a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 22 agosto la chiesa celebra la Beata Vergine Maria Regina, è una festa nella quale si contempla colei che, assisa accanto al Re dei secoli, splende come regina e intercede come Madre. Festa di recente istituzione, anche se antica ne è l’origine e la devozione: dal 1900, cominciarono a giungere a Roma richieste per una festa in onore della Regalità universale di Maria. Dopo l’istituzione della Festa di Cristo Re, nel 1925, aumentarono le richieste per la festa mariana della regalità. Pio XII scrisse la Lettera enciclica Ad caeli Reginam l’11 ottobre 1954, in tale circostanza il papa ebbe a dire che la Vergine Maria è Regina più che ogni altra creatura per la elevazione della sua anima e per l’eccellenza dei doni ricevuti. La memoria liturgica obbligatoria della Beata Vergine Maria Regina era da celebrarsi al 31 maggio, ma in seguito fu trasferita nel giorno ottavo dell’Assunta, il 22 agosto, proprio per sottolineare il legame della regalità della Vergine con la sua glorificazione corporea, come afferma al n. 59 la costituzione “Lumen gentium” del Concilio Vaticano II: «Maria fu assunta alla celeste gloria e dal Signore esaltata come Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al suo Figlio». Il mutamento di data se da una parte libera la festa dall’ambito devozionale a conclusione del mese mariano d’altra la immette nell’alveo teologico dell’Assunzione capace di meglio giustificarla e comprenderla. Occorre non dimenticare, però, che il titolo di Regina conferito alla Madonna con diverse specificazioni è di data molto anteriore al pontificato di Pio XII e lungo i secoli tutta una dottrina mariologica è andata formandosi gradualmente a giustificazione di questo titolo. I Padri, la liturgia, il magistero ordinario attribuiscono questo titolo a Maria: “Regina del mondo”. La liturgia usa continuamente verso Maria il titolo di “Regina”, tra le tante preghiere ricordiamo: “Ave, Regina caelorum”, “Regina coeli laetare”, “Salve Regina”, “Gloriosa regina mundi”, ecc. La regalità di Maria è una partecipazione a quella di Cristo, suo Figlio. La consuetudine d’incoronare le immagini della Beata Vergine in forma solenne e pubblica e poi con un rito liturgico, la troviamo diffusa in Occidente a partire dal fine del secolo XVI. Tra i pii fedeli, religiosi e laici, che hanno concorso al nascere e al diffondersi di questa tipica espressione di pietà mariana, un posto di rilievo è riconosciuto al cappuccino fra Girolamo Paolucci de’ Calboli da Forlì, ritenuto l’iniziatore della pia usanza d’incoronare le immagini della Vergine, stimolava i suoi uditori alla raccolta di oro, argento e gemme preziose per la confezione di corone, che venivano apposte con grandi manifestazioni di pietà sulle immagini della Madonna venerate nei luoghi dove lo zelante frate predicava. Questa forma di culto fu pure favorita dal conte Alessandro Sforza Pallavicino che donò l’oro per la corona con cui il Capitolo Vaticano adornò, con solenne rito, il 27 agosto 1631, l’immagine di Santa Maria della Febbre nella Sagrestia dei beneficiati della Basilica di San Pietro, dopo aver promosso l’incoronazione di altre immagini della Madonna in Roma, prima, e poi in altri santuari. La concessione di tali incoronazioni divenne privilegio del Capitolo di San Pietro, il quale ne stabilì le condizioni ed il cerimoniale. I papi tuttavia si riservarono di procedere ad incoronazioni personali: Pio VI il 3 maggio 1782 incoronò l’immagine di Santa Maria del popolo nella cattedrale di Cesena. Pio VII nel febbraio del 1801 incoronò l’immagine della Madonna di Loreto, riportata da Parigi. Gregorio XVI, il 15 agosto 1838, cinse di corona d’oro gemmata la Madonna “Salus populi romani” della Cappella Paolina o Borghesiana in Santa Maria Maggiore.
