a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 15 agosto si celebra l’Assunzione della Beata Vergine Maria, è un dogma che la Chiesa cattolica insegna come verità rivelata; esso afferma che Maria è stata assunta, cioè elevata, in anima e corpo nella dimensione gloriosa. In altre parole, non soltanto l’anima, ma anche il corpo di Maria, reso incorrotto, è stato portato in Cielo. Il dogma dell’Assunzione fu solennemente proclamato da papa Pio XII con la costituzione dogmatica Munificentissimus Deus del 1 novembre 1950. Ignoriamo se, come e quando avvenne la morte di Maria, festeggiata assai presto come «dormitio Mariae». È una solennità che, corrispondendo al natalis (morte) degli altri santi, è considerata la festa principale della Vergine. La Chiesa celebra oggi in Maria il compimento dei Mistero pasquale. Essendo Maria la «piena di grazia», senza nessuna ombra di peccato, il Padre l’ha voluta associare alla risurrezione di Gesù. Gli scritti dei Padri e degli scrittori sacri, soprattutto a partire dal IV e V secolo, riferiscono alcuni dettagli sulla Dormizione e Assunzione di Maria, basati su alcuni racconti che rimontano al II secolo, secondo queste tradizioni, quando Maria stava per abbandonare questo mondo, tutti gli Apostoli – eccetto Giacomo il Maggiore, che aveva già subito il martirio, e Tommaso, che si trovava in India – si riunirono a Gerusalemme per farle compagnia negli ultimi momenti e un pomeriggio sereno e luminoso le chiusero gli occhi e deposero il suo corpo in un sepolcro. Pochi giorni dopo, dato che Tommaso, arrivato troppo tardi, insisteva a voler vedere il corpo, trovarono la tomba vuota, mentre si udivano canti celestiali. Indipendentemente dagli elementi di verità contenuti in questi racconti, è assolutamente certo che la Vergine Maria, per uno speciale privilegio di Dio Onnipotente, non fu sottoposta alla corruzione: il suo corpo, glorificato dalla Santissima Trinità, fu unito all’anima e Maria fu assunta in cielo, dove regna viva e gloriosa, accanto a Gesù, per glorificare Dio e intercedere per noi.
15 agosto: san Giacinto (Jacek) Odrovaz, nacque a Kamień Śląski (Polonia) nel 1183, dopo aver studiato diritto canonico e teologia a Cracovia, Praga e Bologna; quando ritornò a Cracovia, egli fu di validissimo aiuto al suo vescovo nell’amministrazione della diocesi. Sarebbe stato ordinato sacerdote e sarebbe divenuto canonico della cattedrale di Cracovia; nel 1218 accompagnò, il suo vescovo Ivo, come consigliere nel viaggio che fece a Roma per incontrare papa Onorio III. Sicuramente, nel 1221, fu a Bologna ed ebbe modo di incontrare san Domenico di Guzmán, che nel maggio di quell’anno celebrò nella città emiliana il secondo capitolo generale dell’Ordine dei Predicatori. Decise di diventare domenicano e dopo il noviziato ripartì per l’Europa orientale, dove aveva ricevuto l’incarico di diffondere l’Ordine: fondò i conventi di Friesach, Cracovia, Danzica e Kiev; per conto di papa Gregorio IX, lavorò per l’unione delle Chiese d’oriente e occidente. Giacinto è il classico tipo del domenicano della prima generazione, portò costantemente nel cuore il desiderio ardente della salvezza delle anime, scegliendosi sempre il compito più difficile: evangelizzare i Prussiani pagani, particolarmente bellicosi e selvaggi. In questo campo egli lavorò indefessamente in prima linea, sempre pronto al sacrificio e animato da spirito soprannaturale. Giacinto ricevette dalla Vergine Maria la notizia della sua morte un anno prima che lo colpisse. Ne approfittò per raddoppiare le preghiere, moltiplicare gli atti d’amore verso Dio e il prossimo, la vigilia della festa dell’Assunta del 1257 gli fu rivelato che il giorno dopo sarebbe andato a celebrare con i santi del Paradiso la festa di colei che in terra non si era mai stancato di amare e pregare, morì a Cracovia il 15 agosto 1257 dopo aver esclamato: «Nelle tue mani, o Signore, raccomando il mio spirito»; patrono della Lituania.
