di Gianni Amodeo
Aperto e solare, viveva con intensa spontaneità e sincero afflato la disponibilità verso gli altri, le loro esigenze e quelle difficoltà con cui sempre s’intesse la quotidianità esistenziale; e lo faceva con parole che aprivano le vie dell’ottimismo, sapendo ravvivare il suo conversare con garbate e sorridenti battute, come per smussare spigolosità e contrarietà, fugando disagi e preoccupazioni. Era l’atteggiamento, che rispecchiava l’innata e trascinante empatia, con cui Pio Stefanelli colpiva di primo acchito e nell’immediatezza dei primi approcci anche l’occasionale interlocutore. Era l’empatia, che gli permetteva di calarsi con disinvolta naturalezza nella vita della piccola comunità della “Sua Sperone”, di cui conosceva – e raccontava- per filo e segno reconditi umori e sentimenti, alimentati, magari, da baruffe … politiche o dai chiacchiericci su controverse iniziative ed eventi, fino a decifrarne i pensieri con la schietta franchezza ch’è propria del disincanto dell’età giovanile fermatasi sulla soglia dei 33 anni, a Genova, nel Plesso ospedaliero “San Martino”, dov’era ricoverato da qualche mese per essere sottoposto al doppio intervento di trapianto al rene e al fegato. Un’attesa fiduciosa, con tanto desiderio e amore per la vita, dopo aver superato al “Moscati” il trauma del Covid–19, con le vicissitudini che ne seguirono, punteggiate dagli appelli che lanciò dalla struttura ospedaliera di Avellino, perché gli fosse garantita la continuità dei trattamenti terapeutici in dialisi di cui aveva bisogno.
Da premuroso e affidabile assistente sociale lavorava in una Residenza sanitaria per anziani, operante a Volturara Irpina; un’attività professionale di complessa delicatezza -più di quel che si possa immaginare nel rapporto di diuturna dedizione che richiede verso le umane fragilità e sofferenze-, e per la quale, Pio Stefanelli, s’era formato, seguendo con scrupolo lo specifico percorso di studi, in cui si incrociano fondamenti della psicologia e competenze medico-sanitarie, conseguendo la Laurea magistrale nell’Università di Cassino. Un impegno professionale e di lavoro, che vibrava di caldo fervore nelle corde della sua generosa sensibilità, fatta di ascolto e di spirito comunicativo; quell’ascolto e quello spirito comunicativo che Pio trasfondeva e immetteva, da autodidatta e creativo artista-artigiano nel linguaggio delle immagini, sia che utilizzasse la macchina fotografica, sia che utilizzasse la telecamera portatile, l’una e l’altra immancabilmente d’ultima generazione. Ed eseguiva con sorprendente bravura quei “tagli” di visuale e di prospettiva che rendono le immagini in bianco-nero e a colori, vive e parlanti senza parole.
Il linguaggio delle immagini e il racconto sociale del territorio
La costante interazione che aveva con Youtube come l’esperienza in Anteas Web che dirigeva con solerte applicazione nel racconto della cronaca dei fatti di “Casa nostra”, ne danno la conferma grazie alla ricca e variegata gamma di produzioni-video, che Pio ha realizzato, con interessanti ed appropriati “montaggi”, nella cui cura meticolosa risiedono la punteggiatura e l’ortografia del migliore linguaggio visivo possibile, dando il dovuto risalto alla qualità dei contenuti. Un mix, a cui Pio ha sempre riservato la maggiore e migliore attenzione possibile, avvalendosi del supporto logistico ed operativo di Pasquale Muccio, docente di Religione nelle Scuole statali, amico di sempre e quasi coetaneo, diventato assistente di ripresa, a tutti gli effetti.
E’ un prospetto di produzioni, specie via Youtube, ricco e variegato, in cui c’è tanta parte del sentire e del pensare di Pio, nel riprodurre in formato live momenti ed aspetti della realtà concreta e socio-familiare delle comunità del territorio, e con sguardo speciale per la “Sua Sperone”, spaziando con occhio descrittivo dai riti e eventi della liturgia cattolica alle tradizioni e alle festività popolari; e senza dire delle chicche–video, a cui affidava i messaggi augurali inviati, puntualmente ogni anno, da bambine e bambini ai genitori nelle canoniche ricorrenze delle Festività dedicate alla mamma e al papà.
Pio Stefanelli era entusiasta e del tutto coinvolto nel progetto, dedicato ai Mai d’Argento, il Concorso per idee, articolato nelle sezioni di narrativa, poesia, pittura, video, docu-film e sculture lignee e in ferro per l’assegnazione del Premio intitolato alla memoria del professore Galante Colucci, cultore di storia locale, ambientalista e ciclista amatoriale senza età; una kermesse, nata nel 2017 e mirata sulla promozione della cultura green e sulla riscoperta dell’economia dei boschi della corona dei Monti Avella , in correlazione con la filiera dei culti arborei del folclore locale, in cui si ritrovano e identificano con le loro tipiche usanze le comunità di Mugnano del Cardinale, Quadrelle, Sirignano, Baiano, Avella e Sperone. E per la seconda e terza edizione del 2018 e del 2019 s’era aggiudicata la palma del successo per le sezioni delle produzioni–video e dei docu–film, con il ricco contrappunto di belle interviste che aveva sviluppato, per far conoscere non solo i Mestieri, specie quelli antichi o in via di estinzione, collegati all’ economia dei boschi, un tempo ben curati e protetti dalla sociale cultura prevalente per senso di civica responsabilità, ma anche per narrare le prelibatezze dell’arte culinaria territoriale, con prove dirette … di cuoche nelle ospitali e familiari cucine di casa; interviste filmate e ben condotte da Pio sia con provetti Maestri artigiani che con donne, madri e nonne Maestre d’enogastronomia.
Un’esperienza di cui Pio, con buona ragione menava vanto, vissuta quasi come viatico con l’altro importante progetto- sempre all’insegna del volontariato di civica gratuità- che aveva messo in campo, d’intesa con la Fondazione, Avella Città d’Arte, presieduta dall’avvocata Enza Luciano, per valorizzare il patrimonio storico e archeologico locale, di cui Abella costituisce la sintesi e il simbolo con la sua millenaria storia. Un prezioso programma video, con il primo capitolo ispirato dalla storia dell’ Anfiteatro romano e dal Castello, fondato dai Longobardi nell’Alto medio-evo ed trasformato in imponente e massiccio Castello– fortezza dai Normanni, dopo il Mille; una rivisitazione, condotta da Pio in dialogo con Nicola Montanile e Andrea Siniscalchi, guide speciali per la profonda e dettagliata conoscenza che hanno del patrimonio dei beni culturali e monumentali della città, fondata dagli Italici osci.
Erano previsti e ideati nell’agenda di Pio altri capitoli-video su Abella, rivista e raccontata attraverso i secoli; un’agenda, le cui pagine restano ancora aperte e che altri- è auspicabile- sapranno riempire di linguaggio e video. Di certo, il retaggio e le testimonianze culturali che lascia Pio Stefanelli meritano la maggiore e migliore tutela possibile.
La Pro Loco Sperone e la stessa Fondazione, Avella Città d’Arte hanno tutto – per spirito e sensibilità- per assolvere in pieno la missione. Basta volerlo, e le tecniche informatiche lo permettono. Si potrebbero realizzare, tanto per esemplificare, format antologici, in cui classificare a tema le produzioni fotografiche e in video, realizzate da Pio Stefanelli. E sarebbe un utile servizio d’interesse sociale e cognitivo del territorio.