La struttura, posta tra i comuni di Nola e Visciano è visitabile rispetto al passato con più elasticità ed e permesso l’ingresso alle donne fino a pochi anni fa interdetto. Eremo affidato alcuni anni fa alla congregazione dei missionari della divina Redenzione e al suo fondatore “Padre Arturo D’Onofrio”. Attualmente è luogo di preghiera e noviziato guidato da Padre Vito Terrin. Da un punto di vista geografico l’Eremo sorge su un monte fin dal 1601, chiamato monte Visciano. Poi cambiò la nomenclatura in Camaldoli. Dalle tavole di fondazione si apprende che un Patrizio Nolano di nome Pompeo Fellecchia, uomo pio e caritatevole, aveva un fratello, Serafino che, conseguita la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Napoli, vestì l’abito camaldolese nell’eremo di RUA, nel padovano, dove nel 1584, fece professione di voti religiosi. Nel 1601, don Serafino, si trovava nella qualità di Priore nell’Eremo dell’Incoronata nella Diocesi di Benevento. Alla morte del fratello Pompeo, in suo omaggio legò ALL’EREMO dell’Incoronata, gran parte della sua proprietà a condizione che si costruisse un Eremo in località Camaldoli a Nola. Il Capitolo dei Padri dell’Incoronata, indicò lo stesso don Serafino come Priore del neo Eremo come volontà di Pompeo Fellecchia. Con il benestare del vescovo di Nola pro tempore venne acquistato il Monte Visciano. Quindi si gettarono le fondame dell’Eremo. Nel 1603 don Serafino sarà il primo priore dell’Eremo. Don Serafino morì nel 1628. Sull’entrata spicca lo stemma Benedettino Camaldolese di Monte Corona in marmo bianco. Sulla porta della Chiesa vi è l’iscrizione su lapide portata dai monaci a perpetua lode del fondatore Pompeo Fellecchia datato ANNO SACRO MDLXII. La chiesa è ad una sola navata senza crociera, il pavimento è in marmo di Carrara e Portovenere con disegni a quadroni datato 1731. poi vi é un epigrafe ai piedi del gradino del presbiterio che ricorda la traslazione delle ceneri di Pompeo fellecchia dall’eremo del SS. Salvatore, presso Napoli dove era morto ai Camaldoli di Nola nel 1662. Sulle due pile dell’acqua lustrale, in marmo bianco, all’entrata della Chiesa, sono scolpiti i medaglioni di San Benedetto e San Romualdo, quest’ultimo fondatore dei camaldolese. L’Altare maggiore è dello scultore Giuseppe Sammartino e allievi (18emo secolo). Si tratta di marmo e bronzo dorati. Cinque tele di scarso valore artistico adornano il Coro e la porta del Tempio con una statua lignea della Vergine di autore incerto collocata in alto, nella parte mediana. Sei sono le cappelle: vi è un quadro di San Michele Arcangelo sull’altare dell’artista Francesco De Angelis. Un altro quadro è di Paolo Di Maio (1760) e rappresenta la Sacra Famiglia. Dello stesso autore è un quadro di San Romualdo quest’ultimo.
La Torre Campanaria conteneva, prima, tre grandi campane, ma al ritorno dei monaci, dopo la soppressione degli Ordini Religiosi, la più grande fu ritrovata rotta e quindi rifatta, la seconda finì in un giardino di una casa privata mentre la terza scomparve. All’ingresso sulle pareti, vi sono due lapidi che ricordano la Consacrazione della Chiesa e dell’Altare Maggiore.
L’Eremo, oggi affidato ai sacerdoti della Piccola Opera rimane luogo di silenzio e natura incontaminata. Qui, si svolgono numerosi ritiri spirituali. Anche il Cardinale Sepe annualmente organizza ritiri spirituali per religiose e religiosi ALL’EREMO. È luogo di congressi e convegni oltre a giornate intere per cerimonie. Vi é una rinomata fattoria ed erboristeria.
In questa due giorni ì visitatori per il FAI vengono accolti dagli operatori delle associazioni ANTA (Tutela Ambiente) e ATAPC-Protezione Civile Regionale.