15 agosto: beato fra Claudio Granzotto (al secolo Riccardo Vittorio Granzotto), nacque a Santa Lucia di Piave (Treviso) il 23 agosto 1900, fin da bambino dimostra innate doti artistiche, sia nel disegno che nel modellare la creta. In seguito alla morte del padre, all’età di 9 anni deve lasciare la scuola per occuparsi, assieme ai suoi sei fratelli, della famiglia. Tenta, con scarso profitto, la professione di calzolaio e poi manovale, ma la sua passione rimane il disegno. Durante la prima guerra mondiale all’età di 18 anni viene arruolato nell’esercito e presta servizio in Italia e in Albania. Nel 1921 ritorna nella sua casa di Santa Lucia di Piave e inizia a lavorare nell’impresa edile del fratello maggiore Giovanni che, dopo molte sollecitazioni, gli permette di frequentare la scuola d’arte serale a Conegliano. Incoraggiato dal parroco mons. Vittorio Morando e grazie all’aiuto del fratello Giovanni, entra con successo all’Accademia delle Belle Arti di Venezia conseguendo, nel 1929, il diploma di scultore con il massimo punteggio. Il 7 dicembre 1933 entra nell’Ordine dei Frati Minori, a San Francesco del Deserto, nella laguna veneta. Nel 1935 è ammesso al noviziato come fratello laico e gli viene imposto il nome fra’ Claudio. Nel 1936 emette i voti religiosi e viene mandato al convento di San Francesco di Vittorio Veneto dove si dedica alla realizzazione di altre sculture, all’assistenza dei sacerdoti celebranti, alla cura dei malati. Conduce una vita umile e penitenziale dedicandosi anche alla questua, che pratica perfino per le strade di Santa Lucia dov’è conosciuto come affermato e stimato professore. Negli anni della seconda guerra mondiale, fra’ Claudio intensifica la sua dedizione verso i più bisognosi, rinunciava ai pasti per offrire il suo pranzo ai poveri, a loro donava la legna destinata a riscaldare il suo laboratorio e, per ottenere un pò di calore, bruciava carta umida che produceva solo fumo. Fu esempio di carità cristiana, di umiltà e di generosità, fra’ Claudio muore, come da lui predetto il 15 agosto del 1947 consumato da un devastante tumore al cervello.
15 agosto: san Tarcisio di Roma, Non abbiamo molte notizie sulla sua vita, siamo nei primi secoli della storia della Chiesa, più precisamente nel terzo secolo; si narra che fosse un giovane che frequentava le Catacombe di san Callisto a Roma ed era molto fedele ai suoi impegni cristiani. Amava molto l’Eucaristia e, da vari elementi, concludiamo che, presumibilmente, fosse un accolito, cioè un ministrante. Erano anni in cui l’imperatore Valeriano perseguitava duramente i cristiani, che erano costretti a riunirsi di nascosto nelle case private o, a volte, anche nelle Catacombe, per ascoltare la Parola di Dio, pregare e celebrare la Santa Messa. Anche la consuetudine di portare l’Eucaristia ai carcerati e agli ammalati diventava sempre più pericolosa. Un giorno, quando il sacerdote domandò, come faceva di solito, chi fosse disposto a portare l’Eucaristia agli altri fratelli e sorelle che l’attendevano, si alzò il giovane Tarcisio e disse: «Manda me». Quel ragazzo sembrava troppo giovane per un servizio così impegnativo. «La mia giovinezza – disse Tarcisio – sarà il miglior riparo per l’Eucaristia». Il sacerdote, convinto, gli affidò quel Pane prezioso dicendogli: «Tarcisio, ricordati che un tesoro celeste è affidato alle tue deboli cure. Evita le vie frequentate e non dimenticare che le cose sante non devono essere gettate ai cani né le gemme ai porci. Custodirai con fedeltà e sicurezza i Sacri Misteri?». «Morirò – rispose deciso Tarcisio – piuttosto di cederli». Lungo il cammino incontrò per la strada alcuni amici, che nell’avvicinarlo gli chiesero di unirsi a loro. Alla sua risposta negativa essi, che erano pagani, si fecero sospettosi e insistenti e si accorsero che egli stringeva qualcosa nel petto e che pareva difendere. Tentarono di strapparglielo ma invano; la lotta si fece sempre più furiosa, soprattutto quando vennero a sapere che Tarcisio era cristiano; lo presero a calci, gli tirarono pietre, ma egli non cedette. Morente, venne portato al sacerdote da un ufficiale pretoriano di nome Quadrato, diventato anch’egli, di nascosto, cristiano. Vi giunse privo di vita, ma stretto al petto teneva ancora un piccolo lino con l’Eucarestia. Venne sepolto da subito nelle Catacombe di san Callisto. Il Papa Damaso I fece un’iscrizione per la tomba di san Tarcisio, secondo la quale il giovane morì nel 257 d.C. Il Martirologio Romano ne fissa la data al 15 agosto e nello stesso Martirologio si riporta anche una bella tradizione orale, secondo la quale sul corpo di san Tarcisio non venne trovato il Santissimo Sacramento, né nelle mani, né tra le vesti. Si spiegò che la particola consacrata, difesa con la vita dal piccolo martire, era diventata carne della sua carne, formando così con lo stesso suo corpo, un’unica ostia immacolata offerta a Dio; patrono dei ministranti e chierichetti.