Il Forum letterario si è tenuto ieri al Circolo “l’Incontro” di Baiano, si è caratterizzato per la presenza di una platea attenta che, con osservazioni sempre molto pertinenti, ha interloquito con Angelo Amato de Serpis e con Antonio Caccavale, autori, rispettivamente, del racconto “Il treno della morte” e del romanzo “Il paese di don Riffò”.
Introdotto da Carlo Melissa, l’evento letterario è stato impreziosito dalle efficaci sintesi iniziali dei due lavori, fatte dalla professoressa Luciana Sorbini, già docente di materie letterarie al liceo di Pomigliano d’Arco, e da Giusy De Laurentiis.
I temi affrontati dai due autori hanno suscitato un evidente interesse tra i partecipanti all’incontro, che sono intervenuti con domande e con considerazioni che hanno contribuito ad attualizzare i molteplici temi presenti nelle due opere letterarie. Sul racconto di Angelo Amato de Serpis si è sviluppato un interessante dibattito intorno alle cause che costarono la vita a circa 600 persone nel mese di marzo del 1944 e, più in generale, sulle tante tragedie che ancora oggi colpiscono tante persone inermi nei vari teatri di guerra. Molto puntuali sono state le considerazioni tecniche che Ciro Grossi, ex dipendente della Circumvesuviana, ha fatto sui possibili errori o su altri imponderabili motivi che determinarono il blocco del treno merci diretto a Potenza e la conseguente morte per asfissia delle centinaia di persone che su quel convoglio erano, disperatamente, salite a Napoli. Una tragedia, quella di Balvano, quasi del tutto dimenticata e sulla quale la dott.ssa Beatrice Colucci si è soffermata con un ragionamento lucido e puntuale. Oltre a sottolineare quanto crudeli siano sempre le condizioni di vita delle popolazioni in tempi di guerra, la dott.ssa Colucci ha pienamente condiviso quanto affermato dall’autore del racconto circa l’importanza di presentare, ai giovani d’oggi (una cosa che Angelo Amato de Serpis fa già da anni nelle scuole in cui viene invitato), i grandi eventi storici attraverso le tante microstorie che sono testimonianza viva, nel bene e nel male, di quegli accadimenti.
In riferimento al romanzo di Antonio Caccavale, oltre alla prof.ssa Sorbini, sono intervenuti Pasquale Gaglione, che ha voluto cogliere alcune analogie tra don Riffò e il “Mastro don Gesualdo” di Verga, non mancando di precisare che ben diversa fu la sorte che toccò al noto personaggio verghiano, che morì solo e abbandonato, mentre assisteva, impotente, allo spreco del patrimonio per il quale aveva lottato e aveva sacrificato affetti sinceri. Don Riffò invece, che a differenza di mastro don Gesualdo era sempre stato un profittatore e uno scansafatiche, aveva anch’egli contratto un matrimonio per motivi di convenienza personale e, senza farsi scrupolo di niente e di nessuno, aveva saputo assicurarsi una posizione di benestante, fino a diventare una sorta di padrone assoluto del suo paese.
L’insegnante Diana Picciocchi metteva in risalto come la disoccupazione, i soprusi, le ingiustizie sociali, il voto di scambio rappresentino, oggi, come nei decenni passati, delle vere e proprie piaghe mai curate della società meridionale. L’autore non si è sottratto alle domande di quanti gli hanno chiesto se, tra le vicende narrate nel romanzo, vi siano circostanze, fatti e persone in cui si è personalmente imbattuto.