Se in questi giorni foste stati in Siberia avreste avuto bisogno della crema solare e probabilmente avreste corso il rischio di svenire per il troppo caldo. Potrebbe sembrare una provocazione, ma non è così: in questi giorni sulle rive del fiume Yana, nella Russia siberiana nordorientale, sono spuntati ombrelloni e sabato scorso la temperatura ha toccato i 38 gradi, un record.
Un ondata di caldo eccezionale ha investito la Siberia nell’ultima settimana e gli esperti l’attribuiscono alla presenza di un vigoroso anticiclone “caldo” rimasto stazionario per più giorni. I climatologi lanciano l’allarme, il cambiamento climatico sta avvenendo molto più in fretta di quanto avevamo ipotizzato e le regioni più colpite sono proprio quelle più fredde. La spiegazione è semplice: il ghiaccio, bianco, riflette la luce del sole, mentre la terra assorbe; questo vuol dire che il riscaldamento lassù viaggia a velocità doppia rispetto alla media globale.
Gli effetti più disastrosi sono palesi ai nostri occhi, la Siberia quest’anno ha dovuto far fronte ad un numero di incendi dieci volte superiore rispetto alla media degli scorsi anni, mentre continua imperterrito lo scioglimento del permafrost, a ritmi fino a 240% più rapidi di quanto avveniva 40 anni fa secondo una ricerca del Permafrost Laboratory dell’Università dell’Alaska.
Gli scienziati hanno definito questa catastrofe una bomba ad orologeria a causa sia delle grandi quantità di CO2 e metano immesse nell’atmosfera, sia per esistenza di organismi e spore congelati da secoli che si stanno si liberando nell’aria.
Nei prossimi anni, anche se riuscissimo a ribaltare completamente i paradigmi attuali, è ormai certo che assisteremo ad un cambiamento epocale in termini climatici ed ambientali. Siamo sicuri che riusciremo a far fronte a tutto ciò?
Massimo Antonino Cascone