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a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 13 settembre la chiesa festeggia san Giovanni Crisostomo,nacque ad Antiochia (oggi Siria) nel 349, da una famiglia cristiana benestante. Durante tutto il IV secolo profondi contrasti si erano verificati in Oriente, ed anche ad Antiochia, tra pagani, manichei, ariani, ebrei; gli stessi cristiani erano divisi tra due vescovi rivali: Melezio e Paolino. Anche in giovinezza, Giovanni visse in tale clima di contrasti. Suo padre, Secondo, era un alto ufficiale dell’esercito siriano, e morì quando Giovanni era ancora in tenera età; la madre Antusa, di soli ventidue anni, affrontò, da sola, il difficile compito di allevare lui e la sorella maggiore. A 18 anni incontrò il vescovo Melezio di Antiochia e chiese di essere battezzato.
Incominciò allora a seguire dei corsi di esegesi presso Diodoro di Tarso, la cui scuola era famosa per l’interpretazione letterale delle Sacre scritture, in contrapposizione con la scuola alessandrina, che privilegiava una lettura allegorica. Terminati gli studi, Giovanni ricevette gli ordini minori e si ritirò in un eremitaggio nel quale si dedicò allo studio della teologia. Compose un trattato, De Sacerdotio, molto influenzato da Gregorio Nazianzeno. Nel 381 venne ordinato diacono da Melezio ad Antiochia. Qualche anno più tardi fu ordinato sacerdote, diventando predicatore. La sua fama crebbe tanto che i fedeli cominciarono a prendere nota durante le sue omelie così da guadagnarsi il soprannome di Crisostomo, cioè «bocca d’oro». Nel 397 Nettario, arcivescovo di Costantinopoli, morì, dopo un’aspra battaglia per la successione, l’imperatore bizantino Arcadio scelse Giovanni, dietro suggerimento del potente eunuco Eutropio. Crisostomo fu consacrato Patriarca il 28 febbraio 398. Egli dirigerà con grande forza e rigore la Chiesa affidatagli, scagliandosi contro la corruzione e la licenziosità dei potenti, facendosi molti nemici a corte. Fece destituire molti presbiteri indegni: sotto queste misure cadde anche il vescovo di Efeso. Fece rientrare nei monasteri i monaci che erravano vagabondi. Aveva buone relazioni con la corte non gli impedivano di rimproverare la stessa imperatrice Eudossia di essersi accaparrata gli averi appartenuti a una vedova. Questi rimproveri incrinarono molto i rapporti tra la corte e l’arcivescovo. Nel 402 molti nemici di Giovanni si rivolsero al patriarca di Alessandria d’Egitto Teofilo di Alessandria, la cui Chiesa si trovava in contrasto con quella di Costantinopoli. Chiamato Teofilo a Costantinopoli per giustificarsi delle varie accuse che gli venivano mosse, Teofilo si presentò con una schiera di vescovi alessandrini e mise in minoranza Giovanni, che venne deposto ed esiliato dall’imperatore. Ma avendo l’imperatrice abortito in concomitanza con l’esilio di Giovanni, ella lo fece richiamare. Malgrado ciò, i suoi nemici non cessarono di tramare contro di lui e il 9 giugno del 404 venne definitivamente allontanato da Costantinopoli. Per tre anni rimase confinato a Cucuso, in Armenia, in cui svolse un’intensa attività. Nel 407 gli venne intimato un nuovo trasferimento a Pitiunte, sul Mar Nero. Giovanni morì a Comana, nel Ponto, durante il viaggio di trasferimento, secondo la tradizione, le sue ultime parole furono: «Sia lodato Dio per tutto». Morì il 14 settembre 407.
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