi alla ricerca del sovrano più potente del mondo e servirlo. Durante il suo viaggio incontrò un eremita che lo iniziò alla vita cristiana, e Cristoforo fu attratto non dal digiuno, che praticava l’eremita, né dalla preghiera, un’esperienza a lui sconosciuta, ma dalla prospettiva dell’amore e del servizio per il prossimo. Stabilitosi sulla riva di un fiume, pieno di pericoli, aiutava a traghettare alcune persone al di là del fiume, appoggiandosi a un bastone, ma soprattutto avvalendosi della sua gigantesca statura e della sua forza fisica. Un giorno aiutò un bambino. Cristoforo se lo caricò sulle spalle ed entrò come al solito nel fiume, ma a metà strada il suo fardello si fece sempre più pesante rischiando di affogare. Quando arrivò sull’altra sponda, Cristoforo posò a terra il bambino e gli disse: «Pesavi talmente, che soltanto portando tutto il mondo sulle spalle avrei sentito un peso maggiore». Il bambino gli rispose: «Cristoforo, sulle tue spalle non soltanto hai portato tutto il mondo, ma anche colui che ha creato il mondo». Allora Gesù Cristo si fece riconoscere, battezzò il gigante e gli impose il nome di Cristoforo, che significa «portatore di Cristo»; secondo un’altra fonte Cristoforo era originario della Licia (attuale Turchia) dove il sovrano, un feroce persecutore dei cristiani, l’avrebbe fatto arrestare e torturato, di fronte al suo coraggioso comportamento, molti soldati di fede pagana si convertirono, dopo giorni di torture Cristoforo cadde a terra esausto, ma non ferito, allora il sovrano lo fece decapitare, il 25 luglio 250; patrono dei pellegrini, viaggiatori, piloti, camionisti, ferrovieri, facchini.
25 luglio: beato Angel Dario Acosta Zurita, nacque a Naolinco (Messico) il 13 dicembre 1908, da una famiglia di buoni cristiani. Il suo contesto familiare era semplice e la sua infanzia trascorse tranquilla. Fin da bambino conobbe le limitazioni e i sacrifici. È dovuto crescere durante il periodo della rivoluzione messicana, suo padre ha perso i mezzi economici per sostenere la sua famiglia, si ammalò gravemente e morì. La giovane vedova ha dovuto affrontare la situazione di estrema povertà e Dario ha contribuito a sostenere i suoi quattro fratelli. Con il sostegno di sua madre e con l’aiuto di don Miguel Mesa, entrò in seminario, dove si distingue per il suo carattere caritatevole e gentile e la sua condotta impeccabile. Si conquistò la simpatia dei suoi superiori e dei compagni per il carattere onesto, per la sua dedizione allo studio e la sua devozione. Aveva fama di essere un eccellente sportivo, gli piaceva molto il calcio e fu capitano della squadra per diversi anni. Fu ordinato sacerdote il 25 aprile 1931 e viene nominato vicario della parrocchia dell’Assunta nella città di Veracruz, accolto dai parrocchiani per il suo fervore e gentilezza, la sua preoccupazione fu la catechesi dei bambini e la dedizione al sacramento della riconciliazione. Nello Stato di Veracruz fu promulgato il Decreto Legge 197 conosciuto come la famigerata “Ley Tejeda”, che prevede la riduzione del numero dei sacerdoti nello Stato, per porre fine al “fanatismo del popolo”, come disse il Governatore, Adalberto Tejeda, il quale minacciò di morte quanti non lo avessero rispettato. Ad ognuno, Dario compreso, viene notificato, il 21 luglio, l’ordine di allontanamento, con minaccia di morte per chi non lo rispetterà. Nella parrocchia dell’Assunzione tutti i sacerdoti decidono di restare al loro posto, consapevoli del rischio della vita e Dario, il più giovane di tutti, non perde per questo la sua grande tranquillità e serena allegria. Sabato 25 luglio 1931 fu la data stabilita dal Governatore per l’entrata in vigore di questa legge iniqua. Era una giornata piovosa e nella parrocchia dell’Assunzione tutto trascorreva normalmente. La chiesa piena di bambini e semplici fedeli che attendono il loro turno per confessarsi, piombano all’improvviso militari, che sparano all’impazzata verso i sacerdoti. Tra la confusione generale e il pianto disperato dei bambini, un sacerdote viene ferito gravemente, che si salvò miracolosamente, protetto dal pulpito. Dario è letteralmente falciato da una scarica di pallottole nel momento in cui esce dal battistero, dove aveva finito di battezzare un bambino, cadde colpito crivellato di colpi, ha solo il tempo, prima di spirare, di esclamare «Gesù», quel Gesù al quale aveva donato la sua prorompente e allegra giovinezza. Morì il 25 luglio 1931, a 23 anni