22 agosto: san Filippo Benizi, nacque a Firenze il 15 agosto 1233, discendeva da due nobili famiglie: i Benizi e i Frescobaldi. All’età di 13 anni venne mandato a Parigi per studiare medicina e, a soli 19 anni, ottenne il dottorato in medicina e filosofia all’Università di Padova, dove si laureò nel 1253. Lavorò come medico a Firenze per un anno, studiando la Bibbia e i Padri della Chiesa nel tempo libero. Entrò nel 1254 come fratello laico nell’Ordine dei Servi di Maria (serviti) presso il convento di Monte Senario e prese poi i voti. Ad attrarlo potrebbe essere stato proprio il genere di vita evangelica, umile e ritirata condotta dai primi frati e la loro dedizione al servizio della Beata Vergine Maria; lo avrebbe. Venne ordinato sacerdote a Siena nel 1258 e assunse diversi incarichi di responsabilità nell’Ordine e la direzione di vari conventi. Il 5 giugno 1267 venne eletto Priore generale dell’ordine Servita, di cui riformò gli statuti rendendolo definitivamente un ordine mendicante: collaborò con santa Giuliana Falconieri alla fondazione del Terz’Ordine femminile delle Oblate Servite (mantellate), da cui ebbe poi origine il ramo femminile dell’Ordine. Per sua opera, l’ordine ebbe rapida diffusione, soprattutto in Italia e Francia. Filippo si occupò anche della redazione delle regole e della costituzione dell’ordine. Quando papa Clemente IV morì, pare che il cardinale Pietro Ottobuoni, protettore dei serviti, avesse proposto Filippo come successore. Filippo si nascose vicino a Radicofani (Siena) e qui il beato Vittorio dei Servi di Maria si prese cura di lui per tre mesi. Passato il pericolo, partì per una visita ai fratelli in Germania e in Francia. Nel 1274 partecipò al secondo concilio di Lione, dove fece un’ottima impressione ai presenti, tanto che gli fu ascritto il dono delle lingue. Nel 1285 Filippo sentì di essere prossimo alla morte, partì allora per fare visita al neo-eletto papa Onorio IV a Perugia. A Firenze tenne un capitolo generale annunciando la sua prossima dipartita: «Amatevi l’un l’altro» disse ai fratelli. Poi si ritirò nella casa dell’ordine più piccola e misera, quella di Todi. Appena arrivato tutta la città lo accolse con gioia: Filippo si recò subito all’altare di Maria e si prostrò a terra esclamando: «Questo è il mio riposo per l’eternità». Alle 3 del pomeriggio di quello stesso giorno cadde ammalato. Fece chiamare la comunità e disse loro: «Amatevi a vicenda, rispettatevi a vicenda, sopportatevi a vicenda». Spirò sette giorni più tardi contemplando il crocifisso. Morì il 22 agosto 1285.
22 agosto: san Sinforiano di Autun (Symphorien d’Autun), nacque a Autun (Francia) nel II secolo, era figlio di un nobile di nome Fausto e della sua consorte Augusta. Si trattava di una delle prime famiglie a praticare la fede cristiana ad Autun (Francia), città allora ancora pagana, dove si adoravano prevalentemente Apollo, Diana e Cibele. Sinforiano fu martirizzato presumibilmente sotto Valeriano, quando Aureliano era ancora governatore della Gallia. Un giorno, assistendo ad una processione in onore della dea Cibele, Sinforiano pronunciò alcune frasi di scherno al suo indirizzo. Udito da alcuni pagani, fu trascinato in tribunale davanti al console Eraclio, rappresentante il potere di Roma, che lo fece battere e quindi incarcerare. Giudicato alcuni giorni dopo, fu condannato alla decapitazione. Alcune pie persone ne prelevarono la salma e la deposero non lontano dal luogo del martirio, nei pressi di una fontana. Morì nel 178 d.C.